ESPERIENZE DI CHIESA
Non un necrologio
ma un inno di ringraziamento a Dio
di MARCO PAPPALARDO
Don Baldassare Meli |
Signore non ti chiediamo perché ce lo hai tolto, ma ti ringraziamo per avercelo dato. I nostri occhi pieni di lacrime sono fissi nei tuoi pieni di luce. Color che amiamo e che abbiamo perduto, non sono più dov’erano, ma sono ovunque noi siamo.
Queste parole di Sant’Agostino illuminano il ricordo lasciato sui social da alcuni “figli spirituali” di Don Baldassare Meli, morto a Castelvetrano (TP) qualche giorno fa a causa di un tumore, accompagnato dall’affetto, dalla preghiera e dalla cura di tanti, soprattutto giovani che lo hanno incontrato particolarmente a Palermo e a Castelvetrano. Ha incarnato pienamente con i poveri e con i piccoli (migranti, bambini vittime di pedofili, ragazzi ai limiti della società) queste parole del Vangelo, che, ascoltate e proclamate chissà quante volte in vita, sono state quelle della liturgia della sua prima domenica in cielo:
Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.
E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa.
Ecco alcune testimonianze che valgono più di una cronaca:
«Colmare questo vuoto è impossibile per me. Lei che ha accudito i suoi giovani come se fosse un padre; l’unica cosa che noi possiamo dirle è “grazie”, per essere stato così disponibile, così generoso con tutti, non pretendendo nulla in cambio. Lei proprio come Don Bosco ha dedicato la sua vita a noi giovani. «Prendi in mano la tua vita e fanne un capolavoro». Questa è la frase che mi diceva sempre, elogiandomi ed incoraggiandomi ha realizzare i miei sogni. Non mi dimenticherò mai di lei e un giorno, quando riuscirò a realizzare i miei sogni, mi ricorderò queste parole… non dimenticherò mai i veri valori della vita e mi farò guidare verso la giusta strada!» (Claudia)
«Non so spiegare ciò che provo adesso, so solamente che se n’è andata una persona molto importante per me, colui che per dieci anni mi ha insegnato tanto… Mi ha insegnato ad amare, a perdonare gli altri, ad aiutare il prossimo, ad andare avanti dopo varie delusioni. C’è sempre stato per me e per la mia famiglia, nei momenti tristi ma anche in quelli belli. Mi mancherà tanto, ogni giorno e soprattutto il giorno del nostro compleanno. Le ultime parole che le ho detto sono state “le voglio tanto bene don” e lei mi ha salutato con un ultimo sorriso». (Alessia)
«È sempre stato un uomo di Dio e di Don Bosco. Un uomo buono, che non sapeva dire mai “no”, anche a costo di sbagliare e pigliare cantonate. Ma don Meli era fatto così. Si fidava, un po’ come Gesù. Per lui l’unica legge era quella del Vangelo, quella dell’accoglienza, quello del “dai da bere agli assetati e da mangiare agli affamati”, senza se e senza ma. Tutto il resto era accessorio, marginale. Contavano l’uomo e il suo bisogno. Chi bussava al portone e chiedeva aiuto veniva accolto. Si dormiva dove c’era posto, ci si aiutava come si poteva. Non diceva “no” a nessuno. Riusciva a trovare un posto per tutti. Ci ha trasmesso la passione per l’accoglienza, per la diversità.
Adesso don Meli è morto nel corpo, ma è vivo nell’anima». (Cinzia e Agostino)
«Non vedremo più il suo corpo tra noi, non ci nutriremo più del suo amore traboccante, non incroceremo il suo sorriso rassicurante, ma come tutti quelli che, durante la loro vita, hanno saputo amare senza troppe riserve interiori, muoiono solo nel corpo. Per essi c’è la certezza della salvezza promessa da Cristo e, nel suo caso, ne siamo sicuri un po’ tutti. Ma il miracolo più grande di questo “tipo” di amore è l’essere privo di spazio e di tempo, così da sopravvivere a chi lo ha donato e proseguire in quanti se ne sono nutriti». (Fabio)
(Fonte: VinoNuovo - 1 luglio 2020)
Piazza Santa Chiara ricorda don Meli
che salvò migranti e bambini a Palermo
Commemorazione all'aperto nel cuore dell'accoglienza a Ballarò, con i racconti di chi era al suo fianco nell'ambulatorio per i migranti e nella lotta al giro di pedofilia nel quartiere. Don Baldassare Meli si è spento a Castelvetrano il 27 giugno.
GUARDA IL VIDEO
Servizio RAI TGR Sicilia
- LA MORTE DI DON MELI, IL VIDEO DEL TRIBUTO IN PIAZZA SANTA CHIARA A PALERMO di Virginia Cataldi
La messa esequiale di don Baldassare Meli
Nella parrocchia Santa Lucia in Castelvetrano,
il Vescovo monsignor Domenico Mogavero
ha celebrato i funerali di don Baldassare Meli
GUARDA IL VIDEO
Ecco il testo integrale dell'omelia del vescovo monsignor Domenico Mogavero
(Castelvetrano - Chiesa di Santa Lucia, 29 giugno 2020)
2Tm 4,1-8 Gv 12,23-28
L’ora è venuta ed è questa che stiamo vivendo sotto la luce e la forza della Parola che abbiamo ascoltato e che ci conforta: l’ora della verità, l’ora in cui si svelano i pensieri dei cuori, l’ora in cui le parole devono avere un senso, l’ora in cui contano i fatti, l’ora in cui finalmente tentare di capire il senso della vita di don Baldassare Meli, di cogliere il valore del suo ministero, di raccogliere il testimone della sua eredità singolare, ricca e impegnativa. La parola del Maestro ci ha indicato le prospettive che devono illuminarci per entrare nel mistero di questa ora, che è esperienza visibile di morte, ma è rivelazione di gloria nello splendore della risurrezione, percepibile solo se si guarda nella fede al Crocifisso Risorto. Gesù non ha alcuna remora a parlare di morte, della sua morte già imminente, e a parlarne in una logica di necessità. Il suo messaggio è chiaro: il seme porta frutto solo se si fa sotterrare e muore. Se resta vivo, perde ogni senso e ogni apertura di futuro nella sua solitudine sterile e non è di giovamento ad alcuno. Gli rimane solo il godimento narcisistico di un’esistenza priva di slanci, senza aneliti, senza seguito, di cui nessuno si prende cura. E quando morrà, perché verrà anche quell’ora, nessuno si accorgerà che non c’è più, perché non ha cercato alcuna relazione e non ha prodotto alcunché di cui ci si possa vantare e gloriare; svanisce nel nulla senza lasciare memoria. Uscendo dal contesto della similitudine ed entrando nel vissuto, la Parola del Signore diventa più stringente e imperativa. Se guardi alla tua vita come a un tesoro geloso da custodire con furbizia e destrezza, cercando di galleggiare, di sopravvivere, di non pestare i piedi di chi ha potere, di non dispiacere chi può disporre del tuo presente, allora sei perduto. Chi invece è sempre pronto a dare la vita e a metterla in discussione senza la paura di apparire perdente di fronte al prepotente di turno, chiunque esso sia e a qualunque realtà appartenga, egli alla propria vita dà una audacia, una determinazione e una franchezza che gridano forte la sua vittoria dall’alto delle sue ricorrenti croci; e ciò nel tempo e nell’eternità. Infatti, quando arriva l’ora della verità - e la morte del giusto è l’ora della verità tersa e brillante - anche le pietre grideranno il mistero che tanti hanno custodito nel cuore per amore, o per timore; mentre il giusto ha vissuto in solitudine e nell’emarginazione sociale, circondato e sorretto soltanto dall’affetto puro e libero di quanti hanno continuato a volergli bene. Ebbene, nell’ora della verità si rivelerà ai molti la vera statura di chi non ha mai vissuto e operato per cercare il proprio tornaconto, ma per mettersi dalla parte di chi non ha voce, di chi non ha tutela, di chi non ha dove riporre la propria fiducia e la propria speranza. E solo allora sarà chiaro che chi ha scelto di perdere così la propria vita lo ha fatto per mettersi liberamente sotto la signoria del 2 Maestro, portando la propria croce e seguendolo da vero servo nella piena libertà dei figli di Dio e ricevendo onore solo dal Padre. Ecco perché l’ora della verità diventa l’ora della gloria, quella vera, quella incorruttibile. Penso che tante vicende e tanti momenti della vita di don Meli possono essere stati segnati dal dialogo/monologo di Gesù che abbiamo ascoltato dal racconto evangelico: «Adesso l'anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest'ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome. Venne allora una voce dal cielo: "L'ho glorificato e lo glorificherò ancora!"» (Gv 12,27-28). E come per il Signore Gesù la croce fu il suo trono di gloria, così anche per don Baldassare il letto della sua malattia e del suo dolore sono stati ultimamente la sua cattedra magisteriale ultima e definitiva da cui ha testimoniato la forza dell’abbraccio, del sorriso, del perdono; espressioni riassuntive del magistero di carità senza confini che ha professato per tutta la vita nei diversi luoghi dove ha vissuto - nella logica dell’incarnazione - il suo ministero presbiterale, ispirato al carisma di Don Bosco, abbracciato con scelta definitiva e irrevocabile, che nessuno ha mai potuto rimuovere dal suo cuore e dalla sua vita. E questo è anche il suo testamento che oggi consegna a questa Chiesa locale che lo ha accolto, amato, apprezzato e che affida con affetto speciale ai suoi giovani, che sono la sua eredità più bella e nei quali egli continuerà a vivere. Testamento che ha voluto esprimere con il testo paolino che ha voluto leggessimo nella sua messa di gloria. Ne riascoltiamo alcune parole particolarmente incisive con cui Paolo ammonisce il fedele discepolo Timoteo e che don Meli ha fatto sue: «annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento» (2Tm 4,2). Questo è stato il suo programma di vita apostolica, che non ha mai tradito, neanche - ad esempio - di fronte alle minacce e alle calunnie di chi non tollerava la sua difesa a oltranza dei piccoli violati dalla piaga esecrabile della pedofilia e l’accoglienza e la difesa degli immigrati e degli emarginati. E quando la malattia ha fermato il suo infaticabile ardore apostolico, allora ha capito che doveva dare alla sua vita una dimensione sacrificale di offerta, come Paolo: «Io infatti sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita» (2Tm 4,6). E ciò in una crescente consapevolezza che gli dato serenità e non gli ha fatto perdere il sorriso, mentre ripassava il percorso arduo della sua esistenza e si preparava al grande passo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà» (2Tm 4,7-8)
(Fonte: Diocesi di Mazara del Vallo)
Leggi anche l'articolo di Avvenire:
- A Castelvetrano l'ultimo addio a don Meli, il «prete dei bambini»