sabato 25 aprile 2020

25 APRILE - "Il male non è mai sconfitto del tutto. Quando non si sceglie con convinzione la via della pace e della giustizia siamo tutti più deboli e il mondo è in pericolo." don Matteo Zuppi, cardinale (VIDEO)

 25 APRILE 
"Il male non è mai sconfitto del tutto.
Quando non si sceglie con convinzione
 la via della pace  e della giustizia 
siamo  tutti più deboli e il mondo è in pericolo. ...
Dobbiamo scegliere l’arte 
della tenacia e dell’incontro
don Matteo Zuppi, cardinale 
e Arcivescovo di Bologna
  (VIDEO)


BOLOGNA – «Permettetemi, da questo luogo, di pregare per tutti i morti, come disse don Mazzolari: “indipendentemente dall’abito, dalla divisa e dalla parte stessa in cui si sono collocati. Sono tutte creature che hanno bisogno della misericordia di Dio, della nostra preghiera, del nostro affetto”».

Così l’arcivescovo Matteo Zuppi ha concluso l’omelia della Messa che ha celebrato nel Cimitero di guerra polacco a San Lazzaro di Savena. I soldati polacchi furono i primi militari alleati ad entrare a Bologna il 21 aprile 1945; questo cimitero, con 1432 tombe, è il più grande dei quattro dei soldati polacchi caduti in Italia e accoglie le spoglie dei militari che caddero combattendo per la liberazione della città.

«Da questi cimiteri di guerra – ha detto ancora l’arcivescovo – vogliamo recarci spiritualmente in pellegrinaggio in tutti i luoghi che custodiscono quanti hanno dato la vita per mettere fine al secondo conflitto mondiale. Il male non è mai sconfitto del tutto. Quando non si sceglie con convinzione la via della pace e della giustizia siamo tutti più deboli e il mondo è in pericolo. La desolazione di questo campo ci impone di non dimenticare il loro testamento di pace e di scegliere la vita di ogni persona e di scegliere l’arte della tenacia e dell’incontro. Siamo figli di un Dio che chiede a tutti di amare i nemici e di combattere il male con l’amore. La guerra è la pandemia perché scatena tutti i virus del male. Siamo qui ad ascoltare il testamento che ci lasciano».

(Fonte: sito diocesi)

Testo integrale:

Da questi cimiteri di guerra vogliamo recarci spiritualmente in pellegrinaggio in tutti i luoghi che custodiscono la memoria della sofferenza di quanti hanno dato la vita per la libertà e la giustizia, per mettere fine al terribile conflitto della seconda guerra mondiale. Qui sgorgano lacrime, pensando a quanto dolore quell’immane conflitto ha prodotto e al prezzo della conquista della libertà, monito a non sprecarla. Conserviamo l’orrore di tanta vita che l’idolatria pagana e le ideologie degli uomini hanno sacrificato.

Davvero la domanda è: dov’era finito l’uomo? Imparerà da queste lezioni severe e tragiche? E quando sentiamo parlare della “terza guerra mondiale a pezzi” e siamo aiutati a capire i tantissimi conflitti che si perpetrano sotto i nostri occhi, spesso dimenticati, ci interroghiamo dove sta l’uomo, dove sto io. Non possiamo accettare che oggi tante persone muoiano nell’indifferenza. E spesso non possiamo dire che non sapevamo!

La festa della liberazione ha avuto un prezzo terribile. Misurare il piccolo, ci aiuta a capire il grande. Basta leggere l’età di questi ragazzi, immaginare i loro volti, le loro storie, i loro affetti, i loro sogni, insomma ascoltare il testamento che ci lasciano. Le frasi, commoventi, scolpite sulle croci del cimitero inglese, dedicate da qualche familiare che piangeva e che ha pianto tutta la vita a quel suo amato che per lui era tutto mentre per gli altri era solo un numero.

Il male non è mai sconfitto del tutto e se non si sceglie con convinzione, come obbligo, la via della pace e della giustizia, quella della solidarietà, se gli interessi individuali o di nazione sono divergenti da quelli del nostro prossimo, se si è attenti non a cosa è meglio fare per tutti ma solo a quello che mi conviene, se accettiamo come normale che i semi dell’odio crescano nel linguaggio e nei comportamenti, siamo tutti più deboli e il mondo è in pericolo.

La desolazione di questo campo e di tutti i luoghi di sofferenza, di tortura, di uccisione, ci impone di non dimenticare il loro testamento di pace e di scegliere di difendere la vita di ogni persona, di contrastare l’incapacità a parlare percorrendo con intelligenza e tenacia l’arte del dialogo e dell’incontro. Non permettiamo che nessuna ideologia o fanatismo confonda tanto da arrivare a giustificare la violenza che rende l’altro un oggetto, un nemico perché non si è più capaci di riconoscere in lui un fratello, anzi, “il” mio fratello.

Siamo figli di un Dio che chiede a tutti di amare i nemici e di combattere il male con l’amore. Siamo eredi di un umanesimo che da questo insegnamento è sorto e che ci permette, se lo sappiamo usare e difendere, di affrontare tutte le sfide dei cambiamenti di epoca, senza arretrare da questa visione che è l’unica che ci può offrire risposte efficaci alle avversità. In queste settimane abbiamo combattuto contro una pandemia. Ma la guerra è sempre una pandemia, è la pandemia, perché scatena tutti i virus del male e perché l’umanità tutta viene sconfitta e messa in pericolo. Anche per questo scegliamo di essere migliori, di liberare il nostro cuore dai virus che lo paralizzano e lo deformano, per gettare semi di amore e riparare il mondo casa comune che Dio ci ha affidato.

L’apostolo ci offre un’indicazione molto concreta: rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, cioè: mettetevi a livello dell’altro, non credetevi superiori, non giudicatelo disprezzandolo, non pronunciate parole che l’orgoglio e la presunzione suggeriscono. Davanti a questa desolazione, come nella pandemia, capiamo che siamo tutti umili, vulnerabili, esposti alla caducità. L’umile, però, non significa debole o mediocre, anzi è davvero forte, perché scopre in sé quello che lo rende grande, l’immagine che Dio ha impresso in ognuno. In tutti. L’umile combatte contro il male, capisce che siamo tutti sulla stessa barca, non si salva da solo ma cerca di aiutare il prossimo. Il grande scappa o si arrende subito al male, perché non sa resistere, perché ama se stesso e difende la sua considerazione.

Davanti a questa memoria, a queste croci che sono ognuna un pezzo della croce di Cristo, scegliamo di essere sobri, cioè non storditi dall’egocentrismo, narcotizzati da presunzioni e dipendenze, illusi dalla nostra forza che ci fa credere tutto possibile, che fa consumare tutto per sé e non essere mai contenti. La pandemia ci ha rivelato quanto è decisivo che ognuno combatta contro il male e ogni seme di divisione.

Per questo “Vegliate, il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare”. Veglia chi ama, chi non ha tempo da perdere perché l’amore riempie di preoccupazioni e ha fretta, perché ha capito che il male è un leone e vuole difendere l’amato. Veglia chi aspetta qualcuno perché lo desidera, chi non può addormentarsi perché difende la vita sua e delle persone che ama, chi vuole che la vita non sia dispersa per nessuno.

L’unico nemico del cristiano, il vero nemico dell’uomo, è il diavolo, che abbiamo capito quello che non credevamo così vero, che va in giro alla ricerca di divorare la vita. L’uomo dobbiamo difenderlo dal diavolo e lo possiamo fare solo come fa Dio, amandolo, riconoscendo sempre la sua umanità e aiutandolo a ritrovarla se l’ha smarrita, guardando con speranza e non cedendo mai alla logica di morte, alle ideologie pagane e disumane che tolgono valore alla vita.

La nostra scelta di fronte al combattimento per il futuro del mondo intero è seguire Gesù, comunicare e vivere il suo Vangelo, scriverlo con la nostra vita, con l’inchiostro del suo amore e del nostro cuore. Chi lo ama scaccia i demoni delle divisioni, dell’intolleranza, dell’inimicizia, del razzismo, dell’indifferenza. Chi ama Gesù parla la lingua nuova, quella che tutti comprendono, la lingua di Abele. Diceva don Primo Mazzolari che i linguaggi umani sono soltanto due: quello di Caino e quello di Abele.

Quello di Caino può essere parlato in tutte le lingue, quello di Abele deve essere parlato in tutte le lingue perché è l’unico linguaggio che è capito non soltanto nell’altro mondo ma anche in questo mondo, linguaggio di fraternità, di perdono, di misericordia. L’Europa nasce proprio da questa consapevolezza L’alternativa è solo l’egoismo degli interessi particolari e la tentazione di un ritorno al passato, con il rischio di mettere a dura prova la convivenza pacifica e lo sviluppo delle prossime generazioni. Preghiamo perché l’Europa riparta dalle sue radici, cerchi e difenda l’unità fraterna che hanno sognato i padri fondatori, quelli che raccolsero il testamento di quanti hanno perso la vita nella guerra e sapevano bene di essere dei sopravvissuti. E per questo volevano fare sopravvivere.

Permettetemi, infine, oggi di pregare per tutti i morti, “indipendentemente dall’abito, dalla divisa e dalla parte stessa in cui si sono collocati: sono tutte creature che hanno bisogno della misericordia di Dio, della nostra preghiera, del nostro affetto. In Italia e nel mondo non ci devono essere più degli avversari, molto meno dei nemici. Siamo tutti della povera gente che ha bisogno, ad un certo momento, non di buttare all’aria le lune artificiali, ma di guardare come si fanno i ponti, per impedire le divisioni tra gli uomini, gli odi fra gli uomini, per vedere se possiamo fare che la guerra non torni mai più perché la guerra, anche se non è combattuta fra gente della stessa lingua, dello stesso sangue, della stessa tradizione e della stessa religione, è sempre un fratricidio”, scriveva sempre don Primo Mazzolari.

Si, preghiamo per tutte le vittime, guardiamo umilmente come si costruiscono i ponti, ascoltiamo Gesù che è il ponte che unisce ogni uomo. Scegliamo di essere ciascuno di noi ponte con il prossimo, in una fraternità universale. E come è successo per il Covid19 capiamo che ognuno di noi è responsabile di suo fratello e di se stesso. Non più “sono forse io custode di mio fratello?”, non più “a me che importa”. Umili operatori di pace e di giustizia, che non si stancano di costruire ponti.

Riceviamo tutti una consegna da questi morti: essere custodi di pace. Come disse Paolo VI: Facciamo nostra la voce dei morti e dei vivi; dei morti, caduti nelle guerre passate sognando la concordia e la pace del mondo; dei vivi, dei poveri, dei diseredati, dei sofferenti, degli anelanti alla giustizia, alla dignità della vita, alla libertà, al benessere e al progresso. Non gli uni contro gli altri, non più, non mai! Non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell’intera umanità!

O Signore, tu conosci i volti e i nomi di ogni vittima della guerra e di ogni violenza che questa ha prodotto. Per te nessuno è ignoto. Gesù, ucciso per mano d’uomo, hai sconfitto il principe del male, che divide e nasconde al fratello il volto del fratello. Signore Dio di pace, apri i nostri occhi e i nostri cuori!

Rendi ognuno di noi artigiano di pace con la nostra vita, senza arrenderci mai all’inimicizia, al non saperci parlare, ad avere paura di affrontarlo. Insegnaci a scegliere sempre la via della riconciliazione, chiedendo e dando perdono, togliendo dai nostri cuori e da quelli del prossimo il seme dell’odio e dell’intolleranza. Insegnaci a riconoscere il dono che sempre è ogni fratello, a guardare senza malizia e pregiudizio, ad essere umili per gettare nel mondo semi di amore. Insegnaci a imparare a vivere senza violenza, a fare tesoro del testamento di quanti hanno dato la vita per noi e hanno perso la vita a causa della guerra. Trasforma le lance in falci. Interrompi lo scandalo del traffico della armi. Disarma la lingua e le mani. Rinnova i cuori e le menti.

Che la parola che ci fa incontrare sia sempre “fratello”, shalom, pace, salam! Amen



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Omelia integrale 

Avviso: post aggiornato il 26.04.2020 alle ore 12.30