Ennio Morricone, il cardinale Ravasi:
“Un credente fedele ma creativo.
La musica era per lui ascolto e visione”
Il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ricorda il compositore al quale era legato da una lunga amicizia: «Dialogavamo su fede e oltre vita. Avrebbe voluto eseguire a San Pietro la messa composta per Papa Francesco, ma non ci riuscì»
«Se voi continuerete a commettere ingiustizie, Dio vi lascerà senza la musica». In questa frase di Cassiodoro, Ennio Morricone, il grande compositore romano scomparso oggi a 91 anni, vedeva sintetizzarsi la visione spirituale che impegnava tutta la sua opera musicale. «Per lui la musica era espressione non solo estetica ma anche etica», spiega il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Fu lui a far conoscere al leggendario maestro questa massima del senatore romano, divenuto poi monaco e fondatore della prima università cristiana in Calabria.
Con Morricone, Ravasi aveva stabilito nel corso del tempo un rapporto di amicizia e rispetto reciproco. Un rapporto fatto di incontri, quelli nella casa di fronte al Campidoglio dove il compositore, a quasi 85 anni e prima della brutta caduta che lo ha condotto alla morte, «continuava a fare ginnastica», o quelli durante i concerti, come l’evento di Natale ad Assisi o alla Fiera di Kielce in Polonia, in cui dirigeva orchestre «con grande energia».
Un rapporto fatto soprattutto di dialoghi, domande, confidenze. Sulla musica, certamente, di cui Ravasi - amico di innumerevoli artisti e direttori d’orchestra - è cultore, ma anche sui temi della fede: «La sua era un’umanità immediata. Amava molto ascoltare e anche un po’ provocare. Negli ultimi tempi era interessato ai temi dell’escatologia, forse sentiva che erano gli ultimi anni», racconta il cardinale a Vatican Insider.
Fu proprio il porporato a consegnare a Morricone, il 15 aprile 2019, durante la Settimana Santa, la Medaglia d’oro del Pontificato per «la sua testimonianza non solo di cultura ma anche di fede» a nome di Papa Francesco. Un Papa da cui il compositore si sentiva «attratto» tanto da aver composto per lui una Missa Papae Francisci. Commissionata dai gesuiti per celebrare il bicentenario della ricostituzione della Compagnia di Gesù, la eseguì nel 2015 nella Chiesa del Gesù, a Roma. «Ma il suo desiderio era che fosse eseguita dentro la basilica di San Pietro», spiega Ravasi. «Purtroppo non si riuscì: oltre ad essere una messa molto lunga, richiedeva un particolare contesto non della liturgia in senso stretto. Ci rimase un po’ male». Ennio Morricone ebbe modo però di incontrare il Papa argentino e mostrargli la partitura. In quell’occasione raccontò pure di aver pianto insieme al Pontefice.
Quella dedicata a Jorge Mario Bergoglio fu l’unica Messa composta da questo genio poliedrico, premio Oscar e autore di oltre 400 colonne sonore per film di generi diversi - da “C’era una volta il West” di Leone a “Nuovo Cinema Paradiso” e “Malena” di Tornatore fino all’ultimo “Hateful Eight” di Tarantino -, alcune così iconiche da aver superato la fama delle stesse pellicole. Il filo del “sacro” tuttavia ha accompagnato l’intera carriera di Morricone, emanazione di quella «dimensione spirituale» che ne ha permeato la vita e l’arte. Una spiritualità «sempre presente» nella sua scrittura, diceva egli stesso, indipendente dalla sua volontà.
«L’opera più significativa dal punto di vista religioso» fu indubbiamente la colonna sonora di “Mission”, il capolavoro di Roland Joffé del 1986, le cui note inconfondibili risuonano nelle orecchie di moltitudini di persone, di ogni latitudine e generazione. «Sentiva molto quel film», dice Ravasi, ricordando la passione che animava Morricone in qualsiasi cosa facesse. Anche alla Fiera di Kielce, in Polonia, dove aveva ricevuto un premio dato dalla Santa Sede a uomini di cultura, «diresse nell’Auditorium un oratorio per Giovanni Paolo II, un altro Pontefice al quale si sentiva molto legato, con una tale energia che rimasi impressionato».
«A suo modo Morricone è stato un credente. Un fedele ma creativo», afferma il cardinale. «Aveva ricevuto una formazione religiosa tradizionale, non tradizionalista, aveva una sensibilità particolare per la fedeltà alla liturgia ed era molto affezionato ad alcuni preti. Nonostante ciò aveva i suoi dubbi e amava provocare, soprattutto voleva affrontare certi temi durante dialoghi privati. Negli ultimi tempi discutevamo sulla concezione dell’oltre vita nel cristianesimo. Ha vissuto questi anni recenti con un riferimento a Dio, insieme alla moglie Maria molto credente».
Il cardinale Ravasi invitò Morricone ad intervenire durante una Plenaria del Dicastero della Cultura: «Erano presenti figure diverse da tutto il mondo. Lo conoscevano tutti, anche vescovi e consultori che non avevano diretti interessi musicali. D’altronde era capace di fare musica di qualità ma non troppo sofisticata da esigere una grammatica interpretativa particolare». «Ricordo - prosegue il porporato - il suo intervento così brillante, intenso, partecipe. Parlò del legame tra il vedere e l’ascoltare, la musica era per lui l’intreccio della visione e dell’ascolto. In questo senso la sua opera musicale è stata una grande espressione di spiritualità interiore».
In Vaticano, il premio Oscar aveva diretto nel 2016 il “Concerto con i poveri e per i poveri” con l’Orchestra Roma Sinfonietta e il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, facendo risuonare in Aula Paolo VI i suoi brani più celebri. Nel 2020 sarebbe dovuto tornare nello stesso luogo per un appuntamento speciale. Lo aveva annunciato lui stesso l’anno scorso, sorprendendo gli ammiratori che lo avevano accompagnato nell’addio alle scene a Lucca. «L’anno prossimo ci dovrebbe essere un concerto nell’Aula Nervi, in Vaticano. Non me lo ha chiesto il Papa, ma comunque non potevo dire di no», disse il compositore.
Quest’ultimo concerto non si terrà. Forse, come ha scritto sempre Ravasi in un tweet, sarà Dio ora ad assegnargli «l’incarico per qualche partitura da far eseguire ai cori angelici».
(fonte: Vatican Insider, articolo di Salvatore Cernuzio 6 Luglio 2020)