lunedì 6 aprile 2020

Testi delle meditazioni della VIA CRUCIS 2020 Presieduta dal Santo Padre FRANCESCO Venerdì Santo Piazza San Pietro, 10 aprile 2020

Testi delle meditazioni della VIA CRUCIS 2020 
Presieduta dal Santo Padre FRANCESCO 
Venerdì Santo Piazza San Pietro, 10 aprile 2020



Introduzione 

Le meditazioni della Via Crucis quest’anno sono proposte dalla cappellania della Casa di Reclusione “Due Palazzi” di Padova. 
Raccogliendo l’invito di Papa Francesco, quattordici persone hanno meditato sulla Passione di Nostro Signore Gesù Cristo rendendola attuale nelle loro esistenze. Tra loro figurano cinque persone detenute, una famiglia vittima per un reato di omicidio, la figlia di un uomo condannato alla pena dell’ergastolo, un’educatrice del carcere, un magistrato di sorveglianza, la madre di una persona detenuta, una catechista, un frate volontario, un agente di Polizia Penitenziaria e un sacerdote accusato e poi assolto definitivamente dalla giustizia dopo otto anni di processo ordinario. 
Accompagnare Cristo sulla Via della Croce, con la voce rauca della gente che abita il mondo delle carceri, è l’occasione per assistere al prodigioso duello tra la Vita e la Morte, scoprendo come i fili del bene si intreccino inevitabilmente con i fili del male. Contemplare il Calvario da dietro le sbarre è credere che un’intera vita si possa giocare in pochi istanti, com’è accaduto al buon ladrone. Basterà riempire quegli attimi di verità: il pentimento per la colpa commessa, la convinzione che la morte non è per sempre, la certezza che Cristo è l’innocente ingiustamente deriso. 
Tutto è possibile a chi crede, perché anche nel buio delle carceri risuona l’annuncio pieno di speranza: «Nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37). Se qualcuno gli stringerà la mano, l’uomo che è stato capace del crimine più orrendo potrà essere il protagonista della risurrezione più inattesa. Certi che anche quando il male e la sofferenza vengono narrati si può lasciare spazio alla redenzione, riconoscendo in mezzo al male il dinamismo del bene e dargli spazio (cfr. Messaggio del Santo Padre per la Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali 2020). 
È così che la Via Crucis diventa una Via Lucis. 
I testi, raccolti dal cappellano don Marco Pozza e dalla volontaria Tatiana Mario, sono stati scritti in prima persona, ma si è scelto di non mettere il nome: chi ha partecipato a questa meditazione ha voluto prestare la sua voce a tutti coloro che, nel mondo, condividono la stessa condizione. Stasera, nel silenzio delle prigioni, la voce di uno desidera diventare la voce di tutti.

Preghiamo 

O Dio, Padre onnipotente, che in Gesù Cristo tuo Figlio hai assunto le piaghe e i patimenti dell’umanità, oggi ho il coraggio di supplicarti, come il ladrone pentito: “Ricordati di me!” Sto qui, solo davanti a Te, nel buio di questo carcere, povero, nudo, affamato e disprezzato, e ti chiedo di versare sulle mie ferite l’olio del perdono e della consolazione e il vino d’una fraternità che rinsalda il cuore. Curami con la tua grazia e insegnami a sperare nella disperazione. Mio Signore e mio Dio, io credo, aiutami nella mia incredulità. Continua, Padre misericordioso, a confidare in me, a darmi una sempre nuova opportunità, ad abbracciarmi nel tuo infinito amore. Con il tuo aiuto e il dono dello Spirito Santo, anch’io sarò capace di riconoscerti e di servirti nei miei fratelli. Amen.

...

I stazione 
Gesù è condannato a morte 
* (Meditazione di una persona detenuta condannata all’ergastolo) 

Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere (Lc 23,20-25). 

Tante volte, nei tribunali e nei giornali, rimbomba quel grido: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». È un grido che ho sentito anche su di me: sono stato condannato, assieme a mio padre, alla pena dell’ergastolo. La mia crocifissione è iniziata quando ero bambino: se ci penso mi rivedo rannicchiato sul pulmino che mi portava a scuola, emarginato per la mia balbuzie, senza nessuna relazione. Ho iniziato a lavorare quando ero piccolo, senza poter studiare: l’ignoranza ha avuto la meglio sulla mia ingenuità. Il bullismo, poi, ha rubato sprazzi d’infanzia a quel bambino nato nella Calabria degli anni Settanta. Somiglio più a Barabba che a Cristo, eppure la condanna più feroce rimane quella della mia coscienza: di notte apro gli occhi e cerco disperatamente una luce che illumini la mia storia. 8 Quando, rinchiuso in cella, rileggo le pagine della Passione di Cristo, scoppio nel pianto: dopo ventinove anni di galera non ho ancora perduto la capacità di piangere, di vergognarmi della mia storia passata, del male compiuto.  ...


II stazione 
Gesù è caricato della croce 
* (Meditazione di due genitori ai quali hanno ammazzato una figlia) 

I soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo (Mc 15,16-20). 

In quell’estate orribile, la nostra vita di genitori è morta assieme a quella delle nostre due figlie. Una è stata ammazzata con l’amica del cuore dalla violenza cieca di un uomo senza pietà; l’altra, sopravvissuta per miracolo, è stata privata per sempre del suo sorriso. La nostra è stata una vita di sacrifici, fondata sul lavoro e sulla famiglia. Abbiamo insegnato ai nostri figli il rispetto per l’altro e il valore del servizio verso chi è più povero. Spesso ci chiediamo: “Perché proprio a noi questo male che ci ha travolto?”. Non troviamo pace. Neppure la giustizia, in cui abbiamo sempre creduto, è stata in grado di lenire le ferite più profonde: la nostra condanna alla sofferenza resterà fino alla fine ...


III stazione 
Gesù cade per la prima volta 
* (Meditazione di una persona detenuta) 

Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti (Is 53,4-6). 

È stata la prima volta che sono caduto, ma quella caduta è stata per me la morte: ho tolto la vita ad una persona. È bastato un giorno per passare da una vita irreprensibile a compiere un gesto nel quale è racchiusa la violazione di tutti i comandamenti. Mi sento la versione moderna del ladrone che a Cristo implora: «Ricordati di me!». Più che pentito, lo immagino come uno che è consapevole di essere sulla strada errata. Della mia infanzia ricordo l’ambiente freddo e ostile nel quale sono cresciuto: bastava scovare una fragilità nell’altro per tradurla in una forma di divertimento. Cercavo amici sinceri, volevo essere accettato per com’ero, senza riuscirci. ...


IV stazione 
Gesù incontra la Madre 
* (Meditazione della mamma di una persona detenuta) 

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé (Gv 19,25-27). 

Nemmeno per un istante ho provato la tentazione di abbandonare mio figlio di fronte alla sua condanna. Il giorno dell’arresto tutta la nostra vita è cambiata: l’intera famiglia è entrata in prigione con lui. Ancora oggi il giudizio della gente non si placa, è una lama affilata: le dita puntate contro tutti noi appesantiscono la sofferenza che già portiamo nel cuore. Le ferite crescono con il passare dei giorni, togliendoci persino il respiro. Avverto la vicinanza della Madonna: mi aiuta a non farmi schiacciare dalla disperazione, a sopportare le cattiverie. ...


V stazione 
Gesù viene aiutato dal Cireneo 
* (Meditazione di una persona detenuta) 

Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù (Lc 23,26). 

Con il mio mestiere ho aiutato generazioni di bambini a camminare diritti con la schiena. Un giorno, poi, mi sono trovato a terra. È stato come se mi avessero rotto la schiena: il mio lavoro è diventato l’appiglio per una condanna infamante. Sono entrato in carcere: il carcere è entrato a casa mia. Da allora sono diventato un randagio per la città: ho perso il mio nome, mi chiamano con quello del reato di cui la giustizia mi accusa, non sono più io il padrone della mia vita. Quando ci penso, mi ritorna alla mente quel bambino con le scarpe rotte, i piedi bagnati, i vestiti usati: ero io, un tempo, quel bambino. Poi, un giorno, l’arresto: tre uomini in divisa, un rigido protocollo, il carcere che mi inghiotte vivo nel suo cemento. La croce che mi hanno caricato sulle spalle è pesante. ...


VI stazione 
Veronica asciuga il volto di Gesù 
* (Meditazione di una catechista della parrocchia) 

Il mio cuore ripete il tuo invito: Cercate il mio volto!». Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo. Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi, Dio della mia salvezza (Sal 27, 8-9). 

Come catechista asciugo tante lacrime, lasciandole scorrere: non si possono arginare le piene di cuori straziati. Tante volte incontro uomini disperati che, nel buio della prigione, cercano un perché al male che sembra loro infinito. Queste lacrime hanno il sapore della sconfitta e della solitudine, del rimorso e della mancata comprensione. Spesso immagino Gesù in carcere al posto mio: come asciugherebbe quelle lacrime? Come placherebbe l’angoscia di questi uomini che non trovano una via d’uscita a ciò che sono diventati cedendo al male? ...


VII stazione 
Gesù cade per la seconda volta 
* (Meditazione di una persona detenuta) 

Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte (Lc 23,34). 

Quando passavo davanti a un carcere, mi voltavo dall’altra parte: “Tanto io non finirò mai là dentro”, dicevo tra me. Le volte che lo guardavo, respiravo malinconia e buio: mi sembrava di passare accanto a un cimitero di morti viventi. Un giorno, poi, sono finito io dietro le sbarre, assieme a mio fratello. Come se non bastasse, ho condotto lì dentro anche mio padre e mia madre. Da paese straniero qual era, il carcere è diventato la nostra casa: in una cella stavamo noi uomini, in un’altra nostra madre. Li guardavo, provavo vergogna di me: non me la sento più di chiamarmi uomo. Stanno invecchiando in prigione per colpa mia. Sono caduto a terra due volte. ...


VIII stazione 
Gesù incontra le donne di Gerusalemme 
* (Meditazione della figlia di un uomo condannato alla pena dell’ergastolo) 

Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: «Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato». Allora cominceranno a dire ai monti: «Cadete su di noi!», e alle colline: «Copriteci!» (Lc 23,27-30). 

Quante volte, come figlia di una persona detenuta, mi sono sentita rivolgere una domanda: “Lei è affezionata al papà: pensa mai al dolore che suo padre ha causato alle vittime?”. In tutti questi anni non mi sono mai sottratta alla risposta: “Certo, mi è impossibile non pensarci”, dico. Poi faccio anch’io loro una domanda: “Avete mai pensato che di tutte le vittime delle azioni di mio padre io sono stata la prima? Da ventotto anni sto scontando la pena di crescere senza padre”. Per tutti questi anni ho vissuto di rabbia, inquietudine, malinconia: la sua mancanza è sempre più pesante da sopportare. ...


IX stazione 
Gesù cade per la terza volta 
* (Meditazione di una persona detenuta) 

È bene per l’uomo portare un giogo nella sua giovinezza. Sieda costui solitario e resti in silenzio, poiché egli glielo impone. Ponga nella polvere la bocca, forse c’è ancora speranza. Porga a chi lo percuote la sua guancia, si sazi di umiliazioni. Poiché il Signore non respinge per sempre. Ma, se affligge, avrà anche pietà secondo il suo grande amore (Lam 3,27-32). 

Cadere a terra non è mai piacevole: cadere più e più volte, poi, oltre che non essere bello diventa anche una sorta di condanna, quasi che non si sia più capaci di restare in piedi. Come uomo sono caduto troppe volte: altrettante volte mi sono rialzato. In carcere ripenso spesso a quante volte un bambino cade a terra prima di imparare a camminare: mi sto convincendo che quelle siano le prove generali per quando si cadrà una volta diventati grandi. Da piccolo ho vissuto il carcere dentro casa: vivevo nell’angoscia della punizione, alternavo la tristezza degli adulti alla spensieratezza dei bambini. Di quegli anni ricordo suor Gabriella, l’unica immagine di festa: fu l’unica ad intravedere il meglio dentro il mio peggio. ...


X stazione 
Gesù è spogliato delle sue vesti 
* (Meditazione di un’educatrice del carcere) 

I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte (Gv 19, 23-24). 

Come educatrice penitenziaria vedo entrare in carcere l’uomo privato di tutto: viene spogliato di ogni dignità a causa delle colpe commesse, di ogni rispetto nei confronti di sé e degli altri. Ogni giorno mi accorgo che la sua autonomia viene meno dietro le sbarre: ha bisogno di me anche per scrivere una lettera. Sono queste le creature sospese che mi vengono affidate: degli uomini inermi, esasperati nella loro fragilità, spesso privi del necessario per comprendere il male commesso. A tratti, però, assomigliano a dei bambini appena partoriti che possono ancora essere plasmati. Percepisco che la loro vita può ricominciare in un’altra direzione, voltando definitivamente le spalle al male. Le mie forze, però, si affievoliscono giorno dopo giorno. ...


XI stazione 
Gesù è inchiodato alla croce 
* (Meditazione di un sacerdote accusato e poi assolto) 

Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte. Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,33-43). 

Cristo inchiodato alla croce. Quante volte, da prete, ho meditato su questa pagina di Vangelo. Quando poi, un giorno, mi hanno messo in croce, ho sentito tutto il peso di quel legno: l’accusa era fatta di parole dure come chiodi, la salita si è fatta ripida, il patimento si è inciso nella pelle. Il 28 momento più buio è stato vedere il mio nome appeso fuori dall’aula del tribunale: in quell’attimo ho capito di essere un uomo costretto a dimostrare la sua innocenza, senza essere un colpevole. Sono rimasto appeso in croce per dieci anni: è stata la mia via crucis popolata di faldoni, sospetti, accuse, ingiurie. Ogni volta, nei tribunali, cercavo il Crocifisso appeso: lo fissavo mentre la legge investigava sulla mia storia. La vergogna, per un istante, mi ha condotto al pensiero che sarebbe stato meglio farla finita. Poi, però, ho deciso di rimanere il prete che sono sempre stato. ...


XII stazione 
Gesù muore in croce 
* (Meditazione di un magistrato di sorveglianza) 

Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò (Lc 23, 44-46). 

Come magistrato di sorveglianza, non posso inchiodare un uomo, qualsiasi uomo, alla sua condanna: vorrebbe dire condannarlo una seconda volta. È necessario che l’uomo espii il male che ha commesso: non farlo significherebbe banalizzare i suoi reati, giustificare le azioni intollerabili da lui compiute che hanno arrecato ad altri sofferenza fisica e morale. Una vera giustizia, però, è possibile solo attraverso la misericordia che non inchioda per sempre l’uomo in croce: si offre come guida nell’aiutarlo a rialzarsi, insegnandogli a cogliere quel bene che, nonostante il male compiuto, non si spegne mai completamente nel suo cuore. Solo ritrovando la sua umanità, la persona condannata potrà riconoscerla nell’altro, nella vittima a cui ha provocato dolore. ...


XIII stazione 
Gesù è deposto dalla croce 
* (Meditazione di un frate volontario) 

Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, buono e giusto. Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatea, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto (Lc 23, 50-53). 

Le persone detenute sono, da sempre, i miei maestri. Da sessant’anni entro nelle carceri come frate volontario e ho sempre benedetto il giorno in cui, per la prima volta, ho incontrato questo mondo nascosto. In quegli sguardi ho compreso con chiarezza che avrei potuto esserci io al posto loro, qualora la mia vita avesse preso una direzione diversa. Noi cristiani cadiamo spesso nella lusinga di sentirci migliori degli altri, come se essere nella condizione di poterci occupare dei poveri ci permettesse una superiorità tale da ergerci a giudici degli altri, condannandoli tutte le volte che vogliamo, senza nessun appello. ...


XIV stazione 
Gesù è sepolto 
* (Meditazione di un agente di Polizia Penitenziaria) 

Era il giorno della Parasceve e già splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto (Lc 23,54-56). 

Nella mia missione di agente di Polizia Penitenziaria, ogni giorno tocco con mano la sofferenza di chi vive recluso. Non è facile confrontarsi con chi è stato vinto dal male e ha inferto ferite enormi ad altri uomini, complicando le loro esistenze. Eppure, in carcere, l’indifferenza crea ulteriori danni nella storia di chi ha fallito e sta pagando il proprio conto alla giustizia. Un collega, che mi è stato maestro, ripeteva spesso: “Il carcere ti trasforma: un uomo buono può diventare un uomo sadico. Un malvagio potrebbe diventare migliore”. Il risultato dipende anche da me e stringere i denti è essenziale per raggiungere l’obiettivo del nostro lavoro: dare un’altra possibilità a chi ha favorito il male ...