giovedì 5 dicembre 2019

CLIMA - COP25 A MADRID: GUTERRES: "SCELTA È TRA SPERANZA O CAPITOLAZIONE"

CLIMA - COP25 A MADRID

GUTERRES, SEGRETARIO GENERALE ONU: 
"SCELTA È TRA SPERANZA O CAPITOLAZIONE"

Papa Francesco:  “resta una finestra di opportunità” 
per limitare il riscaldamento globale,
 “ma dobbiamo fare in modo che non venga chiusa”

"L'umanità, che sta subendo le conseguenze dei cambiamenti climatici, deve scegliere tra la "speranza" di un mondo migliore agendo ora o 'la capitolazione' ". Lo ha dichiarato il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres all'apertura della COP25 a Madrid. "Vogliamo davvero restare nella storia come generazione di struzzi, che passeggiava mentre il mondo bruciava?", ha aggiunto il segretario parlando davanti ai rappresentanti dei circa 200 paesi firmatari dell'accordo di Parigi, tra cui circa 40 capi di stato e di governo. Il mondo è un punto di "svolta" e "tra ora e la fine del prossimo decennio saremo su una di queste due vie: una è quella della capitolazione, dove come sonnambuli avremo superato il punto di non ritorno, mettendo in pericolo la salute e la sicurezza di tutti gli abitanti di questo pianeta", ha affermato Guterres. "L'altra opzione è la via della speranza. Un cammino di risoluzione e di soluzioni durevoli. Un cammino in cui le energie fossili restano dà dove dovrebbero essere, nel sottosuolo, e in cui arriveremo alla neutralità carbonica entro il 2050", ha proseguito il segretario generale delle Nazioni unite, chiedendo che si metta fine alla "dipendenza dal carbone". Sottolineando la propria "frustrazione" di fronte alla lentezza dei cambiamenti, ha ripetuto la sua richiesta ad agire in modo radicale e urgente: l'accordo di Parigi del 2015 è stato una "promessa solenne" ai popoli del mondo intero, ha proseguito. 

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Servizio TG2000

Madrid, al via Cop25
di Marinella Correggia

«La specie umana ha fatto guerra al pianeta. Adesso il pianeta risponde. I cambiamenti climatici, da crisi sono diventati emergenza climatica globale (…) Finora gli sforzi sono stati gravemente inadeguati (…) Ci troviamo in una fossa e continuiamo a scavare (…) Siamo vicini al punto di non ritorno (…) Il mondo deve scegliere fra speranza e capitolazione»: così si è espresso il segretario generale delle Nazioni unite, Antonio Guterres, all’apertura della Cop25, il vertice intergovernativo – «conferenza delle parti» – sul clima apertosi ieri a Madrid con 196 delegazioni (50 i capi di Stato), firmatarie dell’accordo di Parigi raggiunto nel 2015 alla Cop21. La prima Conferenza delle parti della Convenzione Onu sui cambiamenti climatici si tenne nel 1995, mentre celebra i quarant’anni la prima Conferenza Onu su quella che nel frattempo è diventata l’urgenza più pressante dei nostri tempi.

Guterres ha anticipato il rapporto della Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) secondo la quale gli ultimi cinque anni sono i più caldi mai registrati e i livelli medi di anidride carbonica in atmosfera hanno superato le 407,8 parti per milione. Davanti a conseguenze devastanti, come «disastri naturali sempre più frequenti e distruttivi, siccità e gli uragani, aumento del livello dei mari, scioglimento delle calotte polari, perdita di biodiversità», Guterres ha dichiarato che «abbiamo bisogno di cambiare rapidamente il modo di produrre, di generare energia, di costruire le città, di muoverci e di alimentare il mondo».

Del resto, «i segni di speranza si moltiplicano: le tecnologie esistono, l’opinione pubblica si è risvegliata dovunque, i giovani stanno mostrando grandi capacità di mobilitazione, sempre più città e imprese si impegnano sull’obiettivo di 1,5° C ma quello che manca è la volontà politica: imporre un prezzo al carbonio, eliminare i sussidi ai combustibili fossili, chiudere le centrali a carbone entro il 2020, passare dalle tasse sul reddito alla carbon tax, puntare sulle energie rinnovabili e su soluzioni naturali»; e pensare alla «dimensione sociale, prevedendo una giusta transizione occupazione dalla economia grigia a quella verde».

Una svolta a 180 gradi è necessaria se vogliamo contenere entro 1,5° C l’aumento della temperatura rispetto all’epoca preindustriale, obiettivo imprescindibile anche se forse non sufficiente. «La comunità scientifica ci dice che l’obiettivo 1,5° C è tuttora realistico», ha detto il segretario generale. Ma questo significa ridurre le emissioni di gas serra del 45% rispetto ai livelli del 2010 entro il 2030, e raggiungere zero emissioni nette entro il 2050.

Certo, fa sapere il recentissimo Emissions Gap Report del Programma Onu per l’ambiente (Unep), anche se tutti gli impegni incondizionati presi dagli Stati con l’Accordo di Parigi del 2015 fossero mantenuti, la temperatura aumenterebbe di catastrofici 3,2° C. È imperativo dunque quintuplicare gli sforzi.

Il 2020 sarà un anno cruciale. Alla Cop26, a Glasgow, l’accordo di Parigi diventerà pienamente operativo e i paesi dovranno aver elaborato nuovi piani nazionali (Nationally Determined Contributions), molto più ambiziosi degli attuali. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha annunciato a Madrid che fra pochi giorni la Commissione pubblicherà il suo nuovo piano ambientale, il Green Deal europeo, e a marzo 2020 «una proposta per una legge di transizione irreversibile verso la neutralità climatica». Occorrerà un trilione di euro nei prossimi dieci anni. «Ma ci costerà di più se non agiremo ora».

Sul piatto alla Cop25 di Madrid ci sono temi cruciali come l’adattamento, la trasparenza, la finanza, la questione indigena, gli oceani, le foreste, gli indennizzi. A proposito: Guterres ha ricordato la necessità di investire 100 miliardi di dollari per i programmi di mitigazione e adattamento nei paesi in via di sviluppo, in nome dell’equità. La voce dei piccoli Stati insulari del Pacifico, vicini a inabissarsi, si è levata ancora una volta: «Lottiamo per non morire e rifiutiamo di fuggire», ha detto Hilda Heine, presidente delle Isole Marshall, mentre la stessa capitale Majuro è investita dalle maree.
Intanto un nuovo rapporto di Oxfam ricorda che le migrazioni forzate a causa di eventi legati al clima negli ultimi 10 anni sono aumentate di 5 volte e hanno costretto oltre 20 milioni di persone ogni anno a lasciare le proprie case per trovare salvezza altrove

(Fonte: Il Manifesto - 03.12.2019)

Leggi anche:
- Clima, la Terra verso un aumento di temperatura di 3.2 gradi. L'Onu: "Non si può più aspettare"   

Papa Francesco: messaggio alla Cop 25, 
“resta una finestra di opportunità” per limitare il riscaldamento globale,
 “ma dobbiamo fare in modo che non venga chiusa”

A Sua Eccellenza 
la Signora Carolina Schmidt, 
Ministro dell’Ambiente del Cile, 
Presidente della cop25, 
Venticinquesima Sessione 
della Conferenza degli Stati Parte 
della Convenzione quadro 
delle Nazioni Unite 
sul cambiamento climatico 

(Madrid, 2-13 dicembre 2019) 

Il 12 dicembre 2015 la Cop21 ha adottato l’Accordo di Parigi, la cui attuazione «richiederà un corale impegno e una generosa dedizione da parte di ciascuno» (1).

La sua rapida entrata in vigore, in meno di un anno, e i numerosi incontri e dibattiti tesi a riflettere su una delle principali sfide per l’umanità 2), quella del cambiamento climatico, e a identificare i modi migliori per attuare l’Accordo di Parigi, hanno mostrato una crescente consapevolezza, da parte dei diversi attori della comunità internazionale, dell’importanza e della necessità di «collaborare per costruire la nostra casa comune» (3).

Purtroppo, dopo quattro anni, dobbiamo ammettere che questa consapevolezza è ancora piuttosto debole, incapace di rispondere adeguatamente a quel forte senso di urgenza di un’azione rapida auspicata dai dati scientifici a nostra disposizione, come quelli descritti dai recenti Rapporti Speciali della Commissione Intergovernativa sui Cambiamenti Climatici (IPCC) (4). Tali studi mostrano come gli impegni attuali presi dagli Stati per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico sono molto lontani da quelli effettivamente necessari per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi.

Essi dimostrano quanto le parole siano lontane dalle azioni concrete!

Attualmente c’è un crescente consenso sulla necessità di promuovere processi di transizione, come anche una trasformazione del nostro modello di sviluppo, per incoraggiare la solidarietà e rafforzare i forti vincoli tra la lotta contro il cambiamento climatico e la povertà. Questo è dimostrato ulteriormente dalle numerose iniziative attuate o in corso, da parte non solo di Governi ma anche di comunità locali, settore privato, società civile e individui. Rimane, tuttavia, grande preoccupazione circa la capacità di tali processi di rispettare i tempi richiesti dalla scienza, nonché riguardo alla distribuzione dei costi che essi richiedono.

Da questa prospettiva dobbiamo domandarci seriamente se c’è la volontà politica di destinare con onestà, responsabilità e coraggio più risorse umane, finanziarie e tecnologiche per mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico, nonché per aiutare le popolazioni più povere e vulnerabili che ne sono maggiormente colpite (5).

Numerosi studi ci dicono che è ancora possibile limitare il riscaldamento globale. Per farlo, abbiamo bisogno di una volontà politica chiara, lungimirante e forte, tesa a perseguire un nuovo corso volto a reindirizzare gli investimenti finanziari ed economici verso quelle aree che davvero salvaguardano le condizioni di una vita degna dell’umanità in un pianeta “sano” per oggi e per domani.

Tutto questo ci invita a riflettere coscienziosamente sul significato dei nostri modelli di consumo e di produzione e sui processi di educazione e sensibilizzazione per renderli coerenti con la dignità umana.

Stiamo affrontando una “sfida di civiltà” a favore del bene comune e di un cambiamento di prospettiva che ponga quella stessa dignità al centro della nostra azione, chiaramente espressa dal “volto umano” delle emergenze climatiche. Rimane uno spiraglio di opportunità, ma non dobbiamo permettere che si chiuda. Dobbiamo approfittare di questa occasione attraverso le nostre azioni responsabili in campo economico, tecnologico, sociale ed educativo, ben sapendo come le nostre azioni siano interdipendenti.

I giovani, oggi, mostrano una maggiore sensibilità verso i complessi problemi che nascono da questa “emergenza”. Non dobbiamo porre sulle prossime generazioni il fardello di farsi carico dei problemi causati da quelle precedenti. Invece, dobbiamo dare loro l’opportunità di ricordare la nostra generazione come quella che ha rinnovato e agito — con consapevolezza onesta, responsabile e coraggiosa — sulla necessità fondamentale di collaborare al fine di preservare e coltivare la nostra casa comune. Che possiamo offrire alla prossima generazione motivi di speranza e adoperarci per un futuro buono e dignitoso! Spero che questo spirito animi il lavoro della Cop25, a cui auguro ogni successo.

Riceva, Signora, i miei più calorosi e cordiali saluti.

Dal Vaticano, 1° dicembre 2019

Francesco

1) Parole pronunciate dopo l’Angelus, 13 dicembre 2015.
2) Cfr. Laudato si’, n. 25.
3) Cfr. Laudato si’, n. 13; cfr. Messaggio alla Cop23, Marrakech, 10 novembre 2016.
4) Cfr. IPCC: Sommario per i Decisori politici del Rapporto speciale sugli impatti del riscaldamento globale di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali e sugli andamenti correlati delle emissioni globali di gas serra, nel contesto di un rafforzamento della risposta globale alla minaccia dei cambiamenti climatici, dello sviluppo sostenibile e degli sforzi per debellare la povertà., 6 ottobre 2018; ipcc: Sommario per i Decisori politici della Relazione speciale su cambiamenti climatici, desertificazione, degrado del suolo, gestione sostenibile del territorio, sicurezza alimentare e flussi dei gas ad effetto serra negli ecosistemi terrestri, 7 agosto 2019; ipcc: Sommario per i Decisori politici del Rapporto speciale su Oceano e Criosfera in un clima che cambia, 24 settembre 2019.

5) Cfr. Papa Francesco, Videomessaggio in occasione del Climate Action Summit, New York, 23 settembre 2019