lunedì 25 novembre 2019

Giornata contro la violenza sulle donne: la piazza, i colori e quel cammino partito 24 anni fa di Dacia Maraini

Giornata contro la violenza sulle donne: 
la piazza, i colori e quel cammino partito 24 anni fa
di Dacia Maraini


Libere in piazza contro ogni violenza: così hanno manifestato sabato a Roma migliaia di donne. È stato un piacere vederle manifestare: in modo pacifico ma appassionato. Perché quei valori appartengono all’umanità intera



È un piacere vedere oggi tante donne per strada a manifestare. Giovani ragazze convinte dei propri diritti, madri che escono con orgoglio dalle case, nonne che si portano dietro i nipotini. Sono manifestazioni pacifiche ma gremite e appassionate. D’altronde ricordiamolo, i femminismi degli anni 70, ma anche il movimento per il voto dell’Ottocento, si sono sempre espressi con manifestazioni pacifiche. Eppure hanno avuto il potere di cambiare le leggi fondamentali di molti Paesi, nonché i costumi abituali di secoli. Nel nostro Paese il femminismo ha capovolto le leggi fondamentali della famiglia, della maternità, del rapporto fra i sessi, della parità di fronte al lavoro, dell’accesso a tutte le professioni, stravolgendo i vecchi codici ancora basati sulle legislazioni prima romane, poi paoline, poi napoleoniche e infine quelle stabilite dal guardasigilli mussoliniano Rocco. (Qui le foto della manifestazione di ieri a Roma)

Offese ingiustificabili
Coloro che oggi insultano e ridicolizzano Greta Thunberg l’ondata di entusiasmo collettivo, sbagliano di grosso. Un popolo che non sogna, che non si preoccupa per la sua sorte, che non fa progetti per il futuro, che non invoca la giustizia e la democrazia, è un popolo in stato di coma. Il coma può essere indotto col terrore, ma la voglia di libertà alla fine troverà il modo di esprimersi, anche a costo di rischiare la vita, come sta succedendo in questi giorni in Cile e a Hong Kong. Il relativismo per fortuna sta scomparendo: la grande novità, sancita nella conferenza mondiale delle donne, avvenuta a Pechino nel 1995, sta nell’avere deciso che le offese al corpo e allo spirito delle donne non si giustificano con il rispetto per le culture di popoli e paesi attaccati alle loro antiche tradizioni e rituali. Vedi le mutilazioni genitali, le privazioni della libertà di movimento, i matrimoni precoci e stabiliti dai padri, lo stupro, la prostituzione, gli abusi sentimentali e sessuali. A Pechino le donne di tutto il mondo (prima delle altre le africane che ancora sono soggette a milioni di mutilazioni genitali, una pratica che ha origini preislamiche) hanno stabilito che nessuna religione o legge popolare può giustificare le vessazioni e le violenze contro le donne, sia che vengano praticate e permesse da una religione autoritaria, sia che vengano messe in atto da un governo totalitario.

Valori che appartengono all’umanità intera
La conquista piu importante e piu positiva del grande e a volte inquietante fenomeno della globalizzazione è proprio la scoperta che alcuni valori di base non appartengono affatto a una cultura privilegiata o a un popolo storicamente attaccato alla sua autonomia, ma sono proprietà dell’umanità intera. I valori della libertà di pensiero, di parola, di movimento, il diritto alla cura, allo studio, alla scelta amorosa, religiosa o laica, appartengono a tutti indistintamente, ovvero sono da considerarsi valori universali che non possono essere calpestati in nome di un relativismo peloso che giustifica in nome della identità di un popolo la soppressione di valori condivisi. «Ti amo e quindi sei mia». È la frase che racchiude in sé i terribili delitti del femminicidio. Ogni due giorni una donna viene uccisa da colui che dice di amarla e che dovrebbe proteggerla. Chi pensa che l’amore legittimi il possesso porta in sé un cuore arcaico e feroce. Chi ritiene che la «sua donna» debba semplicemente rimanere disponibile e prigioniera di un legame, non sa che l’amore è ben altra cosa, e vuole il bene dell’altro non certo la sua morte. Chi porta in petto questo cuore arcaico non sa che la sua violenza deriva da una terribile paura di perdere potere, sia pure all’interno di un piccolo nucleo familiare. Niente a che fare con l’amore, ma semmai con una crudele ed egoistica nevrosi sentimentale. Quando la donna che considera un suo legittimo possesso dimostra una anche debole volontà di autonomia, questo uomo arcaico entra in una crisi talmente devastante da trasformarsi in un assassino dei più repellenti. E dico repellente perché agisce contro chi si fida di lui, contro chi spesso dipende economicamente da lui, contro chi si crede al sicuro dentro una casa e dentro un legame matrimoniale.

Possesso e potere: le spinte alla sopraffazione
Possesso e potere sono le spinte che portano alla sopraffazione. E non ne faccio una questione biologica. Anche le donne, quando diventano potenti — di un qualsiasi potere, anche quello di una infermiera che sa di potere maltrattare un vecchio debole e malato o di una madre nevrotica che umilia un bambino capriccioso — possono trasformarsi in crudeli esecutrici di efferati delitti. Ma la storia e le religioni hanno creato i ruoli sociali e culturali, e i ruoli hanno diviso i generi. Non armonicamente però, uno accanto all’altro, bensì uno sopra l’altro, uno che rappresenta l’universale e l’altra che ne è la derivazione. Anche il linguaggio lo rivela chiaramente. Se dico l’Uomo intendo l’essere umano e comprende anche la donna. Mentre se dico donna, l’uomo è escluso. Questa separazione dei compiti è stata talmente introiettata dai cervelli maschili e femminili che ormai siamo arrivati a credere che siano fenomeni di natura e non risultati di lunghe consuetudini culturali. Non sarà né facile né indolore liberarsi di tante incrostazioni formative ormai diventate parte della carne e della memoria di popoli educati all’androcentrismo. Ma invocare il ritorno indietro, l’ordine tradizionale e la vecchie relazioni fra i generi, basati sulla gerarchia e il dominio che si autodefinivano protezione e cura, produce solo frustrazioni e violenza. Molte donne che oggi vivono in Paesi di totalitarismo religioso non possono nemmeno mettersi in piedi su una panchina (come è successo recentemente in Iran) tenendo in alto il velo che si sono tolte per una protesta muta e orgogliosa, senza rischiare frustate, carcere e a volte perfino la pena di morte. Per quelle donne è bene oggi dimostrare che la questione della libertà non riguarda solo alcune ristrette avanguardie acculturate, ma soprattutto chi vive in condizione di mortificazione e soggezione, chi non dispone di se stessa e delle proprie libertà vitali.

(Fonte: Corriere della Sera del 24.11.2019)


Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, 
lo speciale BASTA! di Rainews24


Il 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, data scelta dall'assemblea ONU. Tanto è cambiato da allora, ma tanto ancora c'è da fare. Se ne è parlato in studio nello speciale di rainews24 BASTA! condotto da Angela Caponnetto. Tra gli ospiti, la scrittrice Dacia Maraini, e Paola Di Nicola, giudice al Tribunale Penale di Roma 

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