martedì 2 luglio 2019

Roberto Saviano: Perché detestano chi salva i migranti - La vergogna sul molo di Lampedusa


Perché detestano chi salva i migranti
di Roberto Saviano

Le Ong nascono per riempire un vuoto. Operano dove lo Stato non può o non vuole essere. E di tutto questo lasciano testimonianza


Vi siete mai chiesti come nascono le Ong? Per un attimo non fidatevi di chi vi dice che sono finanziate da ebrei ricchi con lo scopo di modificare gli equilibri europei. Non fidatevi perché l’ebreo ricco che finanzia il nero povero per marginalizzare il bianco è la teoria complottista alla base della violenza del Ku Klux Klan.

Non esiste una strategia studiata a tavolino che vedrebbe Soros finanziare Ong che vanno in Libia per portare migranti sulle coste siciliane al solo scopo di destabilizzare l’Italia. Nulla di tutto questo: le Ong esistono per prestare soccorso laddove gli Stati nazionali falliscono. Esistono per aiutare l’uomo quando non c’è nessuno a farlo.

Sono stato a parlare di immigrazione sulla Open Arms, nave che ha salvato, da quando è attiva nel Mediterraneo, oltre 60mila persone. Gli abitanti di una città di medie dimensioni: Savona, Matera, Benevento, Agrigento, Cuneo, Teramo, Siena, Pordenone. Detta così fa venire i brividi: un’intera città salvata da una piccola nave. Una nave sola.

E poi domandatevi come sono iniziate queste avventure, perché saperlo ci dice tanto su chi viene quotidianamente infangato e accusato di essere in combutta con i trafficanti di esseri umani.
Oscar Camps, fondatore della Ong Proactiva Open Arms, è davanti alla televisione con sua figlia, insieme vedono la foto del piccolo Alan Kurdi, il bambino siriano trovato senza vita il 2 settembre 2015 su una spiaggia turca. Camps fornisce sicurezza per spiagge, personale addestrato per salvare vite in mare. La figlia guarda il bimbo morto sulla spiaggia e gli chiede: perché non li vai a salvare, papà? Non è questo il tuo lavoro?
Camps, a Sandro Veronesi che lo intervista, dice: «Lesbo era a poche miglia dalla Turchia, dalla costa si vedeva morire la gente lasciata a mezza strada sui gommoni bucati e i cadaveri arrivavano a riva. Non c’era organizzazione, non c’erano mezzi, non c’era la Croce Rossa, non c’era nulla: il giorno stesso del nostro arrivo abbiamo cominciato a salvare gente a nuoto».

Così nascono le Ong, per sopperire alla mancanza di una politica europea strutturata sull’immigrazione. Con le loro missioni in mare - sempre in coordinamento con le autorità italiane ed europee - salvavano vite e testimoniavano ciò che accadeva nel Mediterraneo. Ed erano apprezzate ed elogiate per questo. Poi, improvvisamente, abbiamo smesso di guardare i migranti, abbiamo smesso di vederli uomini, di vederli donne e di vederli bambini. Sono numeri, numeri che arrivano, numeri che vengono bloccati, numeri che muoiono o che non muoiono. Numeri da tenere lontano, da tenere in Libia a qualunque costo. Numeri e non più esseri umani. Non ci specchiamo in loro, non li riconosciamo, non li consideriamo come noi.

La Open Arms è stata a Napoli per una settimana, braccia aperte alla cittadinanza e a chiunque volesse visitarla, a chiunque avesse voluto ascoltare le storie che il suo equipaggio poteva raccontare. È stata a Napoli e quando ci sono salito ho provato un’emozione fortissima.

Nella mia città, nel porto dove l’avventura di Gomorra era iniziata, ora avrei parlato, con Oscar Camps e Luigi Manconi, di ciò che le persone non vogliono vedere: un’umanità che parte per vivere e non per invadere. Mentre ero sull’Open Arms e guardavo negli occhi chi ci ascoltava, pensavo allo sconforto che come me quelle persone dovevano provare sapendo che il loro desiderio di umanità non c’era nessuno a raccoglierlo.

E invece di mettere al centro diritti, crediamo di trovare in formule matematiche già sperimentate altrove la possibilità di vincere le elezioni. Nei giorni scorsi qualcuno si domandava se non dovesse, la sinistra italiana, fare come i socialdemocratici danesi e vincere le elezioni seguendo una linea dura sull’immigrazione. Ma l’Italia lo ha già fatto e ha perso, del resto l’Italia non è la Danimarca. E mentre si continua a tenere in ostaggio migranti in mare, confermando che questa sarà un’altra estate lunga e dolorosa, la politica non lavora per cambiare le regole europee sui paesi di primo approdo. È più facile convincere gli italiani che è giusto non salvare perché è giusto non accogliere, piuttosto che fare il proprio lavoro e restituire a tutti dignità. Alla politica, agli elettori e a chi ha la sventura di prendere il mare col vento contrario.

La vergogna sul molo di Lampedusa
di Roberto Saviano

Da dove vengono (e quale scelta ci impongono) le minacce sessiste urlate alla capitana Carola dai contestatori che l’hanno insultata mentre scendeva a terra


Gli insulti urlati sulla banchina a Lampedusa a Carola Rackete sono rimbalzati contro il suo volto sereno, non hanno scalfito quella compostezza data dalla consapevolezza di aver messo il proprio corpo a disposizione della propria responsabilità, cosa non scontata. Non scontata, in un Paese in cui il ministro dell’Interno, spaventato da un’eventuale condanna, si è sottratto al processo per sequestro di persona nel caso Diciotti facendosi salvare dalla sua maggioranza.

Ma torniamo agli insulti. Sono stati abbastanza prevedibili. Nella parte non censurata di video che è stata postata, leghisti e grillini lampedusani urlano contro Carola: «Spero che ti violentino ’sti negri, a quattro a quattro te lo devono infilare». E ancora: «Ti piace il cazzo negro». La dinamica è tipica: da un lato il sesso visto come aberrazione, insulto, porcheria, vizio, e dall’altro il senso di inferiorità che qualcuno ha in questo campo verso l’africano.

Per quanto possa sbalordire, uno dei motivi principali del razzismo verso gli immigrati africani è proprio la minaccia sessuale: è stato così negli Stati Uniti ed è così in Europa. Tutta la retorica razzista di Salvini sugli immigrati furbi invasori perché arrivano con corpi atletici e non sono scheletri affamati, nasconde un evidente complesso di inferiorità. Il «ti devono violentare» viene dalla bocca degli stessi che blaterano di violenza carnale ogni volta che discutono di immigrazione ciarlando con crassa ignoranza di mafia nigeriana, della quale non sanno nulla.

Nel video spunta a un certo punto una voce tenue che dice: «Piccio’, non parlate accussì». È una donna, e si sta vergognando. È interessante capire come il leader di questi balordi abbia intenzione di commentare l’accaduto e che provvedimenti intenda prendere nei loro confronti. Chissà se questi miserabili sono coscienti che i leghisti del Nord usavano gli stessi insulti contro le persone che cercavano di difendere i meridionali. La cantilena allora era: «Li difendi perché ti piace scopare con i terroni». Che rabbia deve generare in un leghista una donna giovane in grado di fare una scelta così forte, in grado di gestire una tale situazione con nervi saldi e con dichiarazioni piene di responsabilità, una donna in grado di vivere la propria vita con autonomia, che non viene definita in quanto fidanzata di, moglie di, amante di. Ecco, una donna così per i leghisti deve essere insopportabile anche solo da immaginare. Ed è naturale che insultare una donna attraverso il sesso sia la cosa più scontata e facile per vomitare la propria frustrazione.

Ma c’è una seconda parte degli insulti che raccontano bene il Paese. A urlare «le manette» e «venduta» è l’Italia forcaiola che conosco benissimo; l’Italia che sputa su Enzo Tortora perché se non puoi essere Enzo Tortora è un bene che lui cada e ti faccia sentire meno mediocre; l’Italia che lancia le monetine su Craxi avendolo temuto e blandito fino a un minuto prima (poco importa in queste dinamiche l’innocenza o la colpevolezza, ma conta il grado di frustrazione e di meschinità); che parteggia a favore o contro Raffaele Sollecito e Amanda Knox; che esulta per ogni arresto, per ogni avviso di garanzia, come se facesse sentire meno tollerabile la propria sofferenza.

Se la giustizia che pretende, tempo, pacatezza e responsabilità è impossibile, allora meglio tifare per le disgrazie altrui, cosa che non mitigherà le proprie ma almeno servirà a sfogarsi. Io sono cresciuto in un Sud Italia in cui, quando veniva arrestato un boss, la gente applaudiva il criminale e insultava i carabinieri. Guardate su YouTube il video di Antonino Monteleone che ha ripreso l’arresto del boss Giovanni Tegano a Reggio Calabria: c’era una fitta folla fuori dalla questura ad inneggiarlo. Non solo parenti ma anche semplici concittadini grati per la sua strategia contraria agli atti sanguinari. Quando venne arrestato Cosimo di Lauro a Secondigliano, centinaia di persone lo applaudirono e difesero. In fondo è così, è il prezzo del sopravvivere: piegarsi al potente, temere la sua vendetta, blandirlo, sperare in una sua parola per poter cambiare la propria vita. Al contrario, è facile colpire Carola, non ti succede niente se lo fai, stai sputando addosso a una donna che ha solo il suo corpo e la sua dignità come simbolo e difesa. Non ti toglierà il lavoro, non verrà a minacciarti, non c’è nessun favore che potrai chiederle.

Carola non poteva che agire in questo modo: sbarcare a Malta, in Grecia o in Spagna significava compiere un atto fuorilegge, perché Lampedusa era molto più vicina e ciò rispondeva all’esigenza di mettere in sicurezza l’equipaggio. Se avesse deciso di andare verso altri porti, avrebbe messo in pericolo le persone salvate in mare violando la legge del mare. Urlano «venduta», ma Carola ha scelto di impegnarsi mettendo le sue competenze al servizio di un “ambulanza del mare” ed è una donna che prende onestamente il suo stipendio, più vicino a un rimborso spese che a un lauto guadagno.

È incredibile che tutto questo venga detto da un partito come la Lega, che non ha mai spiegato perché è andata a trattare con un’impresa di Stato russa per farsi finanziare la campagna elettorale; in un Paese dove il ministro dell’Interno finanziava post razzisti su Facebook con 5000 euro (500 quelli in cui annuncia i suoi comizi). In un Paese così, si dà addosso a una persona che salva con il proprio impegno dei disperati dall’agonia e si difende, invece, chi non mostra la minima trasparenza e chi ha alleanze torbide e partner politici criminali.

Il meccanismo è sempre lo stesso: se sei un bandito non puoi convincere gli altri che tu non lo sia, puoi però cercare di far credere che tutti gli altri siano peggio di te. Ecco il gioco sporco di Matteo Salvini e dei leghisti con Carola. Ascoltate quegli insulti perché lì c’è tutto il cuore marcio del nostro Paese. Bisogna capire da che parte stare. Con chi volete stare? Con chi chiede manette per chi ha salvato vite? Con chi augura a una donna una violenza carnale? Da che parte volete stare? Con questi insultatori o con chi considera la libertà e la solidarietà l’unica dimensione in cui vale la pena di vivere?


Guarda il video con gli insulti a Carola Rackete e ai parlamentari saliti a bordo