domenica 16 agosto 2020

VIVERE L'INSPERATO (lettera di frère Roger)

VIVERE L'INSPERATO 
(lettera di frère Roger) 


Apertura del concilio dei giovani 
Taizé, oggi 30 agosto 1974 

Questa lettera l’ho scritta per te che vuoi costruire la tua esistenza in comunione col Cristo che è amore. Sarai tanto più libero per passare da un provvisorio ad un altro provvisorio, quanto più saprai riferirti, durante la tua vita, ad alcuni valori essenziali, a qualche realtà semplice. 

Con il popolo di Dio, unito agli uomini di tutta la terra, sei invitato a vivere l’insperato. Se sei da solo, come potrai conoscere la manifestazione di Dio? 
Troppo abbagliante per esser visto, Dio è un Dio che acceca lo sguardo. Il Cristo, capta il suo fuoco divorante e, senza strepito, lascia trasparire Dio. 
Conosciuto o meno, il Cristo è là, vicino ad ognuno. È tanto legato all'uomo che abita in lui, anche a sua insaputa. Vi si trova come un clandestino, fuoco bruciante nel cuore dell’uomo, luce nell’oscurità. 
Ma il Cristo è anche altro da te. Egli, il Vivente sta davanti, sta oltre te. In ciò consiste il suo segreto: egli ti ha amato per primo. 
In questo sta il senso della vita: essere amato per sempre, amato fino all'eternità, perché a tua volta tu ti spinga fino a morir d’amore. Senza l’amore a che serve esistere? 
Ormai, nella preghiera come nella lotta, nulla è grave se non perdere l'amore. Senza l'amore, a che serve la fede, a che serve arrivare fino a consegnare il nostro corpo alle fiamme? 
Lo intuisci? Lotta e contemplazione hanno una sola e identica sorgente: il Cristo che è amore. 
Se preghi, lo fai per amore. Se lotti per ridare un volto umano all’uomo sfruttato, ancora, è per amore. 
Ti lascerai introdurre in questo cammino? Col rischio di perdere la tua vita per amore, vivrai il Cristo per gli uomini? 

Con gli uomini di tutta la terra 

Per far sentire la voce degli uomini senza voce, per promuovere una società senza classi, che cosa può fare un uomo da solo? 
Con l’intero popolo di Dio, collettivamente, è possibile accendere un fuoco sulla terra. 
Una domanda del Cristo ti serra alla gola: quando il povero aveva fame, mi hai riconosciuto in lui? Dov’eri quando condividevo la vita col più misero? Sei stato un oppressore, fosse pure di un solo uomo sulla terra? Quando dicevo : «Maledetti i ricchi», ricchi di denaro, ricchi di dottrinarismi, hai forse preferito i miraggi della ricchezza? 
La tua lotta non può essere vissuta in uno sfarfallio di idee che non si concretano mai. 
Infrangi le oppressioni dei poveri e degli sfruttati: come testimone stupito, vedrai fin d'ora sorgere dei segni di Risurrezione sulla terra. 
Dividi i tuoi beni in vista di una giustizia più grande. Non rendere nessuno vittima di te stesso. Fratello di tutti, fratello universale, va’ deciso verso l’uomo che non conta, verso il rifiutato. 
«Ama coloro che ti odiano, prega per coloro che ti fanno del male». Se vivessi nell’odio, che cosa potresti riflettere del Cristo? 
«Ama il prossimo tuo come te stesso». Se tu detestassi te stesso, quale disastro in te. 
Uomo di sovrabbondanza, cerchi di capire tutto dell’altro. 
Più ti avvicinerai ad una comunione, più il tentatore si darà da fare. 
Per essere liberato dall’oppositore canta il Cristo fino alla gioia serena. 
Le tensioni possono avere un valore creatore. Ma quando la relazione con l’altro si degrada nel brulichio delle contraddizioni interiori, nelle impossibilità di comunicare, non dimenticarlo, c'è un al di là all’aridità del presente. 
L’uomo giudica gli altri secondo se stesso, secondo il suo cuore. Tu, ricordati soltanto di quello che hai scoperto di meglio dell’altro. La parola di liberazione sulle labbra, non la bocca piena di condanne; non affaticarti a cercare la paglia nell’occhio del fratello. 
Se ti si giudica falsamente a causa del Cristo, danza e perdona come Dio ha perdonato. Ti troverai libero, incomparabilmente. 
In ogni controversia, a che serve cercare chi ha avuto torto e chi ragione. 
Fuggi la manovra abile, cerca la limpidezza del cuore, non manipolare mai la coscienza dell’altro, utilizzando la sua inquietudine come una leva per farlo entrare nel tuo progetto
In ogni cosa, la facilità dei mezzi va contro la creatività. La povertà dei mezzi conduce a vivere intensamente, nella allegrezza dell’oggi. Ma la gioia svanisce se la povertà dei mezzi conduce all’austerità ed allo spirito di giudizio. 
La povertà dei mezzi genera il senso dell’universale... E la festa ricomincia. La festa non finirà mai.
Se la festa scomparisse di tra gli uomini... Se un bel mattino ci svegliassimo in una società soddisfatta, ma priva di spontaneità... Se la preghiera divenisse un discorso secolarizzato al punto da far sparire il senso del mistero, senza lasciar posto alla preghiera del corpo, alla poesia, alla affettività, all’intuizione... Se perdessimo la fiducia di bambino nell’eucaristia e nella parola di Dio... Se, nei giorni grigi, noi distruggessimo quello che abbiamo intuito nei giorni di luce... Se arrivassimo a rifiutare la felicità offerta da Colui che otto volte dichiara : « beati...» (Matteo 5). 
Se la festa scompare dal corpo di Cristo, se la Chiesa diviene luogo angusto, e non luogo di comprensione universale, dove trovare sulla terra un luogo di amicizia per tutta l'umanità? 

L’uomo è se stesso solo alla presenza di Dio 

Se, nella preghiera, non trovi alcuna risonanza sensibile di Dio in te, perché inquietarti? È imprecisa la linea di divisione tra il vuoto e la pienezza, come lo è tra il dubbio e la fede, tra il timore e l’amore. 
L’essenziale rimane nascosto ai tuoi stessi occhi. Ma l’ardente ricerca ne è ancor più sostenuta, per avanzare verso l’unica realtà. Allora, poco a poco, diventa possibile intuire la profondità, la larghezza, di un amore che sorpassa ogni conoscenza. A quel punto tocchi le porte della contemplazione. E là attingi le energie per ricominciare, per gli impegni audaci. 
La scoperta di te stesso senza nessuno che sia lì a capirti, può provocare una vergogna di esistere che va sino all’autodistruzione. Talvolta giungi crederti un condannato vivo. Ma per il Vangelo non c’è né normalità, né anormalità, ci sono solo uomini fatti a immagine di Dio. Chi potrebbe allora condannare? Gesù prega in te. Offre la liberazione del perdono a chiunque vive con cuore di povero, par farlo divenire, a sua volta, un liberatore per gli altri. 
In ogni uomo si trova una parte di solitudine che nessuna intimità umana può colmare, neppure l’amore più forte tra due esseri. Chi non acconsente a questo luogo di solitudine conosce la rivolta contro gli uomini, contro Dio stesso. 
E tuttavia tu non sei mai solo. Lasciati sondare fino al centro di te stesso, e vedrai che ogni uomo è stato creato per essere abitato. Laggiù. nella profondità dell'essere, là dove nessun uomo assomiglia agli altri, il Cristo attende. Là capita l’inatteso. 
Passaggio folgorante dell’amore di Dio, lo Spirito Santo attraversa ogni essere umano come un lampo nella notte. Grazie a questo passaggio, il Risorto ti viene incontro, si carica di tutto, prende su di sé tutto l’intollerabile. 
Soltanto a cose avvenute, talvolta molto tempo dopo, lo capirai: il Cristo è passato, la sua sovrabbondanza ti è stata data. 
Nel momento in cui gli occhi si aprono a questo passaggio, dirai a te stesso: «Non mi ardeva forse il cuore dentro il petto mentre egli mi parlava?». 
Il Cristo non annulla 1’uomo di carne e di sangue. Nella comunione con lui non c'è posto per le alienazioni. Non infrange ciò che esiste nell'uomo. Non è venuto ad abolire, ma a compiere. Quando ascolti, nel silenzio del tuo cuore, egli trasfigura le cose che in te sono più inquietanti. Quando sei circondato dall’incomprensibile, quando la notte si fa densa, il suo amore è come un fuoco. A te fissare lo sguardo su questa lampada accesa nell’oscurità, finché appare l’aurora e il giorno inizia a farsi nel tuo cuore. 

Felice colui che muore d'amare 

Senza sosta, o Cristo, mi interpelli e mi domandi: «Tu, chi dici che io sia?». 
Tu sei colui che mi ama fino alla vita che non finisce. 
Tu mi apri la via del rischio. Tu mi precedi sul cammino della santità, dove felice è colui che muore d’amore, dove il martirio è l’ultima risposta. 
Il no che è in me, lo trasfiguri giorno per giorno in un si. Tu. mi chiedi non qualche briciola ma tutta l’esistenza. 
Tu sei colui che giorno e notte prega in me senza che io sappia come. I miei balbettii sono preghiera: chiamarti col solo nome di Gesù riempie la nostra comunione. 
Tu sei colui che ogni mattino mi mette al dito l’anello del figliol prodigo, l’anello della festa. 
Ed io perché ho esitato tanto? Ho forse «scambiato la gloria di Dio per l’impotenza, ho abbandonato la sorgente d’acqua viva per fabbricarmi cisterne screpolate che non possono trattenere l’acqua?» (Ger. 2). 
Tu, instancabilmente, mi cercavi. Perché ho di nuovo esitato chiedendo che mi fosse lasciato del tempo per occuparmi dei miei affari? Dopo aver messo mano all’aratro, perché mi sono voltato indietro? Senza troppo rendermene conto, mi rendevo inadatto a seguirti. 
E tuttavia senza averti veduto, ti ho amato. 
Tu. mi ripetevi: vivi quel poco che hai capito del Vangelo. Annuncia la mia vita agli uomini. Accendi un fuoco sulla terra... Tu, seguimi... 
E, un giorno, l’ho capito : tu volevi la mia scelta senza ritorno.

(fonte: http://www.puntopace.net/)