mercoledì 9 dicembre 2020

L'arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini nella festa di Sant'Ambrogio: «Aggiustare il mondo? Tocca a noi, tutti insieme» Discorso alla città - «Siamo tutti chiamati, anche se confusi, smarriti e peccatori, ad aprire un strada nuova nella vita» Pontificale (testi e video)



L'arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini 
nella festa di Sant'Ambrogio:
«Aggiustare il mondo? Tocca a noi, tutti insieme» Discorso alla città - «Siamo tutti chiamati, anche se confusi, smarriti e peccatori, 
ad aprire un strada nuova nella vita» Pontificale



«Aggiustare il mondo? Tocca a noi, tutti insieme»

«Il discorso si intitola “Tocca a noi, tutti insieme”: adesso tocca a noi, tocca ancora a noi, sempre. Tocca a noi, non nel senso che abbiamo la presunzione di occupare tutta la scena, di imporci come maestri che devono indottrinare altri, di prenderci momenti di potere o di gloria. Tocca a noi, piuttosto, nel senso di un dovere da compiere, di un servizio da rendere, di un contributo da offrire con discrezione e rispetto, di intraprendere un cammino che nessuno può compiere al nostro posto. Un cammino che siamo chiamati a percorrere insieme».

Nel tradizionale Discorso alla città, pronunciato da monsignor Mario Delpini nella basilica di Sant’Ambrogio venerdì 4 dicembre, alla vigilia della festa del Santo patrono, l’Arcivescovo legge i segni di un tempo pesante che tutti stiamo vivendo, ma invita a guardare al futuro, alla speranza. E chiede con forza di farlo insieme, facendo eco alle parole di papa Francesco.


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«Siamo tutti chiamati, anche se confusi, smarriti e peccatori, ad aprire un strada nuova nella vita»


Nel giorno dedicato al santo patrono Ambrogio, nella Basilica a lui intitolata, le porte concrete sono aperte, naturalmente nel rispetto più totale delle regole, con il distanziamento che costringe a ridurre il numero dei presenti e, quindi, a predisporre altri posti all’aperto, nell’atrio di Ansperto, per i fedeli che, comunque, sono in coda già molto prima dell’inizio della Celebrazione.

Ma soprattutto, sono aperte a tutti le porte dell’intera Chiesa ambrosiana a cui dà voce l’attuale successore di Ambrogio, il vescovo Mario, che presiede il Pontificale solenne sedendo, come tradizione, sulla millenaria Cattedra marmorea santambrosiana, sita al centro del Coro ligneo dell’abside. Concelebrano l’abate, monsignor Carlo Faccendini, 4 Vescovi, tra cui l’abate emerito, monsignor Erminio De Scalzi, l’arciprete del Duomo, monsignor Gianantonio Borgonovo e assistono i Canonici di Sant’Ambrogio e del Capitolo metropolitano della Cattedrale.

A tutti idealmente, in questo tempo reso ancora più difficile dalla pandemia, si rivolge l’Arcivescovo. «C’è una parola per te, che hai l’impressione di non contare niente per nessuno, che sei solo e come perduto nell’anonimato della città; per te che non sei a casa tua e perciò hai l’impressione di non abitare da nessuna parte, per te che vivi qui pensando a un altrove dove era più facile comunicare, sentirsi parte della famiglia o della città».

Questa parola è la voce amica del Signore che sempre chiama «a fare parte della famiglia degli amici di Dio. Il Vescovo di questa città, successore di Ambrogio, sente la responsabilità di condividere la sollecitudine di Gesù per tutti gli uomini e le donne e, perciò, anche io ti chiamo e vorrei che tu ascoltassi la mia voce per entrare nell’unico gregge per cui Gesù ha dato la vita».

Un popolo da cui nessuno è mai escluso e deve sentirsi escluso. «C’è una parola per te, uomo e donna di questo tempo, che hai l’impressione che la vita e la storia siano una confusione senza senso. Una parola per te che ti sei convinto che le domande serie non hanno risposte, che i cammini degli umani sono sentieri interrotti che non portano da nessuna parte, che le disgrazie e le fortune siano un destino e non c’è altro da fare che cercare rifugio in qualche angolino tranquillo. C’è una parola per te che ti sei convinto che conviene zittire la speranza che invita a guardare lontano e, perciò, sei convinto che sia saggio accontentarsi di programmare fino a domani, di sospendere le decisioni definitive, di vivere alla giornata».


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