mercoledì 5 febbraio 2020

Torniamo alle virtù o siamo perduti - intervista a Stefano Zamagni

Torniamo alle virtù o siamo perduti 
intervista a Stefano Zamagni
di Paolo Foschini

La Civil Week che avrà luogo a Milano dal 5 all’8 marzo sarà presentata in anteprima alle 18 di oggi 5 febbraio, nella Sala Buzzati del Corriere, col titolo invito «Vieni anche tu alla Civil Week»
La prima kermesse italiana dedicata alla «cittadinanza attiva» partirà il 5 marzo al Teatro Dal Verme con l’arcivescovo Mario Delpini, il sindaco Beppe Sala, il governatore lombardo Attilio Fontana, la presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia .



Lo dice con quel suo accento allegro che nel mondo del Terzo settore rende il professor Stefano Zamagni inconfondibile da una vita: «Certo che era necessaria, una week dedicata alle virtù civili, alla cittadinanza attiva, in definitiva alle persone. E per almeno tre ragioni».

Ne anticipi una.
«Per riallacciare i fili, le corde dei legami sociali che sono state tagliate.
Perché o si riallacciano oppure, semplicemente, siamo perduti».

Il tono resta quello di cui sopra, Zamagni non è un tipo apocalittico. E anzi la sua è l' analisi di chi, se come docente di economia politica conosce bene il disincanto del reale, come presidente storico dell' Agenzia per il Terzo settore (fino a quando è esistita) nonché (tuttora) di molte altre cose tra cui la Pontificia accademia delle scienze sociali sa altrettanto bene tutte le potenzialità che i termini «sociale» e «civile» contengono. «E ora vanno tirate fuori con forza», ripete: a maggior ragione ora, quando manca un mese alla Civil Week nazionale che avrà luogo a Milano dal 5 all' 8 marzo: del cui comitato promotore Zamagni fa parte in prima persona.

Ricominciamo. Perché «Civil»?
«Intanto perché la categoria del civile, quella che oggi chiamiamo appunto cittadinanza attiva, appartiene alla tradizione culturale italiana.
Per esempio quella della Milano settecentesca di Pietro Verri: dove economia civile voleva dire che una economia può evolvere solo se coinvolge l' intera comunità».

Far star meglio tutti rendendo tutti partecipi: pare impossibile non essere d' accordo. Eppure...
«Per tanto tempo si è pensato che il progresso economico dipendesse dalla produzione di merci e basta, indipendentemente dal contesto.
Ora è diventato a tutti chiaro che il progresso economico non può prescindere dai luoghi, non come spazi geografici ma come contesti culturali. Le imprese di una volta erano tende del deserto, che potevano essere piantate oggi qui e domani là, mentre le imprese di oggi sono come le piramidi: parte del luogo.
Quindi della gente».

E l' Italia come è messa?
«Ho già detto che parlare di civil week significa proprio, per prima cosa, recuperare la parte più interessante della tradizione italiana. Il concetto stesso di città è nato in Italia nel dodicesimo secolo. Con la piazza. Sulla quale si affacciavano tutti i protagonisti della società: la Cattedrale per lo spirito, il Municipio per l' amministrazione, la Loggia dei mercanti per il commercio e le confraternite per la società civile».

Torniamo lì: come stanno il senso civico e la società civile d'Italia?
«E io ripeto: l' Italia deve recuperare la sua tradizione. In tre direzioni. La prima è quella di capire che, anche nella odierna società dell' intelligenza artificiale, non basta inventare.
L' invenzione va tradotta in innovazione, cioè va messa al servizio degli altri. Il che può avvenire solo grazie al civile, cioè al senso civico. Ecco il punto: noi italiani siamo bravissimi nell' invenzione, ma un disastro nell' innovazione».

La seconda direzione?
«È quella cui accennavo all' inizio: coesione sociale. Che è un concetto preciso: la coesione è formata da corde, e corda era il termine latino per fides , fiducia, senza la quale non c' è società. Promuovere una Civil Week vuol dire riaffermare la necessità di riallacciare le corde tagliate».

E si può fare con una Civil Week?
«Una Civil Week può indicare la strada. Che è il terzo fattore e che si chiama progetto educativo. Una informazione superficiale tende oggi a confondere i concetti di istruzione e educazione, in realtà opposti. Con l' istruzione "mettiamo dentro" alla testa di un giovane nozioni e informazioni mentre educazione, da ex-ducere, vuol dire "tirare fuori": siamo bravi a riempirli di tante cose ma non a tirare fuori dalla loro testa così istruita la capacità di agire».

Cioè la «cittadinanza attiva».
«Appunto. Il proposito della Civil Week è quello di rimettere in circolo una parola, la "conazione", che è la crasi di conoscenza e azione: la conoscenza è legata all' istruzione, ma l' azione presuppone la volontà».

E la volontà come si esercita? 
«Con la pratica delle virtù. Come il coraggio, la resilienza (che una volta si chiamava fortezza), la prudenza. Di questo deve tornare a parlare il nostro sistema scolastico».

La scuola italiana non le insegna?
«Non solo non lo fa: oggi lo vieta. Se un professore ci prova lo accusano di "far politica". Tutti a parole dicono di volerla, l' educazione. Ma poiché non si fidano gli uni degli altri preferiscono far senza. E senza fiducia, come dicevo, non c' è società». 

La Civil Week di Milano però racconterà, con oltre 400 eventi, una Italia che la fiducia ce l' ha.
«Non c' è dubbio. Perché la parte positiva esiste, ed è importante farla vedere. Se non altro per mettere una pulce nell' orecchio agli altri».

(Fonte: Corriere della Sera - 04.02.2020)