lunedì 2 settembre 2019

La buona accoglienza può salvare i borghi di Roberto Saviano - Riace è tornata un deserto... ma vuole e deve rifiorire...

La buona accoglienza può salvare i borghi
Riace è tornata un deserto... 
ma vuole e deve rifiorire...


La buona accoglienza può salvare i borghi
di Roberto Saviano

La propaganda di destra non lo dice, ma ci sono modelli diversi con cui gestire chi sbarca. Alcuni pessimi. Altri invece che fanno bene all’Italia


Mi scrive Serena Romano mandandomi un suo interessante articolo su come funziona il sistema dell’accoglienza degli immigrati in Italia: «Ti segnalo questo mio articolo (riportato sulla mia pagina Facebook) […] Ritengo che al di là della solidarietà, l’umanità e il rispetto della vita umana che ci dovrebbe spingere ad accogliere i migranti, c’è anche quello della convenienza per noi italiani, mai sottolineata, eppure ben più efficace per vincere resistenze e diffidenze alimentate ad arte».

Serena Romano ha ragione, ci abbiamo provato a raccontare l’accoglienza come una prassi che non è solo giusta e umana, ma che ci conviene anche. E ci conviene davvero non perché, come dice qualcuno, da schiavisti potremmo usufruire di manodopera a basso costo alimentando un sistema criminale verso cui i governi che si susseguono si guardano bene dal prendere provvedimenti. Ci conviene perché l’Italia e l’Europa stanno morendo. A morire sono le piccole città, i piccoli paesi, le aree rurali, quelle montane che si sono, negli ultimi decenni, drammaticamente spopolate e dove bastano poche famiglie di immigrati perché si ripristino i servizi essenziali che rendono un gruppo di persone che vivono in un territorio comunità.

Serena Romano sottolinea come gli ultimi governi non hanno affatto lavorato per rendere virtuoso il sistema dell’accoglienza migranti criminalizzando l’unico sano e in grado di avere un effetto positivo sia su chi viene accolto che su chi accoglie.

«La maggioranza degli italiani non sa che dietro una generica “accoglienza ai migranti”, in realtà ci sono sigle - Sprar, Cas, Cpr - che rendono i tipi di accoglienza diversi come il giorno e la notte. Non sa», scrive Serena Romano, «che dietro sigle come Cas e Cpr ci sono i “centri di accoglienza” gestiti dai privati che lucrano sui migranti, dopo averli accatastati in luoghi inospitali, creando insicurezza e insofferenza nei territori dove sorgono: come rivelano gli scandali svelati dalla magistratura. E che invece, sigle come Sprar, sono sinonimo di un’accoglienza diffusa gestita dall’ente pubblico, che conviene prima di tutto agli italiani perché, nei Comuni in cui viene applicata, produce sicurezza, ricchezza e nuovi posti di lavoro a spese dell’Europa».

La criminalizzazione del sistema Riace e di Mimmo Lucano, vero e proprio pioniere, iniziata con Minniti e continuata con Salvini, serviva proprio a fare bassa propaganda, ad attaccare l’unico sistema di accoglienza che non portava ricchezza a privati ma al territorio, che difficilmente poteva essere infiltrato dalla criminalità a causa dei numeri limitati (e dei limitati guadagni) e del monitoraggio costante. L’unico sistema di accoglienza che, peraltro, utilizzava risorse europee: ma come, non è l’aiuto dell’Europa che costantemente populisti e sovranisti invocano?

«Di conseguenza, per colpa di una propaganda fatta di bugie e disinformazione, la maggioranza degli italiani ignora che c’è una accoglienza buona che “conviene” a tutti gli italiani, e c’è una accoglienza cattiva che “conviene” solo a malavitosi e trafficanti di vite umane. E la più grave conseguenza di questo castello di fake news è che la maggioranza dei cittadini non sa che il Decreto Sicurezza ha eliminato solo l’accoglienza buona gestita dagli enti pubblici con gli Sprar, mentre ha intensificato l’accoglienza cattiva gestita dai privati attraverso Cas e Cpr innescando nuove fonti di violenza, speculazione e conflitto sociale».

Sarebbe lecito domandarsi il perché, ma è chiaro che è più facile fare propaganda colpendo le persone, le storie, i percorsi. Facile colpire Mimmo Lucano, difficile smantellare la rete di caporali che tra Puglia, Lazio, Campania e tutte le aree a vocazione agricola del nostro Paese hanno bisogno di manodopera a costo bassissimo e che sono disposti a votare per chi chiude non un occhio, ma tutti e due. Occorre che manchino trasporti, che manchino luoghi d’accoglienza che rispettino standard minimi di decenza perché si possa avere su chi arriva potere di vita e di morte.

Ma esiste un’altra Italia, un’Italia che guarda al futuro e non ai voti, che non fa propaganda ma lavora. Lavora per la sopravvivenza del nostro Paese e per la sua sicurezza. È la rete di “Comuni Welcome”. Salvini ha fatto un post sul Palio di Siena decantando la bellezza dell’Italia «delle tradizioni e dei campanili»; ebbene a difendere “tradizioni e campanili” che muoiono di emigrazione (e non di immigrazione, che paradosso, no?), non c’è lui, Ministro della Mala Vita attaccato al potere e alla poltrona, ma chi sul territorio lotta perché vi sia umanità e quindi integrazione e quindi sicurezza e quindi vita. Diffidate da chi urla più forte, in genere è quello che meno ha voglia di fare.


... Siamo venuti a osservare da qui le imprese agostane del Trucetto. Qui non siamo al Papeete, no. La ricetta di Matteo Salvini - ordine e sicurezza, porti chiusi e carceri aperte, immigrati fuori dalle palle e in galera chi li aiuta, in mare o a terra - ha agito davvero come una ruspa. Non parliamo di tweet e mojito, di selfie e cubiste: parliamo di persone in carne e ossa, di circa cinquecento immigrati cacciati via perché il ministro ha cancellato i finanziamenti degli Sprar. È un deserto che hanno chiamato pace: le botteghe artigiane, dove i migranti avevano imparato un mestiere, chiuse, sbarrate le porte di palazzo Pinnarò dove aveva sede l’Associazione Città Futura; i rifiuti - raccolti con gli asinelli per poter passare nei vicoli da un cooperativa sociale cui Lucano aveva affidato la raccolta dell’immondizia, commettendo secondo la procura un gigantesco reato - si accumulano nei vicoli, i commercianti hanno visto calare i loro introiti, gli italiani che lavoravano con i migranti hanno perso il lavoro. Restano i murales, l’anfiteatro, l’iconografia che i vincitori non hanno ancora avuto il tempo di cancellare. Adesso comandano loro su un paese fantasma che torna a spopolarsi come prima di Lucano e di quel barcone di curdi, giunto sulla spiaggia di Riace nel 1998. ...


La straordinaria storia di accoglienza di questo borgo, dice il successo del Riace in festival, non è stata definitivamente annientata. La sua lezione, siamo in grado di rafforzare ogni giorno relazioni di cura reciproca e dare significati nuovi alla parola accoglienza, si ostina a germogliare perché centinaia di persone comuni si sono lasciate trasformare mentre cercavano a loro modo di trasformare la realtà. Persone che hanno smesso di essere spettatori. Non ci sono provvedimenti dall’alto che possono cancellare venti anni. Oggi c’è una piccola comunità globale che ha voglia di rinascere: ha bisogno di non sentirsi sola. Ha bisogno del vento. Reportage

Leggi tutto: La comunità di Riace

Un reportage per raccontare il ritorno a Riace, dove oggi si tenta di cancellare le tracce del cambiamento straordinario quanto profondo che ha fatto di questo borgo calabrese un simbolo mondiale dell’accoglienza e della speranza di poter vivere senza vergogna. È un intento illusorio e piuttosto ridicolo, perché il miracolo realizzato qui tra il 2004 e il 2018 è stato possibile grazie al lavoro tenace e appassionato del sindaco Lucano (e di tanti altri), ma soprattutto grazie alle caratteristiche storiche e culturali di questa terra meravigliosa. I calabresi sanno bene cosa significa migrare e sanno anche meglio cosa vuol dire vivere dove qualcuno cerca di condannare altri al peccato eterno delle loro origini. Uno dei gesti più significativi del goffo tentativo messo in atto dal nuovo corso politico è la rimozione del cartello che indica l’inizio del sentiero dell’acqua, del Parco dedicato a Sara Gallo. Sara è stata l’ultima delle raccoglitrici d’acqua, Aveva trascorso l’intera vita a far su e giù dalle fontane al paese con le brocche sulla testa, fino a diventare un simbolo essenziale della storia e delle radici del paese. Chi pensa di poter cancellare quelle radici, così come la storia antica e recente di Riace, dimostra di non aver la minima idea di quanto sia importante e di che pasta sia fatta la gente che ha saputo scriverla



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