giovedì 7 gennaio 2021

Don Luigi Ciotti: Sei parole per il 2021

Don Luigi Ciotti
Sei parole per il 2021
 
Un lessico diverso è necessario per orientarci in questo tempo nuovo con sguardo profondo e lungimirante


L'editoriale di Luigi Ciotti sul sesto numero in uscita di "lavialibera"

Vorrei proporre sei parole per un lessico del 2021. Parole necessarie a orientarci in un tempo nuovo che richiede uno sguardo profondo e lungimirante, proteso all’Altro e all’Oltre.

Rigenerazione

La prima parola è rigenerazione. Non basta più parlare di cambiamenti: fino ad ora il più delle volte sono stati semplici adattamenti o, peggio, mutazioni esteriori. La sostanza è rimasta la stessa. Oggi questi cambiamenti superficiali, cosmetici, non ce li possiamo permettere. Urge una rigenerazione, che comporta un notevole grado d’azzardo. Non ci si rigenera nella continuità, ma solo andando incontro all’ignoto con coraggio.

Ingiustizia

Disuguaglianza è un concetto che indica una differenza astratta, matematica, mentre nella parola ingiustizia risuona la ferita, la carne, la vita. Ingiustizia richiama il sopruso del forte verso il debole ed è questo il secondo termine che dovremmo adottare. Occorre riconoscere che alla base di ogni disuguaglianza c’è sempre un’ingiustizia, un’inaccettabile differenza non solo quantitativa ma qualitativa. La logica del profitto distingue tra vite di serie a e di serie b, solo che le ingiustizie sono cresciute a livello tale che le seconde non sono più solo vite retrocesse, ma espulse, scartate, dimenticate. In molti casi oppresse o soppresse.

Ecologia integrale

La terza parola è ecologia integrale. L’aggettivo integrale sottolinea come il ripensamento radicale del nostro rapporto con la natura debba essere esteso a tutti gli ambiti della vita, a cominciare da quello sociale e relazionale. La crisi che stiamo vivendo non è solo una crisi sanitaria ed economica, è prima di tutto una crisi sociale e culturale. Non se ne esce senza una profonda trasformazione etica, un cambiamento del nostro rapporto col mondo, con gli altri, con noi stessi. Perciò questa deve essere non una transizione – cioè un semplice passaggio – ma una conversione ecologica. Conversione laica, alla portata di tutti: si tratta di rivolgere il cuore e la coscienza a un ambiente che stiamo ciecamente sfruttando e saccheggiando. Ciecamente perché ne siamo parte. Lo sfruttamento, il saccheggio e la devastazione sono non solo distruttivi ma autodistruttivi.

Fraternità aperta

L’espressione fraternità aperta andrebbe sostituita alla generica, tanto evocata quanto poco vissuta, fraternità. Come spiega Papa Francesco nella sua ultima enciclica Fratelli tutti, fraternità aperta è quella che permette "di riconoscere e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica". Parole che mettono in luce la povertà non solo materiale ma esistenziale smascherata da questa pandemia, cioè la qualità scadente di relazioni che non trascendono la vicinanza fisica e dunque patiscono la profilassi del distanziamento. Beninteso, è normale sentire la mancanza degli abbracci di amici, conoscenti, colleghi. Ma se avessimo sviluppato prima una fraternità aperta il distanziamento diventerebbe, paradossalmente, uno stimolo a sentirci ancora più vicini, parti pulsanti di uno stesso organismo. In sostanza significa questo: "Non dire più che ho dei prossimi da aiutare ma che mi sento chiamato a diventare io prossimo degli altri".

Diritto

La quinta parola, diritto, va riscoperta e realizzata ripartendo dai documenti scritti alla fine della seconda guerra mondiale per archiviare una stagione di violenza e barbarie. Il termine è via via sparito dal lessico politico, come se parlare di diritti fosse ormai datato e un certo grado di ingiustizia sociale fosse l’inevitabile prezzo da pagare per progredire. Ora che la politica è diventata perlopiù uno zelante maggiordomo dell’economia, tra interessi privati e beni pubblici non c’è più alcuna relazione, tutto a vantaggio dei primi. Dello Stato sociale sono rimaste soltanto macerie. Ed è per questo che non è possibile costruire futuro senza una radicale trasformazione di questo sistema economico ingiusto alla radice.

Fragilità

Se c’è una lezione di cui dobbiamo fare tesoro, usciti dall’emergenza sanitaria, è quella della fragilità che è la mia sesta e ultima parola. Fragile è la condizione umana e averne coscienza è il nostro punto di forza. Se gli uomini non si fossero riconosciuti fragili non avrebbe sentito la necessità di unirsi in gruppi, in comunità e infine in società dove i limiti di alcuni venivano compensati dalle capacità degli altri e tutti insieme costruivano contesti di vita e di civiltà. E dove la stessa morte era meno angosciante nella consapevolezza che la memoria di chi se ne andava veniva custodita dall’affetto e dall’impegno di chi restava.

Da sempre la condivisione e la corresponsabilità sono le basi per lottare contro l’ingiustizia e per costruire giustizia, ma la condivisione e la corresponsabilità comportano individui che non hanno paura di riconoscersi fragili. L’individuo medio occidentale ha invece paura del suo aver paura, quindi si finge onnipotente. Ma una civiltà che rimuove la propria fragilità finisce sempre per accanirsi contro quella degli altri. Uccide per sentirsi più forte, immortale.