martedì 5 novembre 2019

«Chiediamo al Signore la grazia di accettare sempre di andare alla sua festa che è gratuita» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
5 novembre 2019
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
“Chiudersi e rifiutare la gratuità del Signore 
è il peccato di tutti noi”


Il Signore ci invita alla festa che è incontro con lui, ma di fronte al nostro rifiuto manda a chiamare i poveri e i malati sulle piazze perché approfittino della cena. Nell’omelia alla messa mattutina a Casa Santa Marta, martedì 5 novembre, Papa Francesco ha commentato il brano del Vangelo e ha esortato a chiedersi: «Cosa preferisco io? Accettare sempre l’invito del Signore o chiudermi nelle mie cose, nelle mie piccolezze?»

L’evangelista Luca, nel brano del Vangelo proposto dalla liturgia, racconta di un uomo che vuole dare una grande festa, ma gli invitati con diverse scuse non accettano il suo invito. Allora manda i servi a chiamare i poveri e gli storpi perché riempiano la sua casa e gustino la cena.

Papa Francesco ha detto che questo racconto può dirsi un riassunto della storia della salvezza e anche la descrizione del comportamento di tanti cristiani. Ha spiegato che «la cena, la festa, è figura del cielo, dell’eternità con il Signore». E ha spiegato che a una festa non si sa chi si incontra, si conoscono persone nuove, si incontrano anche persone che non si vorrebbero incontrare, ma il clima della festa è la gioia e la gratuità. Perché, ha detto, una vera festa deve essere gratuita: «E in questo il nostro Dio ci invita sempre così — ha detto — non ci fa pagare l’entrata. Nelle vere feste, non si paga l’entrata: paga il padrone, paga quello che invita».

Ma c’è chi anche davanti alla gratuità mette davanti i propri interessi. «Davanti a quella gratuità, a quella universalità della festa — ha affermato il Papa —, c’è quell’atteggiamento che chiude il cuore: “Io non ci vado. Preferisco stare da solo, con la gente che piace a me, chiuso”. E questo è il peccato; il peccato del popolo di Israele, il peccato di tutti noi. La chiusura. “No, per me è più importante questo di quello. No, scelgo il mio”. Sempre il mio».

Questo rifiuto, ha proseguito Francesco, è anche disprezzo verso chi invita, è dire al Signore: «Non disturbarmi con la tua festa». È chiudersi «a quello che il Signore ci offre: la gioia dell’incontro con Lui». «E nel cammino della vita — ha osservato Papa Francesco — tante volte saremo davanti a questa scelta, a questa opzione: o la gratuità del Signore, andare a trovare il Signore, incontrarmi con il Signore o chiudermi nelle mie cose, nel mio interesse. Per questo il Signore, parlando di una delle chiusure, diceva che è molto difficile che un ricco entri nel regno dei cieli. Ma — ha proseguito il Papa — ci sono ricchi bravi, santi, che non sono attaccati alla ricchezza. Ma la maggioranza è attaccata alla ricchezza, sono chiusi. E per questo non possono capire cosa è la festa. Hanno la sicurezza delle cose che possono toccare».

La reazione del Signore davanti al nostro rifiuto è decisa: vuole che alla festa venga chiamata ogni sorta di persone, condotti, addirittura costretti, cattivi e buoni. «Tutti sono invitati. Tutti, nessuno può dire: “Io sono cattivo, non posso...”. No. Il Signore perché tu sei cattivo ti aspetta in un modo speciale».

Il Papa ha ricordato l’atteggiamento del padre con il figliol prodigo che ritorna a casa: il figlio aveva cominciato un discorso, ma lui non lo lascia parlare e lo abbraccia. «Il Signore — ha detto — è così. È la gratuità». Riferendosi poi alla prima lettura dove l’apostolo Paolo mette in guardia dall’ipocrisia, Papa Francesco ha affermato che davanti ai Giudei che rifiutavano Gesù perché si credevano giusti, il Signore disse: «Ma io vi dico che le prostitute e i pubblicani vi precederanno nel regno dei cieli». Il Signore, ha proseguito il Papa, ama i più disprezzati, ma chiama noi. Di fronte però alla nostra chiusura si allontana e si adira come dice il Vangelo appena letto. E ha concluso: «Pensiamo a questa parabola che ci dà il Signore oggi. Come va la nostra vita? Cosa preferisco io? Accettare sempre l’invito del Signore o chiudermi nelle mie cose, nelle mie piccolezze? E chiediamo al Signore la grazia di accettare sempre di andare alla sua festa che è gratuita».

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«A 96 anni ho la gioia di continuare a essere prete fino in fondo, celebro la messa, ascolto le confessioni, faccio le catechesi: non c’è dono più grande». Così il religioso missionario vincenziano padre Filippo Grillo si è presentato a Papa Francesco che lo ha accolto con un abbraccio martedì mattina, 5 novembre, dopo la messa a Santa Marta. «Sono sacerdote da settant’anni ma è come se fosse il primo giorno» ha confidato al Pontefice, con la vitalità della sua Napoli, la città dove ha sempre svolto il ministero sacerdotale, sia nella sua congregazione — ne è stato superiore provinciale — sia, fino a 5 anni fa, come vicario episcopale per la vita consacrata dell’arcidiocesi. Ancora oggi padre Grillo svolge il servizio di giudice occasionale al tribunale ecclesiastico regionale della Campania. Ad accompagnarlo a concelebrare con il Papa c’erano padre Vincenzo Lazzarini, sacerdote da 60 anni, missionario in Eritrea, e padre Salvatore Farì, che è succeduto proprio a padre Grillo nell’incarico di vicario episcopale per la vita consacrata a Napoli.
(fonte: L'Osservatore Romano, articolo di Adriana Masotti)

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