sabato 12 dicembre 2020

Don Luigi Ciotti: «il Covid 19 ha trovato terreno fertile in altri due virus storici... corruzione e mafie» - Nicola Gratteri: «Prima ancora di combattere le mafie, bisognerebbe affrancare la gente dalla paura e dal bisogno».

Il Covid alimenta la Corruzione

Libera e Lavialibera presentano il Rapporto "InSanità L'impatto della corruzione sulla nostra salute" in occasione della Giornata Internazionale Contro la corruzione.


In Italia negli ultimi tre anni il 13% degli episodi corruttivi hanno riguardato il settore della sanità con casi che riguardano forniture di farmaci, apparecchiature mediche, strumenti medicali e servizi di pulizia. Nei primi sei mesi del 2019 sono stati segnalati 35 illeciti dai whistleblower, e riguardano nomine irregolari, malagestione di reparti ospedalieri o strutture distaccate, appalti irregolari, “malasanità”,false invalidità, ospedalizzazioni irregolari, favori elettorali in cambio di prestazioni mediche. Dall’inizio della pandemia al 17 novembre, secondo Autorità nazionale anticorruzione ANAC, sono stati messi a bando per affrontare la crisi sanitaria COVID-19 oltre 14 miliardi di euro. Sono soldi spesi per l’acquisto massiccio di servizi e forniture, dalle mascherine ai banchi di scuola, attraverso procedure straordinarie. A fronte di questi 14,13 miliardi, le stazioni appaltanti hanno comunicato soltanto importi aggiudicati per 5,55 miliardi di euro. Significa che per oltre il 60% non si sa nulla. Non si sa cioè se siano stati erogati o meno, in che forme, per farci che cosa. In poche parole, non se ne ha traccia, nonostante la normativa relativa alla trasparenza amministrativa. Sono alcuni dati presentati da Libera e lavialibera, la rivista dell'Associazione in un dossier dal titolo “InSanità. L’impatto della corruzione sulla nostra salute” in occasione della Giornata Internazionale contro la corruzione. Il dossier attraverso documenti istituzionali, dati delle forze dell'Ordine, delle inchieste giudiziari e con due focus sulla percezione della corruzione in ambito sanitario punta ad accendere la luce su alcune delle condotte che maggiormente espongono il mondo dell’assistenza alla salute.

I dati ufficiali ci dicono che nel 2019 in sanità sono stati spesi 114,5 miliardi, con una crescita di 900 milioni rispetto all’anno precedente. Diverse caratteristiche peculiari, alcune delle quali esclusive di questo settore, rendono la sanità un terreno particolarmente fertile per la corruzione, nonché un contesto di particolare interesse per la criminalità organizzata. Il dilagare dell'illegalità nella filiera sanitaria si alimenta quasi sempre anche grazie alla connivenza della cosiddetta “zona grigia”, fatta di colletti bianchi, funzionari e tecnici compiacenti, imprenditori e politici corrotti. In primo luogo, in ambito sanitario sono allocate ingenti risorse economiche, che si traducono anche in appalti per forniture di materiale sanitario e assunzioni. In secondo luogo, quello sanitario è un settore sensibile a diverse forme di condizionamento esterno e rappresenta uno strumento per mantenere il consenso e il controllo del territorio. Uno strumento di consenso di cui si serve molto anche la politica. Perché la politica condiziona le nomine nella sanità guardiamo ai primari oltre che ai vertici di ospedali e aziende sanitari. In terzo luogo, nel settore sanitario si creano opportunità per creare rapporti cooperativi, collusivi e corruttivi che coinvolgono il settore privato, tra imprenditori, professionisti, cliniche private, centri diagnostici, farmacie, società farmaceutiche, in una rete di relazioni nelle quali molteplici attività irregolari, informali e illegali si saldano tra di loro.

Cosa ci dicono i dati Anac

Il rapporto di ANAC “La corruzione in Italia 2016-2019” denuncia che il settore più a rischio di corruzione nel campione di 152 casi considerati è quello dei lavori pubblici, che rappresenta il 40% degli episodi corruttivi; la sanità rappresenta il 13%, con casi che riguardano forniture di farmaci, apparecchiature mediche, strumenti medicali e servizi di pulizia. Si tratta di una corruzione che colpisce nell’11% dei casi le aziende sanitarie. Inoltre con la legge n.179/2017 sono state introdotte nuove tutele per i whistleblower, i soggetti che volontariamente segnalano un illecito, in particolare nel settore pubblico. ANAC, nei primi sei mesi del 2019, ne ha ricevute oltre 430, di cui l’8%, si riferisce al settore sanitario.. Tra le tipologie di illeciti segnalati ce ne sono alcune ricorrenti: nomine irregolari, malagestione di reparti ospedalieri o strutture distaccate, appalti irregolari, “malasanità”, favori ai pazienti da parte dei medici, false invalidità, ospedalizzazioni irregolari, favori elettorali in cambio di prestazioni mediche. I dati di un’indagine conoscitiva condotta da ANAC in relazione agli affidamenti di forniture di dispositivi di protezione nel periodo marzo-aprile 2020 che conferma a pieno la sussistenza di criticità, sprechi, inefficienze, evidenziando come: “gli affidamenti di forniture di mascherine abbiano presentato in circa un caso su due varie tipologie di criticità con particolare riferimento al mancato rispetto dei tempi di consegna segnalato per circa il 25% degli affidamenti. Nel 5% dei casi si sono inoltre registrate negative verifiche del possesso dei requisiti da parte degli aggiudicatari. Le maggiori criticità si concentrano nel mancato rispetto dei tempi di consegna (32 su 52 segnalate), sulla qualità della fornitura (8 su 52), sulle quantità della fornitura (7 su 52) nonché sul mancato rispetto del possesso dei requisititi di partecipazione (5 su 52). Può l’emergenza giustificare la tolleranza diffusa da parte degli enti pubblici di “criticità” e irregolarità, brodo di coltura di frodi e pratiche corruttive, nelle forniture ad opera dei fornitori? Purtroppo la risposta è affermativa, secondo quanto rileva la stessa Autorità Anticorruzione: “A fronte di tale diffusa presenza di criticità si deve registrare soltanto in 7 casi su 311 il ricorso all’applicazione di penali o risoluzioni contrattuali ed un solo caso di segnalazione all’ANAC di esclusione per mancato possesso dei requisiti ovvero per grave inadempimento”. Il calcolo è semplice, 7 casi di sanzioni su 311 di anomalie, pari al 2,2%; 1 caso di risoluzione del contratto su 311, pari allo 0,3%: ciò significa che nel 97,5% dei casi, pur in presenza di anomalie evidenti nelle caratteristiche o nella tempistica delle forniture da parte degli imprenditori, gli enti pubblici non sono stati in grado di rilevarle o le hanno ignorate. E anche sulla trasparenza - si legge nel rapporto di Libera – si evidenziano criticità. Dall’inizio della pandemia al 17 novembre, secondo i dati presenti sull'ampiezza sito dell’ANAC, sono stati messi a bando per affrontare la crisi sanitaria COVID-19 oltre 14 miliardi di euro. Sono soldi spesi per l’acquisto massiccio di servizi e forniture, dalle mascherine ai banchi di scuola, attraverso procedure straordinarie. Gli stessi dati Anac ci informano però che a fronte di questi 14,13 miliardi, le stazioni appaltanti hanno comunicato soltanto importi aggiudicati per 5,55 miliardi di euro. Significa che per oltre il 60% non si sa nulla. Non si sa cioè se siano stati erogati o meno, in che forme, per farci che cosa. In poche parole, non se ne ha traccia, nonostante la normativa relativa alla trasparenza amministrativa e affidi alla cittadinanza la responsabilità del “controllo diffuso”. Controllo e compartecipazione che, senza dati, risulta impossibile. Al sito https://bandicovid.openpolis.it/ è possibile, cliccando sulle specifiche regioni, avere contezza del quadro costantemente aggiornato. Di seguito la situazione dei fondi suddivisa per regioni: sono solo due le regioni nelle quali si ha una conoscenza più diffusa della spesa (Emilia Romagna al 51% e Toscana al 54%), mentre tutte le altre hanno dati molto bassi, con il picco della Liguria (3%) e Sardegna (7%) seguiti da Puglia e Valle d' Aosta (10%).


«L’aspetto forse più scandaloso della crisi in cui siamo stati gettati dalla pandemia – scandaloso e perciò taciuto – è la divaricazione fra cura della salute ed esigenze economiche, tra sforzo sanitario e necessità di non danneggiare il sistema produttivo. Ma un’economia che non tutela la vita – o che se ne occupa solo se non costa troppo – è un’economia sbagliata, spietata, disumana, che sacrifica il bene comune al profitto di pochi.
“La borsa o la vita!”, proverbiale minaccia del bandito o del brigante, è diventata di fatto la logica di questo sistema economico, di cui la pandemia non ha fatto che evidenziare la già nota, implicita, ingiustizia.
Lo scenario offerto da questo dossier sull’impatto della corruzione in ambito sanitario, cioè sul prezzo pagato in termini di vite non salvate a causa dell’idolatria del denaro e del profitto, non è che una conferma di come il Covid 19 abbia trovato terreno fertile in altri due virus storici di cui non ci si è mai abbastanza occupati in sede politica, economica e anche civile. Virus a cui troppi si sono assuefatti come se fossero “normali”, in una convivenza irresponsabile, distruttiva e, alla lunga, autodistruttiva. Parlo ovviamente della corruzione e delle mafie, i principali parassiti del bene comune, mali in combutta che da decenni, se non secoli, ledono il nostro tessuto sociale, la dignità, il lavoro e le speranze di tanti.
Urge allora quel cambiamento profondo, radicale, che la pandemia non solo suggerisce ma impone. Bisogna fare insomma della crisi una sorta di positivo “agente provocatore”, perché, come dice Papa Francesco, «peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla». Di fronte a dati impressionanti come quelli del presente rapporto bisogna non solo pensare “mai più come prima!”, ma trasformare il pensiero in impegno risanatore e rigeneratore, nella costruzione, il più possibile comune, di un mondo finalmente a misura di persona, di dignità e di vita». Luigi Ciotti


La percezione della corruzione nel sistema sanitario

Nel novembre 2020 Libera e Demos hanno condotto un’indagine sulla percezione delle mafie e della corruzione, anche alla luce dell’emergere della pandemia su un campione di 995 persone. Per 81 % degli intervistati ‘la corruzione in politica è lo specchio della società italiana’. ...

Corruzione in sanità: l’inchiesta degli studenti di medicina del SISM

L’ultima parte del dossier di Libera è dedicata al questionario “Corruzione in Sanità” ...



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NICOLA GRATTERI: 
«LE MAFIE HANNO FIUTATO L'AFFARE COVID»

 Per il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, autore con Antonio Nicaso del libro "Ossigeno illegale" (Mondadori), la criminalità organizzata approfitterà dell’emergenza coronavirus per radicarsi nel territorio italiano. Ma se gli interessi sono ovunque, in Calabria la presenza è ancora più pervasiva



Le mafie «hanno fiutato subito l’affare». Lo scrive nero su bianco il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri che, con Antonio Nicaso, ha appena dato alle stampe Ossigeno illegale, come le mafie approfitteranno dell’emergenza Covid-19 per radicarsi nel territorio italiano (Mondadori). Ma se gli interessi sono ovunque, in Calabria la presenza è ancora più pervasiva.

Procuratore, lei ha appena aperto un’inchiesta sulla gestione dell’emergenza Covid in questa regione. Cosa sta emergendo?

«Stiamo indagando. Non posso entrare nel merito delle indagini, posso comunque dirle che il Covid-19 finora si sta rivelando una ghiotta occasione per le mafie, non solo in Calabria, ma anche in tante altre parti del mondo».

L’allarme era stato lanciato. Perché non si è intervenuti prima?

«Le mafie si muovono con più velocità sui territori in cui operano. Non devono fare i conti con la burocrazia o le varie divergenze politiche sulle strategie di fondo. Arrivano prima, hanno soldi da investire e, da sempre, cercano di ottenere consenso sociale, riconoscimento, legittimità. La storia delle mafie comincia proprio con il riconoscimento sociale, di cui hanno sempre goduto. Da fenomeni di controllo sociale, nel tempo, si sono trasformate in agenzie di servizi legali e illegali».

Si può sottrarre la sanità dalle mani di ’ndrangheta e massoneria deviata?

«È difficile, la sanità rappresenta quasi il 70% del bilancio a disposizione delle Regioni. Chi gestisce la sanità, spesso lo fa con logiche clientelari. Le logge deviate della massoneria e la ’ndrangheta traggono molti vantaggi proprio dal clientelismo, dall’idea di tenere sotto scacco interi territori, perennemente soggetti al condizionamento, in uno stato di perenne necessità. Chi chiede, si espone. E chi ottiene, prima o poi deve sdebitarsi».

Il lunghissimo commissariamento non ha sanato le cose. Sono mancati i controlli? Ci si può non accorgere che i farmaci oncologici acquistati a prezzi scontati dalle aziende farmaceutiche finivano rivenduti a prezzi gonfiati in Inghilterra invece che essere utilizzati sul territorio? E che dire dei doppi e tripli pagamenti per le stesse fatture?

«I commissari devono avere poteri speciali, ma soprattutto non dovrebbero scegliersi i collaboratori nelle Asp locali, come attualmente sono costretti a fare. Devono poter disporre di collaboratori al di sopra di ogni possibile condizionamento territoriale. Mi viene da dire che bisognerebbe ripartire dai banchi di scuola, per fare comprendere che quello che non è nostro, ma è di tutti, non è di nessuno. Bisognerebbe riscoprire l’amore per il prossimo, la voglia di fare del bene per isolare chi da sempre lucra sulle sofferenze altrui. Mafia e corruzione, purtroppo, sono due facce della stessa medaglia».

Il decreto Calabria parla di un commissario con 25 consulenti delle Asl calabresi. La convince?

«La Calabria vive da oltre dieci anni una lunga, colpevole e preoccupante emergenza. Bisogna mettere mano alla situazione, senza farsi condizionare da certi politici sciatti che perseguono un consenso ai limiti della spregiudicatezza e da faccendieri che non hanno assolutamente a cuore il benessere dei cittadini».

C’è chi dice che bisognerebbe avere leggi speciali e militarizzazione, almeno della parte amministrativa. Può essere una soluzione?

«Non saprei. Non amo la militarizzazione dei territori. Mi piacciono le soluzioni di buon senso. Ma una cosa è certa: i calabresi non possono continuare a essere penalizzati da ritardi e omissioni. Se la Calabria è finita in zona rossa non è per il numero di contagi, ma perché non sono stati aggiunti posti letto ai reparti di terapia intensiva. Si è perso tempo prezioso, ora bisogna fare in fretta».

Operazione Farmabusiness e arresto del presidente della Giunta regionale. Tallini è stato il più votato nel collegio di Catanzaro pur essendo, secondo il codice etico della Commissione antimafia, incandidabile. I calabresi non hanno alternative?

«I calabresi hanno molte alternative. Ma scontano anche i ritardi di una politica che non ha alcuna intenzione di ridurre il gap tra Nord e Sud, che a oltre 150 anni non ha ancora unito l’Italia, in termini di servizi, di prospettive, costringendo molti giovani a emigrare. Prima ancora di combattere le mafie, bisognerebbe affrancare la gente dalla paura, ma soprattutto dal bisogno».