mercoledì 2 dicembre 2020

Messa di Natale? Solo Francesco sa dare l’esempio

Messa di Natale? 
Solo Francesco sa dare l’esempio


Che cosa serve in questi tempi a dir poco difficili? Di cosa ciascuno di noi ha veramente bisogno? Di rivendicazioni, di esasperazioni, di arbitrii (sovente fondati sull’incompetenza) o di esempi? Scegliendo l’ultima ipotesi, quella che a me sembra l’urgenza più evidente, non risulterà difficile trovare la cultura e la forza dell’esempio nella decisione di papa Francesco di non recarsi a Piazza di Spagna per il tradizionale omaggio a Maria nel giorno della festa dell’Immacolata concezione. Gli avrà fatto piacere questa rinuncia? Non credo. Ma senza venir meno alla devozione ha rinunciato a un gesto pubblico che gli sarà certamente caro, solo per tutelare la salute di tutti. Troviamo nelle cronache altri “esempi”? No. Troviamo pretese, troviamo rivendicazioni, troviamo sollecitazioni degli istinti più semplici, troviamo imposizioni irriguardose, ma non troviamo esempi.

Se si fosse pensato all’esempio ci saremmo risparmiati sconcertanti battute sull’ora di nascita di Gesù o rivendicazioni di messe a tutte le ore e tutti saremmo stati meno aggravati. Non avremmo avuto esempi, ma almeno un po’ di compostezza. La compostezza non basterà, ma aiuta. E crea le condizioni per far emergere i possibili esempi. Un esempio molto importante ma poco considerato lo hanno dato i vescovi austriaci, decidendo loro di sospendere la celebrazioni con il popolo fino all’8 Dicembre. Non hanno chiesto, non hanno preteso. Hanno detto che l’amore cristiano è prendersi cura degli altri. Non è così?

Ma se pochi vescovi sembrano capaci di dare l’esempio – oltre al vescovo di Roma in Italia spicca quello di Pinerolo, che ha agito come i suoi colleghi austriaci- il documento a cui starebbero lavorando in Europa per evitare celebrazioni natalizie altro che in televisione o on-line è il classico esempio di un mondo che non sa dare esempi.

Certo, l’Europa che deve mettere in campo masse imponenti di denaro per fronteggiare la crisi ha titolo per chiedere comportamenti responsabili: ma sono le funzioni religiose gli unici assembramenti?

In queste ore è uscito un articolo del direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, che rivolge con eleganza un invito che è difficile non ritenere basato su quella logica che dovrebbe ispirare chiunque è chiamato se non a dare l’esempio almeno a decidere responsabilmente: “La salute pubblica è menzionata specificamente dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo come motivo per limitare la libertà di religione e di credo (articolo 9). Tuttavia, tutte le restrizioni dei diritti fondamentali devono avere una base giuridica, essere necessarie, adeguate, ragionevoli, e generalmente proporzionate in relazione allo scopo che servono e al diritto che limitano”. Se molto si è detto in questi giorni della necessità di difendere l’economia in questa crisi gravissima, colpisce questo passaggio del testo di Spadaro, che rivolgendosi alla politica aggiunge: “Non deve sottovalutare le esigenze spirituali delle comunità religiose che, con i loro valori, contribuiscono a garantire la tenuta e la coesione sociale”. Tenendo insieme questi punti emerge per prima la forza della ragione e la richiesta di consapevolezza.

Personalmente ritengo che in questo tempo estremamente difficile, capire che noi non siamo quello che pensiamo di essere ma quel che risultiamo essere agli occhi dell’altro è fondamentale. Così è la forza dell’esempio di Francesco che oggi indica a governanti e governati la strada maestra. Gli estremismi invece dimostrano facilmente di essere strumentali e poi finiscono inevitabilmente con l’alimentare estremismi uguali e contrari. In definitiva, se il confronto credenti-non credenti si trasformasse in questi tempi in una sorta di “a Natale in Chiesa no ma sui campi da sci sì”, oppure “vi diamo le messe ma aiutateci ad andare a sciare” sarebbe desolante per tutti.