sabato 24 agosto 2019

Dopo tre anni da quella terribile notte purtroppo poco è stato fatto e la ricostruzione è ancora un sogno lontano...


Dopo tre anni da quella terribile notte purtroppo poco è stato fatto e la ricostruzione è ancora un sogno lontano...


A tre anni del sisma del 24 agosto 2016 tutto (o quasi) è fermo. La ricostruzione è rimasta al palo nonostante la sovrabbondanza di ordinanze e decreti. E invece sarebbe ora di muoversi, per ridare vita ai paesi distrutti, in un’ottica di sostenibilità ambientale


... Il 24 agosto di 3 anni fa un primo terremoto di magnitudo 6.0 sconvolse le regioni del Centro Italia colpendo in particolare le comunità di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto, e causando 299 morti. Da quel giorno un lunghissimo sciame sismico accompagnò le vite di migliaia di italiani con ulteriori forti scosse in ottobre, e poi nel gennaio 2017, che allargarono ulteriormente il cratere delle zone colpite. Alla fine si conteranno 41.000 sfollati, 388 feriti e 303 morti. In questi giorni in cui tanto si parla di “terremoto politico”, pensando alle vicende della crisi di Governo, dovremmo tutti riflettere sul fatto che "la politica" si è però fermata sulle macerie del Centro Italia. Se dovessimo andare al voto, mi domando chi avrà il coraggio di fare campagna elettorale e chiedere il voto dei nostri concittadini che a tre anni di distanza aspettano ancora soluzioni e risposte.
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Non esiste ancora un monitoraggio complessivo della ricostruzione né della raccolta e gestione delle macerie. Come conseguenza diretta di ritardi e lungaggini burocratiche arriva lo spopolamento di tanti piccoli comuni dell’Appennino. Quello che manca poi è una visione generale, un progetto economico e sociale per l’Appennino che potrebbe fermare lo spopolamento e dare nuove prospettive occupazionali alle popolazioni colpite. Non basta infatti ritirare su le case (ma non si fa nemmeno quello purtroppo), magari derogando alle regole, se non si ridà alle persone la possibilità di vivere in quei luoghi con servizi, viabilità, sicurezza. Insomma vanno curate le fondamenta delle comunità oltre che rifarne letteralmente di nuove per le abitazioni.

Sarebbe allora il caso di cogliere questo drammatico evento come un'occasione per operare una ricostruzione di qualità, ambientalmente sostenibile... È necessario investire sulla sicurezza, quella vera e concreta, delle popolazioni. La ricostruzione deve diventare un’occasione per segnare un cambiamento nelle forme di intervento e nelle conoscenze sullo stato del patrimonio edilizio italiano. ...
L’alternativa, nella mancanza di un progetto di visione per il futuro di queste aree, è lo spopolamento: è probabile che fra due o tre decenni le case saranno di nuovo in piedi ma nella desertificazione sociale ed economica. Occorre un progetto di sviluppo di economia locale che sappia coniugare le tante risorse naturali e culturali con la necessaria innovazione per rendere quelle terre attrattive per i giovani, offrendo loro opportunità di lavoro e di studio. Ecco, fino a quando le istituzioni non sapranno svolgere questo ruolo, sarà difficile recuperare la fiducia dei cittadini e dimostrare loro che la politica non è un costo da eliminare ma una pratica utile da sostenere, alla quale guardare con fiducia. Mettiamo anche questo nel programma di lavoro di un possibile prossimo Governo?



Il vescovo di Rieti Pompili, di Spoleto-Norcia Boccardo, e di Ascoli Piceno D’Ercole uniti nell’appello alle istituzioni: «Si sta minando la speranza e si rischia la “desertificazione”»


Qui la chiamano «quella notte». Non aggiungono altro, non serve. Le tre e trentasei, oggi, tre anni fa, la terra si gonfia, muove, quasi esplode, magnitudo sei punto zero, 299 morti (249 solo fra Amatrice e Accumoli), 40mila sfollati. Mezzo Centro Italia finisce in macerie, molte sono ancora nello stesso posto. E da quel giorno a oggi sono state registrate 110mila scosse ...

E oggi è la giornata delle celebrazioni (civili e religiose) in tutti i Comuni che furono colpiti dal sisma, aperte stanotte con la fiaccolata che ha ricordato chi non c’è più e quella tragedia. La giornata delle lacrime, del pellegrinaggio sui luoghi dove la morte ha accompagnato la distruzione, delle parole capaci di alleviare il dolore e ridare speranza.

Poi c’è domani che amareggia e sconforta. 
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Tre anni dopo il sisma nelle popolazioni terremotate prevale un senso di "stanchezza e disincanto". Con la ricostruzione ferma al palo, dice il vescovo di Rieti, mons. Pompili, "il sogno" di tornare alla normalità rischia di svanire immerso nelle pastoie burocratiche. L'impegno della Chiesa locale per "rigenerare" una comunità oramai ridotta nei numeri.