martedì 20 agosto 2019

Perché padre Spadaro e Sorge non devono essere zittiti


Lo staff di Quelli della Via esprime piena solidarietà ad @antoniospadaro e @BartolomeoSorg1



Perché padre Spadaro e Sorge non devono essere zittiti

Come pensare di difendere la vita di un malato terminale se non si difende la vita di un uomo che chiede di essere salvato? Un credente, e i padri Spadaro e Sorge certamente lo sono, non possono lasciare la loro Chiesa, la loro fede, silenti davanti a eventi del genere. Il commento di Riccardo Cristiano


L’attacco. Può essere definito il fuoco mediatico che si svolge in queste ore contro figure di spicco del mondo cattolico e che nelle prossime ore potrebbe coinvolgerne altre. Si è cominciato con padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica. A lui il quotidiano La Verità ha riservato questa immotivata accusa: “Pur di non ritrovarsi mai più il leader leghista davanti, padre Spadaro sarebbe disposto a soprassedere su eutanasia, nozze gay, utero in affitto mascherato.” Chissà da cosa la hanno desunto. Anche nella risposta odierna alla sua contestazione la risposta non c’è.

Poi è stata la volta del direttore emerito della stessa rivista, padre Bartolomeo Sorge, ovviamente gesuita anche lui, essendo La Civiltà Cattolica rivista scritta interamente da un collegio di padri gesuiti. Questa volta è stato il ministro dell’Interno in persona a scrivere “neanche l’età avanzata giustifica certe idiozie, vergogna!” Perché? Il gesuita aveva notato su twitter che “La mafia e Salvini comandano entrambi con la paura e l’odio, fingendosi religiosi. Si vincono resistendo alla paura, all’odio e svelando la falsa pietà.” Proprio la falsa pietà aiuta a capire il punto di fondo posto dall’articolo de La Verità. Cosa c’entra il fine-vita (che forse sarebbe meglio chiamare inizio-viaggio) o il matrimonio gay con la discussione di oggi?

Non c’entra, dunque la questione sembra essere quella di de-eticizzare il punto principe della polemica con padre Spadaro, la sua difesa dei diritti umani dei profughi, dei rifugiati, dei naufraghi, dei mutilati, dei fuggiaschi, degli evasi, dei migranti, dei disperati. E de-eticizzarlo, ponendo l’etica altrove ma non qui, vuol dire, di tutta evidenza, de-eticizzare la difesa della vita di cui ogni religione e in particolare quella di padre Spadaro non può non essere depositaria.

Padre Antonio Spadaro, essendo siciliano, sa bene che nella tradizione del nostro Meridione, dalla Sicilia e fino al Lazio, c’è quella di santuari e processioni nel nome della Madonna di Porto Salvo, o Portosalvo. Questa Madonna è ovviamente per tutti: non soltanto per i marinai, ma per i naufraghi di ogni colore che nel corso dei secoli sono arrivati sulle nostre coste, anche per gli schiavi e tanti altri ancora. Madonna marinara ma che non parla solo ai marinai, ma parla a tutti.

Infatti il suo soccorso, Porto Salvo, è l’essenza del cristianesimo, come si legge per esteso nel Vangelo, nel celebre discorso delle Beatitudini: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.”

L’essenza del cristianesimo è dunque sfidata da quanto accade al riguardo dei naufraghi soccorsi da Open Arms o da altri soggetti. E proprio padre Spadaro lo ha fatto capire con un fotogramma che unisce la mano tesa di Dio verso l’uomo un celebre affresco e la mano tesa di un soccorritore intento a salvare un migrante o asilante che ha fatto naufragio. E condividendo la fortissima immagine di Maria su una barca, da sola, con il giubbotto salvavita arancione. Ecco la polemica posta da padre Bartolomeo Sorge: la paura. Si può condividere questa visione in termini cristiani per paura. Paura dell’Altro, paura del diverso, paura del povero, paura di chi non fa parte di “noi”. Questo “noi”, come ha detto nell’intervista a Vatican Insider Papa Francesco, non unisce, ma divide, esclude. Si fonda cioè sulla paura. Paura di un’invasione, paura della diversità etnica, paura della diversità religiosa. Sono tutte paure che vanno comprese, ma che non possono essere assecondate per la Chiesa. Perché questo mina la natura stessa della Chiesa. L’Ecclesia cristiana si fonda sulle singole persone. Le persone nell’Ecclesia italiana non sono una massa informe, o uguale. Sono persone unite dalla fratellanza alle altre, nelle loro diversità. L’universalità della Chiesa posta davanti all’eresia di una Chiesa etnica, una Chiesa cioè che si fonda non sul rapporto con Dio ma sul rapporto tra i componenti etnici di quella comunità etnica che per essere unita da questo non può che essere impaurita dall’Altro.
Nasce così un cristianesimo tutto nuovo, come quello che emerge nelle Americhe sulla base del Vangelo della Prosperità, quello per cui se stiamo male o siamo poveri è perché non abbiamo capito come farci amare da Dio. Ecco che dal Vangelo della Prosperità emerge una condanna, un’esclusione.

Negare la Chiesa etnica o il Vangelo della Prosperità è ovviamente la base della difesa della vita, non il contrario. Come pensare di difendere la vita di un malato terminale se non si difende la vita di un uomo che chiede di essere salvato? De-eticizzare la difesa della vita che parte dal mare e dal soccorso, dall’aiuto, passa necessariamente per la paura e conduce a un’etnicizzazione della Chiesa. Questa è la partita che si gioca con affermazioni forti e risposte evasive.
Un credente, e i padri Spadaro e Sorge certamente lo sono, non possono lasciare la loro Chiesa, la loro fede, silenti davanti a eventi del genere.