lunedì 5 ottobre 2020

Abbiamo tutti molto da imparare da Padre Marella "Barbone di Dio" "Padre dei poveri" per sempre Beato!!!


Abbiamo tutti molto da imparare da 
Padre Marella
"Barbone di Dio"
"Padre dei poveri" 
per sempre Beato!!!


Papa Francesco al termine della recita dell'Angelus: 


"Oggi, a Bologna, viene beatificato Don Olinto Marella, presbitero oriundo della diocesi di Chioggia, pastore secondo il cuore di Cristo, padre dei poveri e difensore dei deboli. Possa la sua straordinaria testimonianza essere modello per tanti sacerdoti, chiamati ad essere umili e coraggiosi servitori del popolo di Dio. Adesso un applauso al nuovo Beato!"


A presiedere la cerimonia di Beatificazione è il cardinale Matteo Zuppi che ha ricevuto il mandato da papa Francesco dopo la dimissione del cardinal Becciu da prefetto della congregazione delle cause dei Santi. 
Padre Olinto Marella è ora beato e sarà celebrato il 6 settembre, giorno in cui ricorre la data della sua morte. Un'immagine del sacerdote sovrasta l'ingresso della Basilica di San Petronio a Bologna, a testimonianza che tutta la diocesi è in festa. 


Il rito in piazza, in stretto rispetto di norme anti Covid-19, è stato seguito da 1.500 persone, in posti limitati e distanziati, ed è stato trasmesso anche in streaming.

"A don Marella siamo riconoscenti, per il suo impegno civico e per il suo insegnamento - ha detto il sindaco, Virginio Merola-. Bologna ha un futuro se non ha esclusi, se tutti vengono accolti. Questa è la sua lezione speriamo di essere all'altezza".

Durante la cerimonia, per la prima volta, è stata offerta alla venerazione dei fedeli una reliquia di Padre Marella: il manutergio, un fazzoletto di lino col quale don Olinto deterse le sue mani dall'olio santo al termine della sua ordinazione sacerdotale il 17 dicembre 1904.
Il reliquiario, realizzato con la tecnica del bronzo 'a cera persa', è opera dello scultore Luca Cavalca e riprende le parole del Salmo 'Judica' e sarà d'ora in poi collocato nella cattedrale di San Pietro. L'altare allestito per la Messa e posto sul sagrato di San Petronio è lo stesso utilizzato tre anni fa per la visita a Bologna di papa Francesco.

"Tutto nacque rinunciando all’orgoglio" è la frase che don Olinto scrisse a papa Giovanni XXIII, quando il pontefice nel 1960 inviò l’offerta di un milione delle vecchie lire per contribuire alle tante attività del sacerdote. In effetti le risorse per sfamare i poveri e dar loro una casa arrivarono, e ancora oggi arrivano, dall’elemosina. Un seggiolino e un cappello in mezzo alle gambe all’angolo di una zone più "in" di Bologna, era il posto fisso di padre Marella. Una presenza silenziosa che non chiedeva nulla a nessuno, ma che solo per il fatto di essere lì ricordava alla parte più borghese e ricca della città che esistevano anche i poveri, e che bastava il resto di una spesa per aiutarli.

Fede, carità e famiglia sono le tre parole chiave della spiritualità del nuovo beato. 

La Chiesa non sempre fu comprensiva con lui, ma lui si dimostrò un uomo di grande fede.
Ordinato sacerdote nella diocesi di Chioggia, nel 1909 subì la pena canonica della sospensione a divinis per aver ospitato in casa sua Romolo Murri, un fine critico del pensiero cattolico. Pur non potendo celebrare la messa rispettò il celibato, e andò a Bologna dove insegnò al Liceo e all’Università: lì, dopo 16 lunghi anni, il 2 febbraio del 1925 il cardinale Nasalli Rocca lo riabilitò. Ripreso il ministero del sacerdozio, si occupò della solidarietà a tempo pieno. Sulla carità don Olinto fece sua la frase di San Francesco che spiega come l’elemosina sia la giustizia dovuta ai poveri. Nella sua vita andò anche oltre, convinto che il percorso che l’uomo deve fare è quello di regalare in elemosina il proprio cuore, come fece Cristo sulla croce. Incurante del pericolo, durante gli anni della guerra nascose parecchi ebrei nella sua casa salvando in più una trentina di soldati, anche disertori tedeschi, dalla deportazione.

Il "padre" di tanti orfani morì nel 1969, ma la sua spiritualità è ancora attuale. 
Già negli anni Trenta divise la sua casa con 10 piccoli bambini e da lì partì un’opera che oggi può contare 11 comunità, situate tra Bologna e Ravenna, le quali si occupano di ospitare mamme con i loro figli, persone con disagi psichici o con problemi di dipendenza, anziani e chi ha la perso la casa.
Basta visitare la sua città a San Lazzaro di Savena, nel bolognese, per rendersene conto. Chi è nel bisogno viene messo al centro e per lui c’è sempre una sportina piena di cibo da portare a casa o la possibilità che una bolletta venga pagata. Un'accoglienza sempre frutto delle donazioni, proprio come avrebbe fatto il beato Marella.

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Omelia di mons. Zuppi


... “La preghiera è il respiro dell’anima”, diceva Padre Marella, “la nostra conversazione con Dio, l’onnipotenza dell’uomo e l’impotenza di Dio, perché Iddio non sa resistere all’umile e costante invocazione della Sua creatura”. E la preghiera si nutre sempre dell’ascolto della parola. Pane, Parola, Poveri. San Petronio custodisce tra le sue mani tutta la città e ci insegna a sentirci uniti e a vivere l’amore per ogni persona. La nostra libertas non la troviamo nel pensare a noi stessi, ma nel legame che ci unisce a questa comunità di destino e quindi trattando con interesse la vita di ogni persona. Rendiamo, come fece Padre Marella, persone i tanti che altrimenti sono solo schiavi, dei senza volto, senza storia e senza valore. Continuiamo a scrivere il liber paradisus ispirandoci a quel Dio che ci insegna ad amare e difendere la vita sempre e per tutti.

Padre Marella si legò ai poveri e affrancò tanti ragazzi dalla schiavitù della povertà e della fame, sorelle della pandemia della guerra e che è inutile e impossibile distinguere tra loro. Voleva che nessuno rimanesse nell’inferno dell’abbandono e della disperazione e ai tanti orfani non donava soltanto un tetto, ma una famiglia e un futuro.

Sono nostri e la sua paternità ci invita ad adottare noi chi è senza protezione. A noi, che in questi tempi ci confrontiamo con la pandemia e con le tante sofferenze fisiche e psichiche che provoca, Padre Marella insegna a non abituarci mai al male e a cercare risposte concrete e per tutti. Siamo sulla stessa barca. Tutti fratelli. Non accettiamo che nessuno sia lasciato fuori da questa, perché vorrebbe dire abbandonarlo in mezzo alle onde di tempeste terribili.

Solo insieme possiamo uscirne e non vogliamo che nessuno sia lasciato solo o indietro. Non c’è tempo da perdere in discussioni inutili, calcoli di convenienze da cercare o orgogli personali da difendere: è troppo serio il momento per sciuparlo in meschini interessi individuali. Non perse tempo Padre Marella e dopo la pandemia della guerra coinvolse tanti, direi quanti più poteva, tutti nel solidum dell’elemosina, mettendosi nel cuore della città, aiutando i bolognesi a capire la loro stessa città e a trovare il cuore.

Egli ha avuto “intelletto d’amore” cioè una carità intelligente e creativa. Il cristiano è chiamato ad essere buono: non compiaciuto di sé e approssimativo, ma padre dei poveri che gli appartengono perché presenza reale di Cristo. L’elemosina è il primo modo per insegnare alla nostra società, governata dalla legge del mercato e dall’impietoso meccanismo di dare e avere, come liberarsi dal calcolo e dalle convenienze, per cui faccio una cosa solo se ne ricevo un vantaggio, se ho contropartite. L’elemosina non attende rendicontazione né risultato immediato, neanche la gratitudine. Non dimentichiamo anche che chiedere l’elemosina è umiliante, si è sottoposti agli sguardi di tutti, non di rado anche a qualche giudizio sprezzante. Si è costretti a stare per ore all’aperto, a volte al freddo.

Padre Marella prendeva il posto dei poveri per potere dare loro futuro e diceva: “Non mi interessa il passato dei miei ragazzi, mi interessa il loro futuro”. Costruì la Città dei Ragazzi perché i ragazzi vivessero da uomini nella città e questa fosse a misura dei più deboli. Dava responsabilità ai suoi giovani, perché come ogni padre desiderava il meglio per i suoi figli e non si dava pace finché non iniziavano a camminare da soli, consapevole che in ognuno c’era un dono, “secondo la grazia data”. Desiderava uomini liberi perché Dio cresce nella coscienza, non la teme, anzi la nutre, la difende. Ai suoi alunni diceva: “Quando pensate di aver capito tutto avrete capito poco, perché l’intelligenza non è altro che un fiammifero acceso in un mare di tenebre, non ne illumina che una piccola parte. Tutto il resto è buio, tutto il resto è mistero, tutto il resto è Dio”.

Oggi ci sentiamo più uniti e più determinati a riempire e a porgere noi quel cappello di condivisione e di solidarietà per rispondere alle sofferte domande degli uomini. Facciamoci umili mendicanti, come peraltro siamo, per preparare il futuro per altri e dare il nostro cuore in elemosina. L’umiltà attrae e rende davvero grandi.

Padre Marella, aiutaci ad essere noi i santi della porta accanto, a cercare il perdono di cui abbiamo bisogno umiliandoci nella carità, possibile a tutti, rendendo i poveri nostri fratelli, per trovare la beatitudine che non si compra e non si possiede perché si regala e si riceve. Padre Marella insegnaci ad amare nostra Madre Chiesa, con intelligenza e umiltà, perché sia la famiglia dove tutti sono fratelli, casa per gli orfani, dove tutti sperimentino la misericordia, sentano sulla loro fragilità lo sguardo innamorato di Dio e degli uomini. La carità è la nostra gioia, perché non finisce, tutto crede, tutto spera e tutto sopporta. Grazie Signore. Tutti fratelli. E nell’umiltà e nel servizio, tutti beati.


Guarda il video integrale della celebrazione di Beatificazione 

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Oggi Beato Olinto Marella, il “barbone di Dio”

Fine studioso e amico dei poveri, sono due le anime di questo sacerdote che dovette sopportare anche la sospensione a divinis dal ministero, per poi essere reintegrato nella diocesi di Bologna da cui, oggi, sale agli onori degli altari . La Messa di Beatificazione viene celebrata dall'arcivescovo della città, cardinale Matteo Maria Zuppi


Dalla sospensione a divinis dal sacerdozio alla Beatificazione: è singolare il cammino terreno di Olinto Marella, il nuovo Beato che da oggi arricchisce e fa risplendere la Chiesa di Bologna. Originario di Pellestrina, isolotto della laguna veneta tra Venezia e Chioggia, trascorre qui gli anni della formazione, in un periodo, quello a cavallo tra i due secoli Ottocento e Novecento, in cui tutto è fermento e anche il cattolicesimo non fa eccezione, animato com’è da forti spinte di rinnovamento interno. La povertà che vede intorno a sé sarà per lui la spinta decisiva a diventare uno dei più grandi testimoni della carità che siano mai esistiti. 

Don Marella, fine studioso

Di un’intelligenza non comune e con una vocazione maturata molto precocemente, Olinto parte per Roma per studiare in seminario. Presto, però, la vita lo richiama in Veneto: la sua estrema sensibilità ha risentito dei gravi lutti che nel giro di poco si sono succeduti nella sua famiglia. Questo non gli impedisce comunque di approfondire temi teologici come quello della pietà, il suo preferito, e di sviluppare un pensiero personale, critico verso i metodi rigidi dell’insegnamento allora comune, ma che secondo lui soffocano la libertà del singolo. In questi anni è compagno di classe di Angelo Roncalli – futuro Papa Giovanni XXIII – che lo ricorderà sempre come un “carissimo amico”. Una volta presi i voti, Olinto viene mandato nel seminario di Chioggia a insegnare storia ecclesiastica e Sacra Scrittura e qui può subito sperimentare il suo nuovo metodo di approccio diretto al Vangelo e confrontarsi con tematiche allora appena emergenti, come il rapporto tra Chiesa ed economia o tra Chiesa e sviluppo scientifico.

Padre Olinto, grande educatore

Ma quello che soprattutto occupa i pensieri e le preoccupazioni di don Marella, sono le condizioni del popolo che abita la sua isola e che incontra ogni giorno. Non si dà pace, finché assieme al fratello, che è studente d’ingegneria, fonda il Ricreatorio popolare, un progetto educativo unico in quel territorio, che si prefigge di combattere l’analfabetismo dilagante a partire dalla prima infanzia. Nelle scuole che lo compongono, il sacerdote diventa per tutti un papà, ed è così che iniziano a chiamarlo “padre Olinto”. I ragazzi lo amano perché in quel prete trovano un compagno di giochi che insegna loro attraverso il teatrino, la biblioteca circolante, lo sport e addirittura suonando in una banda. Nelle scuole del Ricreatorio, inoltre, fatto unico per l’epoca, convivono entrambi i sessi, requisito che padre Olinto reputa fondamentale per lo sviluppo reciproco, e per far crescere assieme ai ragazzi un’idea di fratellanza e di vera integrazione umana.

Per anni lontano dal sacerdozio, ma non dall’educazione

Non tutti, però, apprezzano l’operato di padre Olinto, che fa sempre più parlare di sé. Anche all’interno del clero, si fa dei nemici che se non lo etichettano direttamente come sovversivo, lo definiscono quantomeno “troppo evangelico e poco canonico”. Questo dissenso crescente purtroppo prenderà la forma più odiosa: il 24 settembre 1909 gli viene comunicata la sospensione a divinis firmata da Pio X. Marella non è più né don né padre: è semplicemente Olinto. Non può che accettare con obbedienza questo “martirio spirituale” dietro al quale si celano le invidie per i suoi successi e la resistenza che spesso accompagna i cambiamenti ancorché positivi. Anche la motivazione del provvedimento che gli viene data, lo farà soffrire: la colpa era consistita nel farsi vedere in compagnia di Romolo Murri, sacerdote anche lui sospeso a divinis e poi scomunicato nello stesso anno a causa del suo impegno politico e sociale. Olinto deve ricostruire la propria vita e lo fa partendo dal lavoro. Si arruola nell’esercito impegnato nella Prima Guerra Mondiale, consegue la laurea in storia e filosofia e l’abilitazione all’insegnamento. Poi si mette a fare l’unica cosa che sa fare e che ha sempre fatto: insegnare, appunto. Come professore girerà tutta la penisolaa Rieti sarà anche il docente di Indro Montanelli, giornalista notoriamente ateo, che della sua vicenda dirà: “Perfino io mi ero accorto che era un Santo, non se n’era accorta la Chiesa?”.

Educare alla libertà, ma quella di Gesù

Nel 1924 Olinto Marella si stabilisce a Bologna, città che lo accoglierà in molti sensi. Da volontario si riavvicina in punta di piedi alle opere religiose, tanto da guadagnarsi la fiducia di mons. Emilio Faggioli che intercederà per lui presso l’arcivescovo, il cardinale Nasalli Rocca. E così, nella festa della Presentazione al Tempio, il 2 febbraio 1925, dopo ben 16 anni, don Olinto, reintegrato nel clero di Bologna, può provare di nuovo la gioia di celebrare Messa. Da lì il seme comincia a fruttificare rigoglioso. Si moltiplicano le opere cui dà vita: la più nota è certamente la Città dei Ragazzi nel 1948, in cui educa i giovani orfani e abbandonati senza coercizioni, applicando il metodo dell’autogestione sorvegliata. Può finalmente approfondire il tema, a lui tanto caro, dell’educazione fondata sulla libertà, ma una libertà personale vera che viene da Cristo; prova a superare il modello della classica lezione orizzontale, a cui preferisce il colloquio diretto con i suoi studenti. Li interpella, li stimola, li conforta. In una parola: li ama. Per questa sua prossimità non solo spirituale ma fisica con chi ha bisogno, Padre Marella viene soprannominato “il barbone di Dio”. Per primo, infatti, incarna il rapporto che deve esserci tra Vangelo e vita, tra Vangelo e carità, una carità che per lui non avrà limiti, fino a quel 6 settembre 1969, quando ritorna alla Casa del Padre, ma partendo da un luogo privilegiato: quello dove era rimasto sempre, “vicino ai miei ragazzi”. 

Vedi anche: Olinto Marella, la storia per immagini