sabato 24 ottobre 2020

«Fratelli tutti» “L’enciclica ci invita a combattere l’individualismo per realizzare la globalizzazione della fraternità”. Intervista a Padre Bartolomeo Sorge

“L’enciclica ci invita a combattere l’individualismo 
per realizzare la globalizzazione della fraternità”. 
Intervista a Padre Bartolomeo Sorge

Proseguiamo il nostro cammino di approfondimento dell’enciclica “Fratelli tutti”. Oggi intervistiamo padre Bartolomeo Sorge, gesuita, ex direttore di “Civiltà Cattolica” e di “Aggiornamenti Sociali”. Due prestigiose riviste della Compagnia di Gesù. Padre Sorge è stato, ed è un protagonista della Chiesa italiana. Grande studioso della Dottrina Sociale della Chiesa, ha pubblicato numerosi libri tra cui un acuto saggio, insieme alla politologa Chiara Tintori, contro il populismo.



«Fratelli tutti», tratta e attualizza il grande tema francescano, nel senso di Francesco d’Assisi, della fraternità universale. Qual è il rapporto, al di là del nome, tra il poverello d’Assisi e il papa Francesco? Possiamo accennare brevemente questo rapporto, prima di parlare della Enciclica?

Definirei il rapporto tra il poverello d’Assisi e papa Francesco una sorta di «affinità evangelica». La medesima scelta che entrambi hanno fatto di vivere il Vangelo sine glossa li porta a condividere la stessa mèta della fraternità universale, come l’ha vissuta Gesù. Porta entrambi a seguire e a indicare la via del dialogo per giungervi. Un dialogo, inteso come cammino fatto insieme verso una mèta comune. Quando Papa Francesco parla di «amicizia sociale» o di «ecologia integrale», invitando a ad aprirsi e a dialogare non solo con ogni essere umano, ma anche con il creato, si pone sulla stessa lunghezza d’onda di san Francesco, che chiamava fratelli il sole e il fuoco e sorelle la luna e l’acqua o predicava agli uccelli e rabboniva il lupo di Gubbio. Tra il poverello d’Assisi e Papa Bergoglio c’è una piena sintonia che è espressa non tanto dall’identità del nome Francesco, quanto dall’essere entrambi mossi dalla medesima ispirazione evangelica.

Parliamo dell’Enciclica. Si tratta di una vera e propria Summa del pensiero sociale di Papa Francesco. Quindi c’è una riproposizione, in un quadro più ampio, del suo insegnamento. Però vi sono delle novità. Quali sono secondo lei?

La vera novità è l’enciclica stessa in sé, così com’è strutturata. Essa infatti connette tra loro, quasi tasselli di un unico grande mosaico, i numerosi interventi del Papa sui temi sociali più scottanti, da lui effettuati durante i sette anni di pontificato. Basta vedere, in nota, quante sono le autocitazioni! Perciò, leggendo l’enciclica Fratelli tutti, si ha la sensazione che il Papa abbia voluto comporre e completare una trilogia con altri due interventi precedenti: l’enciclica Laudato si’ e la Dichiarazione sulla fratellanza umana, firmata ad Abu Dhabi. Infatti, tutti e tre i testi mirano insieme allo stesso fine: realizzare la fraternità universale; superare e combattere l’individualismo, per realizzare un’«ecologia integrale» o – come preferisce esprimersi il Papa – per passare dalla «globalizzazione dell’indifferenza» alla «globalizzazione della fraternità».

L’enciclica esce nel tempo di una pandemia devastante. E la interpreta non come un «castigo di Dio» ma la legge come un segnale della natura all’uomo. E’ d’accordo?

Sì, è proprio così! Il volto di Dio, che Cristo rivela nel Vangelo, non è certo quello di un vendicatore o di un giustiziere, ma è quello di un padre infinitamente buono e misericordioso! La pandemia è solo un segnale – molto importante, però – che la natura invia all’uomo. Sarebbe perciò un errore imperdonabile sciupare l’occasione, che la dura prova sofferta oggi ci offre, di rivedere il nostro stile di vita personale e sociale, in modo da superare le disuguaglianze sociali e culturali che la pandemia ha messo maggiormente in luce e che pesano soprattutto sui più poveri. Non possiamo far finta di non vederlo, né voltare il capo da un’altra parte. E’ una sfida che interpella tutti indistintamente, senza eccezioni.

La pandemia, scrive il Papa, ci ha fatto sentire la comune appartenenza alla famiglia umana. «Siamo tutti nella stessa barca», afferma Francesco. Da qui appunto la proposta di un’etica della fraternità universale. Insomma tutti dovremmo sentirci dei «samaritani». È bellissima la riproposizione della figura del «buon samaritano». Quali sono le caratteristiche di questo «samaritano globale»?

Il rifarsi all’esempio del «buon samaritano» è tipico dello stile di Papa Francesco, che rifugge dal fare discorsi teorici astratti, ma preferisce la concretezza della testimonianza. Così, per dimostrare che cosa è e come si realizza la fraternità universale, sceglie di farlo ricordando la lezione che viene dalla parabola del buon samaritano.

Il Papa ne spiega le caratteristiche, soprattutto quando parla della necessità di una «migliore politica», per passare dalla ideologia dell’individualismo, oggi regnante, alla fraternità universale. Affinché la politica sia «migliore», dice in sostanza, ci vogliono «migliori politici», che si comportino come buoni samaritani. Operino, in altre parole, al servizio disinteressato del bene del popolo, con competenza e professionalità, come il samaritano del Vangelo, che versò olio e vino sulle piaghe del malcapitato e gliele fasciò. Di questi politici «buoni samaritani» abbiamo estremo bisogno.

Liberté, egalité, fraternité. È il motto della rivoluzione francese. Per alcuni filosofi laici il Papa, con questa enciclica, ha «sposato l’illuminismo». E’ d’accordo?

Per altri «filosofi laici», invece, il Papa avrebbe «sposato il marxismo», perché ha fatto la scelta preferenziale dei poveri e continua a difenderla.

In realtà, Papa Francesco non ha sposato né l’illuminismo né il marxismo, ma solo Cristo e il suo Vangelo! Senza per questo negare che talvolta la cultura laica abbia preso coscienza di alcuni valori e di alcuni diritti umani prima della Chiesa, nonostante questa godesse della luce del Vangelo! Penso, per esempio, alla libertà di coscienza, alla libertà di stampa, all’accettazione della democrazia o alla tardiva condanna della mafia, della guerra giusta, della pena di morte… Anche se – è giusto ricordarlo – non sono mai mancate, nel popolo di Dio, voci profetiche (spesso messe a tacere) che hanno anticipato sia la cultura laica, sia il riconoscimento ufficiale della Chiesa.

Nell’enciclica c’è un duro attacco al populismo e al sovranismo (il papa si schiera radicalmente contro chi erige i muri) di ogni latitudine. Ma rimprovera anche la sinistra. Qual è il grande messaggio politico della Enciclica?

Il magistero sociale della Chiesa non si pone nell’ottica della politica politicante, della destra o della sinistra (politica con la p minuscola), ma nell’ottica della «migliore politica», presa in senso universale, culturale ed etico (Politica con la P maiuscola). Ciò spiega come mai nel capitolo V dell’enciclica, dedicato interamente alla politica, il Papa non si rivolga ai cattolici, ma ai politici in generale, di ogni tendenza e ideologia. A essi (cattolici e laici) si rivolge non in quanto appartenenti all’uno o all’altro partito (di destra o di sinistra), ma semplicemente in quanto politici. Tutti ugualmente li esorta ad aprirsi al dialogo e alla collaborazione, a ricercare la «migliore politica». Infatti, per passare dalla globalizzazione dell’indifferenza alla globalizzazione della fraternità, occorre sconfiggere l’individualismo, da cui nascono il populismo e il sovranismo. Questa non è un’utopia irrealizzabile. Che sia possibile l’abbiamo sperimentato durante la terribile pandemia. Ne hanno dato prova i numerosi cittadini che si sono offerti a soccorrere i contagiati dal Covid-19, anche esponendo la propria vita. Ne ha dato prova perfino l’Europa, in occasione del Consiglio Europeo straordinario del luglio scorso, quando, nonostante l’opposizione dei cosiddetti «Paesi frugali» e dei «Paesi di Visegrad», la solidarietà fraterna della stragrande maggioranza dei 27 Stati dell’Unione ha sconfitto il populismo e il sovranismo, varando un programma generoso di aiuti, con un’attenzione speciale verso i Paesi più provati dal Coronavirus.

Nella logica della fraternità, l’enciclica si schiera contro il liberismo. E propone una economia diversa. Su questo punto, il papa, non rischia di cadere nell’Utopia?

Nell’insegnamento di papa Francesco centrale è la categoria del «sogno», che è molto diverso dall’utopia. Se ricordo bene, fu Hélder Camara ad affermare che il sogno di uno solo rimane sogno, ma se sono tanti a farlo, esso diventa realtà. E’ quello che fa l’enciclica. Induce a sognare tutti insieme una economia diversa, nella quale non ci si illuda più che i meccanismi di mercato possano risolvere, da soli, ogni problema. Il mercato, certo, è indispensabile, ma non basta. Neppure basta che, insieme al mercato, intervenga lo Stato. Un tavolo con due sole gambe – mercato e Stato – non sta in piedi! Occorre la terza gamba, quella che siamo soliti chiamare «Terzo settore», cioè la partecipazione responsabile e volontaria della comunità, della società civile. Non è un’utopia, ma un sogno che l’enciclica contribuisce a rendere una realtà.

Con la Rerum Novarum Leone XIII indusse i cattolici ad impegnarsi per risolvere la questione sociale, quell’enciclica fu un «colpo di tuono» (metafora usata da Bernanos). Attualizzando la metafora: oggi, Fratelli tutti, può ispirare per i cattolici un nuovo programma politico? O almeno, nel pluralismo politico dei cattolici, può essere una fonte di discernimento politico?

Fratelli tutti viene a confermare la svolta che Papa Francesco ha impresso alla dottrina sociale della Chiesa. Leone XIII, con la Rerum Novarum, intendeva salvaguardare dall’insidia di pericolose ideologie, la dignità della persona e i suoi diritti inalienabili. Pio XI e Pio XII si confrontarono con le forme contrapposte di società diverse (socialismo reale e capitalismo), proponendo la «terza via» di una società cristiana. Giovanni XXIII, il Concilio e Paolo VI, ampliarono gli orizzonti della Dottrina Sociale ai confini del mondo intero, denunciando le disuguaglianze tra il Nord ricco e il Sud povero. Con Giovanni Paolo II e papa Ratzinger la questione sociale divenne soprattutto questione antropologica, perché furono messi in discussione temi etici fondamentali, quali l’inizio e la fine della vita, l’indissolubilità del matrimonio, la contraccezione, l’«utero in affitto»,… Con papa Francesco, la dottrina sociale della Chiesa amplia ulteriormente l’orizzonte: guarda non solo ai gravi problemi indotti dai processi di globalizzazione economica, giuridica e politica, ma si apre alla questione ecologica e alla tutela della «casa comune». L’enciclica Fratelli tutti lo conferma.

Ultima domanda: Una battuta su una recente intervista del Cardinale Ruini: per Ruini la Chiesa italiana è in declino. Qual è il suo pensiero?

Stimo il cardinale Ruini, al quale Giovanni Paolo II aveva praticamente affidata la Chiesa italiana, mentre lui – papa gigante! – era tutto occupato a portare il Vangelo in ogni angolo del mondo.

Ho letto l’intervista di Ruini al Corriere della Sera. Come ho già detto in altra occasione, nelle parole e nei giudizi del Cardinale, sento l’eco di una stagione della Chiesa italiana, ormai lontana e che anch’io ho vissuto, ma che oggi non esiste più, sia perché è profondamente cambiato il Paese, sia perché le acquisizioni dottrinali e pastorali del Concilio hanno profondamente cambiato il volto della Chiesa.