giovedì 8 ottobre 2020

I “fratelli tutti” incontrano Francesco nell’aula Paolo VI

I “fratelli tutti” incontrano Francesco nell’aula Paolo VI


C’erano i “fratelli tutti” — in carne e ossa — mercoledì mattina, 7 ottobre, nell’aula Paolo VI per incontrare Francesco e dialogare con lui a tu per tu. Il maltempo ha suggerito di spostare l’incontro dal cortile di San Damaso e il Papa, in un clima di fraternità e di famiglia, ha preso posto il più vicino possibile a tutti, sotto la scalinata.

A rappresentare i “fratelli tutti” — tra i 1.200 presenti — c’era Rubaid, un giovane pakistano venuto in Italia nel 2019, con il sostegno della Custodia di Terra Santa, perché era perseguitato per la sua fede cristiana. Ora è punto di riferimento per la sua testimonianza di servizio e di preghiera nella comunità parrocchiale di Villa Adriana a Tivoli. Rubaid ha un contratto regolare di lavoro e ha potuto così richiedere un permesso di soggiorno. Insomma, è un testimone delle prospettive concrete di inclusione indicate dal Papa nell’enciclica.

E tra i “fratelli tutti”, all’udienza, c’erano poi i cappellani carcerari (guidati dall’ispettore generale, don Raffaele Grimaldi) e la direttrice del penitenziario di Reggio Emilia, che al Papa ha portato le mascherine di stoffa cucite a mano dalle detenute.

Ma c’erano anche i ragazzi con autismo che a Modena hanno imparato dalle loro nonne l’arte del tortellino e hanno messo su la cooperativa Aut Aut «per riempire il vuoto sociale impressionate che i ragazzi con disabilità si trovano davanti dopo la scuola» spiega la presidente Erika Coppelli con Gian Luca Casarini, protagonista di questa «rivoluzione sociale attraverso il tortellino modenese».

A dar concretezza alle parole del Papa nell’enciclica Fratelli tutti c’era anche la farmacista napoletana Bianca Iengo che, da sei anni, garantisce, con i suoi i colleghi e l’arcidiocesi partenopea, medicine gratuite a chi proprio non ha soldi per comprarle.

E tra i “fratelli tutti” venuti a casa di Papa Francesco c’era anche la piccola Giorgia — con i genitori — che sta per essere operata al Bambino Gesù per un tumore al cervello. Accanto, c’erano altri bambini ammalati con i familiari e anche alcuni infermieri. Per queste persone l’incontro con il Pontefice è stato come «fare il pieno di speranza nella preghiera».

Tra i “fratelli tutti” c’erano, poi, i cinque nuovi sacerdoti ordinati, sabato scorso, per la diocesi di Roma e i cinque ordinati, in giugno, nella Repubblica Ceca. A loro il Papa ha baciato il palmo delle mani. Don Simone Bellato — trentottenne romano originario di Spinaceto, già scout e bassista, oltre che studente Erasmus, che presterà ora servizio nella parrocchia di San Bernardo di Chiaravalle — ha dato al Papa l’immaginetta stampata, per la sua ordinazione, raffigurante l’icona di san Giovanni appoggiato al petto di Gesù. E Francesco gli ha suggerito subito lo stile pastorale da mettere in campo: «È un gesto che tu dovrai fare spesso».

Insieme ai nuovi sacerdoti c’era anche don Andrea Prima, di Lodi, venuto dal Pontefice per celebrare il cinquantesimo di ordinazione. E i rappresentanti della Fraternità francescana Casa Betania, il cui carisma è fortemente rafforzato e rilanciato proprio dai contenuti dell’enciclica che Francesco ha firmato sabato ad Assisi.

“Fratelli tutti”: lo ha riaffermato, con la sua presenza in aula Paolo VI , anche l’ambasciatore del Perú presso la Santa Sede, María Elvira Velásquez Rivas-Plata, che ha ringraziato il Papa per il messaggio inviato, lo scorso 1º ottobre, all’arcivescovo di Lima in occasione del tradizionale pellegrinaggio per la festa del Señor de los Milagros che quest’anno, dopo 332 anni, non si è potuto svolgere a causa della pandemia. Pur con tutte le precauzioni per l’emergenza sanitaria, una rappresentanza della comunità peruviana residente a Roma parteciperà domenica 18 ottobre alla preghiera dell’Angelus in piazza San Pietro proprio per vivere, come popolo, l’esperienza spirituale legata al “Signore dei Miracoli”, con una preghiera particolare per i malati e i poveri che stanno pagando gravemente il prezzo della pandemia. Un “abbraccio” internazionale, sempre nello stile di “fratelli tutti”, lo ha assicurato anche un gruppo di armeni.

Inoltre a rappresentare all’udienza i “fratelli tutti” che il Papa ha “abbracciato” e indicato espressamente nell’enciclica, c’era anche l’associazione sportiva dei non vedenti di Vicenza che, in collaborazione con l’associazione nazionale alpini, dà vita a pellegrinaggi a piedi sul Cammino di Santiago de Compostela e, sulla via Francigena, dal Veneto a Roma. E c’erano i delegati dell’associazione Senior Italiana FederAnziani che si occupa, appunto, di sostenere i diritti delle persone avanti con gli anni, come ha spiegato al Papa il presidente Roberto Messina.

Presenti anche alcune coppie di giovani che si sono appena sposati, insieme ad altre coppie che festeggiano i cinquant’anni di matrimonio e che al Papa hanno chiesto di ri-benedire i loro anelli. Francesco ha voluto salutarle personalmente, a una a una. Come ha fatto anche con alcune famiglie “numerose”.

Come diretti testimoni dei drammi della crisi, non solo sanitaria, causata dal covid-19, hanno presentato al Pontefice il loro servizio i militari del 7º reggimento Cremona dell’esercito italiano, schierato in supporto al ministero della Salute e al dipartimento della Protezione civile «per sanificare, in particolare, le residenze sanitarie di Bergamo, Brescia e Roma» spiegano.

Prima dell’incontro nell’aula Paolo VI , Francesco ha ricevuto una delegazione della Toyota che gli ha consegnato la vettura, alimentata a idrogeno, da lui utilizzata tra il 23 e il 26 novembre 2019 durante il viaggio apostolico in Giappone.

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