mercoledì 7 ottobre 2020

Un abbraccio per Abou, morto a quindici anni in silenzio, quando pensava di essere ormai salvo.

Un abbraccio per Abou, morto a quindici anni in silenzio,
quando pensava di essere ormai salvo.


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Palermo, storia di Abou morto a 15 anni. 
"Sulla nave della quarantena era già grave"

La denuncia della tutrice legale: "Visitato dopo dieci giorni". Trasferito in ospedale, è entrato in coma


Migranti soccorsi nel Canale di Sicilia 

Abou già non parlava più quando è stato trasferito con i suoi compagni dalla Open Arms, che l’aveva salvato nel Canale di Sicilia, alla nave quarantena “Allegra”. Era il 18 settembre. Quel quindicenne proveniente dalla Costa D’Avorio era denutrito, aveva i segni di molte torture sul corpo. “Solo il 28 un medico se n’è accorto, ma era già troppo tardi”, dice la sociologa Alessandra Puccio, che il tribunale dei minori ha nominato tutrice del ragazzo. “E da quel momento è stato un precipitarsi di eventi, fino alla sua morte, avvenuta oggi all’ospedale Ingrassia”.

Il 29 settembre, Abou era stato visitato nuovamente a bordo della nave quarantena. Il medico aveva poi disposto il trasferimento d’urgenza in ospedale. Il primo ottobre, il ragazzo è arrivato all’ospedale Cervello di Palermo: “Psicologi e mediatori culturali hanno provato a comunicare con lui – racconta la tutrice – ma continuava a non parlare”. Il giorno dopo, Abou è entrato in coma. E’ stato trasferito alla Rianimazione dell’Ingrassia, perché al Cervello non c’era posto. Oggi pomeriggio, intorno alle 15,30, Abou è morto.

“Ho il rimpianto di non aver potuto parlare con lui - dice ancora Alessandra Puccio – quando sono arrivata era già intubato”. Ora, la tutrice sta cercando di ricostruire la storia di Abou. “Voglio andare a fondo in questa vicenda, perché quello che è accaduto non si verifichi più. Mi hanno detto che per giorni c’è stato solo un medico per i 600 migranti della nave quarantena, oggi ne è arrivato un altro”.

“Una vicenda drammatica quella di Abou”, ribadisce Rosario Lio, coordinatore dei tutori volontari. Fra Palermo, Agrigento e Trapani sono 300. “C’è una quotidianità altrettanto difficile che ci troviamo ad affrontare. I tutori sono l’unico punto di riferimento per i minori che arrivano in Italia, un punto di riferimento con cui parlare innanzitutto, per provare a costruire un percorso di studio o di lavoro”. Chissà qual era il sogno di Abou, chissà qual è la sua storia. Il silenzio in cui era precipitato nessuno l'ha compreso.

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Migrazioni. Abou che aveva solo 15 anni sfinito da fame, sete e botte

... Aveva quindici anni. Ci sarà chi dice: un altro nero, pazienza. Ma chi ha dei figli pensi a loro, nell’età in cui la prima barba si affaccia pungente sulle guance. Alti d’improvviso come adulti, gli si legge negli occhi l’incertezza e quasi la vertigine della brusca metamorfosi. Spesso, nella testa sono ancora quasi bambini. E dunque – benché Abou fosse nero, e straniero – facciamo uno sforzo di immaginazione: a quindici anni lasciare genitori e fratelli, per conquistare un mondo lontano e ignoto. Scelto per partire, forse, perché era il più forte e audace dei figli, perché lui ce la poteva fare a superare il deserto, la Libia, e il mare. Chissà com’è, a quindici anni, lasciare tutto, chissà che cosa si ha nel cuore. Deve essere un po’ come morire. ...

Tutto il corpo di Abou in realtà racconta: la polvere e la sete del deserto, la prigione, le torture, l’acqua e il sole a ustionare la pelle, in alto mare. Il 28 settembre un medico dispone il trasferimento in ospedale. Abou approda in Italia. Il sogno è raggiunto, ma lui è in fin di vita. ...

La nave in cui per dieci giorni è andato precipitando verso la fine, però, è territorio italiano. E un minore in Italia, anche straniero, ha diritto a ogni tutela. Ma forse non dentro la mischia di quelli che salpano da Zuara, raccattati in mare, tenuti in quarantena al largo, pensati da buona parte d’Italia come intrusi da rispedire a casa loro. Non hai più quindici anni, su questo Mediterraneo: sei soltanto uno straniero. Eppure quel corpo sfinito costellato di cicatrici, se lo vedessimo, non ci ricorderebbe qualcosa?

Qualcosa che, in Italia, abbiamo scritto nella memoria, prima di ogni appartenenza: le fattezze del Cristo in croce, martoriato. È un pensiero che istintivo si affaccia, sentendo questa storia, ma che in tanti siamo velocissimi a cacciare. (Vabbé, aveva quindici anni, ma era nero). E invece chiniamoci un momento ancora su Abou. Aveva gli occhi dei nostri figli adolescenti, e se ne era andato solo da casa, un giorno, in un addio triste come un presagio. Aveva quindici anni ed è morto di malattia e abbandono, in Italia. Quando credeva di essere arrivato in Europa, di essere salvo. A questo pensiero ti prende un senso di vergogna. E forse, intanto, in una casa in Costa d’Avorio c’è una madre che aspetta, ancora.


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Palermo fiaccolata per Abou,
il quindicenne morto dopo lo sbarco dalla nave quarantena


Fiaccolata per Abou, il migrante quindicenne morto in ospedale, a Palermo, dopo essere stato sbarcato dalla nave quarantena. A organizzarla il Forum Razzista ai Quattro Canti di città. "Abou - afferma il cartello di associazioni - aveva 15 anni. Sulla pelle i segni di torture subite, presumibilmente, in Libia. Era solo. Salvato e trasbordato sulla nave quarantena Gnv Allegra, in rada davanti a Palermo. E' stato dodici giorni su quella nave, dal 18 al 30 settembre: per lui, dopo le visite mediche del 28 e 29 settembre, è stato disposto il trasferimento in ospedale. Intubato. Disidratato, non collabora, non parla. Il giorno dopo entra in coma, viene trasferito dal Cervello all'Ingrassia. Due giorni. Poi muore". Spiega il Forum antirazzista: "Vogliamo ricordare Abou, manifestare vicinanza a tutte le persone che sono costrette - dopo viaggi ed esperienze terrificanti e dopo le torture e le violenze in Libia - a subire respingimenti, odio e rifiuto da parte della nostra Unione europea. Vogliamo dare ad Abou l'abbraccio che ha cercato e non ha ricevuto".