venerdì 30 ottobre 2020

"L’esperienza dello sradicamento" di p. Felice Scalia, gesuita (VIDEO INTEGRALE)

"L’esperienza dello sradicamento" 
di p. Felice Scalia, 
gesuita
(VIDEO INTEGRALE)


Incontro del 21 ottobre 2020 
inserito nell'ambito dei 
"I Mercoledì di Spiritualità 2020" 
promossi dalla 
Fraternità Carmelitana di Barcellona Pozzo di Gotto

 DIVENTEREMO MIGLIORI?  Post-covid 19 
“Per una nuova immaginazione del possibile” (Papa Francesco)




Nessuno ha ancora scritto la storia della tremenda esperienza del Covid-19 sulla specie umana. Né sappiamo – date le prospettive apocalittiche – se questa storia sarà mai scritta. Abbiamo chiacchierato tanto sul “The Day After” del disastro atomico, ma se la vita sulla Terra è tanto minacciata come si dimostra, non ci sarà un Day After del fenomeno coronavirus, perché non ci sarà semplicemente vita. Dico questo estremizzando il pericolo, tuttavia nella piena coscienza che prevenzione, vaccino e cure mediche, pur necessari, non bastano per ascoltare fattivamente e responsabilmente il segnale di allarme che ci è stato dato dalla pandemia. 

Sui fatti però, sui nudi fatti e sulla ripercussioni che quei fatti hanno avuto sull’umanità, possiamo dire qualcosa. Perché qualcosa ci ha semplicemente cambiati[1]. I mutamenti che abbiamo già subito sono enormi, e sono diventati essi stessi un “fatto” di cui non possiamo non tenere conto. Dà un’idea la parola “sradicamento”? Credo di sì e lo sa ogni bambino che ha perso una madre, un padre, che resta solo al mondo. Lo sa ciascuno di noi perché, in una manciata di mesi, ogni sicurezza è andata perduta. Quei valori che erano stati la stella polare del nostro umanesimo (cristiano e no), volatilizzati d’un tratto. Si pensi a conquiste come diritti umani, solidarietà, corresponsabilità, pietas, libertà… Impossibile oramai guardare la realtà con senso critico, perché semplicemente non conosciamo questa realtà. I potenti non dicono la verità su quanto accade, sulle sue cause, ma solo spezzoni confusi e incomprensibili per la massa dei non-iniziati. Non ci resta che affidarci alle opinioni degli influenzer di professione, pur mostrandosi più confusi di noi, meno affidabili di noi, a volte sconcertanti. 

Come vivere in mezzo a stordimento, sbalordimento e sradicamento? È possibile un nuovo “radicamento”? 

Di questo ci occupiamo questa sera. 

- Siamo passati dal “dovere” di vivere di paura alla inaffidabilità di quelle istituzioni che pure erano legittimate dal compito assunto di provvedere alla nostra sicurezza 

- Un ventaglio di reazioni umane al fenomeno inedito 

- Siamo sradicati, ma da cosa? Dalla radici dell’umano, da certa religiosità o perfino dalla stessa fede? 

- Infine una traccia per qualche conclusione

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E noi comuni mortali come abbiamo reagito?

Noi restammo sconcertati, basiti, senza parole, di fronte ad un “potere” che scoprimmo ignorante, cinico, testardo nel non volere ammettere che al Covid-19, tutto il sistema mondiale (quello del “pensiero unico” neoliberista globalizzato) aveva preparato una strada maestra per la capillare distruzione della vita[1].

Sulla bocca del Presidente di una grande Nazione sudamericana fiorì una bestemmia che fa il paio con la bushiana “guerra infinita”: “Compito del mio governo non è salvare vite umane ma l’economia”.

Possiamo dire che un beneficio il coronavirus lo ha portato all’umanità, oltre all’ovvio rimetterci coi piedi per terra e dirci che siamo “povere foglie frali” – come canta Leopardi[2]che non siamo onnipotenti. La pandemia ha svelato quei “segreti dei cuori”, che poi tanto segreti non erano: la governance mondiale non ha come scopo la vita da custodire e salvaguardare ma il trasferimento delle ricchezze del Pianeta nella mani dell’1% della popolazione mondiale. In vista di questo fine ben circoscritto, il Potere ha conoscenze scientifiche tecniche, militari a non finire. Ha armi di ogni tipo (convenzionali, nucleari, batteriologiche, chimiche…), ma non ha nessuna risposta alla richiesta di ogni nato di donna di avere diritto alla vita, sua e di ogni abitante del Pianeta.

Non è piacevole scoprirsi sradicati, appunto, senza radici, pedine di una infame partita a dama. Se prima si comprendeva che l’ordine sociale era assicurato dalla sottomissione al potere legittimo, ora ci si accorge che questo dogma è caduto, che “il re è nudo[3] ed è anche assassino.

Siamo oggi a questo punto. 

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Certo una comunità ecclesiale centrata sui riti e poi privata delle chiese, dei sacramenti, del “convenire”, se voleva conservare se stessa doveva preoccuparsi di sostituire i riti pubblici con riti privati, l’azione sacerdotale con l’azione laicale, l’ingresso in chiesa con la connessione internet. Ma non era il tempo di leggere “profeticamente” gli avvenimenti, di “giudicare la storia alla luce della Parola di Dio”, di “leggere i segni dei tempi”, di dire una parola chiara sulla deriva autoritaria, xenofoba e razzista di masse cristiane, di dare un parere di fede sulla globalizzazione neoliberista in atto che con la violenza delle armi ha imposto la creazione di un impero mondiale su popoli complici, succubi, o inermi? Non si doveva ricordare – come quasi in modo solitario ed abbastanza irriso anche nella chiesa andava facendo Papa Francesco – che esistevano altre pandemie (fame, malattie, guerre, migrazioni, analfabetismo, violenza urbana, assenza di speranza…) oltre quella del coronavirus? Non era il tempo di purificare tanta preghiera da concezioni errate di un Dio quasi autore del Covid-19 mandato da Lui per castigo, e mai sazio di centinaia di migliaia di morti, anzi oggi di oltre un milione di morti, prima di intervenire? Non era tempo di proclamare la necessità di un ritorno al Vangelo perché il mondo stava morendo per avere dimenticato l’annunzio che l’uomo è essenziale chiamata all’amore e non all’accumulo, alla vita e non all’industria della morte, a donarsi e non a chiudersi nel suo narcisismo, a vivere da figlio di Dio e non da figlio di lupi, a diventare umano e non a imbestialirsi nella crudeltà[1]?

Sì, era tempo per tutto questo, perché se qualcosa distingue un uomo di fede cristiana da ogni altro uomo è che nel suo cuore insorgono le “grida dello Spirito che urlano Abbà” con tutto quello che ciò significa, e con queste “urla” nasce la nostalgia, la necessità di trovare un senso, un appello ad aprire gli occhi e ad accorgersi di ciò che capita a fratelli meno fortunati, di denunziare l’ingiustizia, di spendersi perché il mondo sia più luminoso e sensato. Un cristiano “sa” che i gesti religiosi o animano una fede che inquieta, spinge all’oltre, al meglio, al di più di amore e umanità, oppure non nascono da una radice di fede cristiana. Come non è cristiana quella fede che difende il diritto dei pochi a vivere sacrificando i molti.

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Incontro integrale 
 

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