mercoledì 19 agosto 2020

SULLE DISCOTECHE IL GOVERNO BALLA SULLE CONTRADDIZIONI di Alberto Pellai - Il partito della Libera Discoteca è la tragedia di un Paese dove il divertimento diventa un diritto costituzionale

SULLE DISCOTECHE IL GOVERNO BALLA SULLE CONTRADDIZIONI
di Alberto Pellai

Ha ragione Linus: non andavano mai aperte, ora è tutto più complicato. E i giovani hanno poche colpe 

 
Sono assolutamente d’accordo con quanto ha affermato Linus, ribadendolo anche in un’intervista pubblicata oggi da Repubblica: quest’anno le discoteche non si sarebbero dovute aprire. I ragazzi sanno farsene una ragione: sarebbe bastato dire loro in modo chiaro che quest’estate il codice del divertimento imponeva restrizioni e regole differenti da quelle degli anni scorsi. Hanno saputo adattarsi a ben altre restrizioni. Nel momento in cui una discoteca viene aperta, è impossibile immaginare che siano loro – i ragazzi - a distanziarsi in un luogo che per definizione impone vicinanza e contatto. Sarebbe come invitare cento diabetici a un buffet di soli dolci e dire loro che purtroppo dovranno stare a guardare, senza mangiare. Molto meglio invitarli a un pranzo dove il menù è costruito sulla base delle loro esigenze.

Non si può immaginare che siano i giovanissimi a darsi le regole. I giovanissimi le regole le possono rispettare, se gli adulti hanno chiaro in mente di quali regole vogliono essere propositori. In quest’estate così complessa c’è un continuo oscillare tra concetti e principi contraddittori. Andate tutti in vacanza, ma non state vicini. Andate tutti in discoteca, ma ballate distanziati. E’ la solita politica del capra e cavoli, già vista per altri contesti. Non giocate d’azzardo… e intanto lo si rende la più redditizia azienda del Paese. Non fumate tabacco e intanto ci guadagno i soldi del monopolio. Non vendete alcol ai minorenni e intanto rendo l’alcol accessibile in ogni luogo da loro frequentato.

No, non si può dire ai ragazzi: fate guadagnare chi gestisce il business delle discoteche però poi voi state seduti al tavolo. Non si può proprio dire. Preoccupiamoci delle scuole. I nostri figli, se potessero parlare a voce alta, sarebbero i primi a confermarci che una cosa per loro è certa: non fateci più vivere un anno di didattica a distanza. Più scuola e meno discoteche: la maggioranza la pensa così. Statene certi.
(fonte: Famiglia Cristiana 18/08/2020)


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Il partito della Libera Discoteca è la tragedia di un Paese dove il divertimento diventa un diritto costituzionale


Pure le riviste specializzate, DjMag Italia fra tutte, riconoscono che la chiusura delle discoteche era inevitabile e che semmai si è fatto male ad aprirle. Anche Ibiza, che sull’industria della notte ci campa, quest’anno ha scelto il Ferragosto light evitando il rischio di riaccendere le luci stroboscobiche e le piste. E tuttavia il partito della Libera Discoteca in Libero Stato si inalbera, si imbizzarrisce, vede nel lockdown della disco l’anticipazione di nuove svolte autoritarie, un assaggio di Bielorussia.

«Domani possono sospendere i comizi e dopodomani si possono ritardare le elezioni. Quando inizi a reprimere una libertà in nome di una emergenza non sai mai quasi finisci», dice Daniela Santanché. «Il governo cambia un’altra volta idea mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro, mentre il virus viene importato dall’estero. Un governo duro con gli italiani e morbido con i clandestini, non se ne può più», protesta Matteo Salvini.

Sappiamo da un pezzo che la disco, nell’abbecedario politico italiano, è catalogata nella colonna di destra, insieme alla vasca da bagno e alle Marlboro. Nei tempi in cui la musica contava qualcosa, la sinistra ascoltava Paolo Conte, la destra ballava con John Travolta.

Ma il partito della Libera Discoteca che oggi insorge sui social ha poco a che vedere con la vita notturna degli immigrati metropolitani alla Tony Manero, con i parquet scassati del 2001 Odissey di New York che nel ’77 ci indicarono la via d’uscita agli Anni di Piombo.

È piuttosto il partito educato dagli ideologhi del Billionaire e del Twiga, dello Smaila’s e del Papeete, i cui titolari hanno avuto un ruolo tutt’altro che collaterale nella definizione dell’estetica prima del berlusconismo e poi del sovranismo a trazione salviniana.

È il popolo che vive la mascherina come una museruola e le regole del distanziamento come esito di un misterioso complotto contro i suoi (potenziali) diritti, il suo (potenziale) stile di vita, la sua (potenziale) felicità.

Magari in discoteca non ci è mai andato, magari passa le vacanze al paese di nonna curando l’orto, magari chiama i carabinieri se qualcuno gioca a pallone sotto le sue finestre, ma che diamine: vai a vedere che adesso, volendo, non si può più neanche ballare insieme ai ricchi in Versilia o con i ragazzini ubriachi a Gallipoli.

«Me state a rovinà le vacanze», ha gridato il trentenne che sabato, alle cinque di mattina, ha menato un infermiere che, durante il soccorso a un infartato, ostruiva con la sua ambulanza la strada per il Just Cavalli di Porto Cervo.

Ecco, la frase potrebbe stare sulle T-shirt del partito della Libera Discoteca, strettamente imparentato col partito del Libero Treno Senza Mascherina, del Libero Vai-E-Torna dalla Croazia e dalla nuova Tortuga libertaria dell’Isola di Peg, dove ci si può ammassare sudati e sbronzi fino all’alba salvo poi lamentarsi perché, al rientro, il test ritarda, i medici sono in ferie, l’aeroporto sprovvisto di kit per i tamponi, e in Italia non funziona mai niente.

DgMag, la rivista internazionale dedicata alla musica elettronica e ai Dj di tutto il mondo, ieri ha riconosciuto con onestà che, se è ingiusto e fazioso indicare le discoteche come unici centri nevralgici della diffusione del virus, «è altrettanto ovvio che le discoteche, per natura, basano il loro successo sull’assembramento: una festa ben riuscita è una festa piena di gente che, insieme, celebra vita e musica».

Chi non lo sa, conclude la rivista «è sordo, cieco e muto, quindi complice»: meglio sarebbe stato, fin dall’inizio, adottare il modello della Germania che ha pagato le discoteche per rimanere chiuse, anziché concedere il contentino dell’apertura ferragostana seguita da serrata.

Tuttavia al partito della Libera Discoteca la razionalità non interessa.

«Vedremo se i giovani sapranno ribellarsi», mi scrive un contatto Fb che forse ha scambiato la battaglia del Billionaire per Praga ’68 o Tienanmen ’89, e la frase chiarisce l’equivoco di fondo, la tragedia culturale del momento: un’opinione pubblica almeno in parte convinta che ci stiamo giocando la libertà, non il benessere collettivo (e in qualche caso la vita) e che il diritto alla discoteca, ancorché non sancito dalla Costituzione, sia equiparabile al diritto alla scuola, al lavoro, alla salute.
(fonte: Linkiesta, articolo di Flavia Perina 18/08/2020)