mercoledì 24 luglio 2019

Immigrazione, card. Montenegro: la stella sia il Vangelo, non la politica



Immigrazione, card. Montenegro:
la stella sia il Vangelo, non la politica
 
Il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, esorta a leggere il fenomeno dei flussi migratori seguendo gli insegnamenti del Vangelo e non gli allarmismi della politica che cavalca la sindrome della paura


I cristiani hanno il dovere di leggere la realtà dell’immigrazione con la prospettiva del Vangelo e non con lo sguardo della politica influenzato da specifici interessi. A questa differenza di prospettiva il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, lega due diversi modi di inquadrare la questione dei flussi migratori. In una terra come la Sicilia, accogliere i forestieri “è una cosa normale” ma negli ultimi tempi, osserva, la “politica è cambiata”: “si cavalca la sindrome della paura”, si chiude la porta, “soprattutto quella del cuore”. La disinformazione, aggiunge l’arcivescovo di Agrigento, alimenta la paura. L’Unione Europea si rivela inoltre una “unione degli egoismi” che al centro non pone l’uomo ma l’economia. Il problema non è la migrazione: il vero nodo, sottolinea il cardinale Montenegro intervistato da Claudia Zaisel, è l’ingiustizia sociale.

R. – L’accoglienza da noi è una cosa normale. Lampedusa è più vicina all’Africa che alla Sicilia e i lampedusani sono stati sempre abituati a sentir bussare alle porte. Erano marinai della Tunisia e loro li accoglievano in casa. È stata interessante l’accoglienza data agli immigrati, soprattutto a Lampedusa: su cinquemila abitanti, c’erano 10 mila immigrati. Chi non poteva fare qualcosa per loro metteva a disposizione il termos con il caffè o il thè in modo che chi aveva sete poteva bere. Faceva entrare il migrante in casa per prendere qualcosa da mangiare, per lavarsi. Qualcosa è cambiato, perché ultimamente la politica è cambiata: si cavalca la sindrome della paura. E in questa situazione qualcuno - proprio perché parlano tutti di paura, di terroristi - chiude la porta. Soprattutto chiude la porta del cuore. La disinformazione sta portando all’aumento della paura: la gente non è capace di giudicare la verità di quello che viene detto, per cui resta schiacciata e impressionata da quello che si dice. Noi come cristiani abbiamo il dovere di leggere questa realtà con il Vangelo: io non posso leggerlo con i canoni della politica perché ci sono altri interessi, altri giochi.

L’Italia per molto tempo è stata anche lasciata sola. Cosa si aspetta dall’Unione europea dopo le nuove elezioni del Parlamento e della Commissione europea?

R. – Cosa mi aspetto? Cosa già ci aspettavamo e non c’è stato. Io sono stato ospite del presidente del Consiglio europeo. Sono stato a Strasburgo, a Bruxelles. Sono stato anche a Ginevra a parlare perché ero presidente di Caritas e di Migrantes. Lì mi fu detto con estrema chiarezza: se tutti i Paesi non la pensano nella stessa maniera, è impossibile trovare soluzioni. Però la cosa più pesante è il fatto che l’Europa abbia messo al centro l’economia, la finanza: non c’è l’uomo. Nell’Unione europea - io non la chiamo Unione europea, io leggo Ue come “unione degli egoismi” - ci sono tanti egoismi messi insieme che non riescono a fare comunità, anche se fingiamo che ci sia una comunità. Il problema non è la migrazione: è l’ingiustizia sociale. C’è un’Europa che è responsabile di come va l’Africa: se l’Africa non va bene la gente la scappa è perché l’Europa ha giocato con le risorse e con le persone africane. Io, quando sento parlare i politici, sento parlare soltanto di bianchi e neri: il fatto che ci siano 245 milioni di migranti nel mondo, che qualcuno definisce come il sesto continente, è un problema legato all’essere bianco o nero oppure è il sintomo di qualcosa che non funziona? quale futuro ci sarà in queste nazioni dove stanno andando via tutti i giovani?