sabato 25 maggio 2019

PAPÀ, NON PICCHIARMI MAI di Alberto Pellai

PAPÀ, NON PICCHIARMI MAI
di Alberto Pellai

Lo psicoterapeuta Alberto Pellai commenta la terribile notizia di cronaca del padre che a Milano ha ucciso a botte il suo bambino di due anni e mezzo in preda alla droga: «Le mani dei genitori dovrebbero accarezzare, sostenere, non accanirsi con violenza sul corpo dei figli»


Oggi tutti i media affrontano con dolore la notizia del papà che ha ucciso di botte il proprio bambino di due anni perché non smetteva di piangere. Se il bambino avesse potuto parlare, probabilmente al suo papà avrebbe detto solo tre parole: Papà non picchiarmi. 
Per me che ho il tema della paternità così presente nella mia storia di vita personale e professionale, questa notizia è come una pugnalata al cuore. Vorrei che gli uomini imparassero – anche attraverso la propria storia di paternità - ad annientare il codice della violenza, così profondamente stratificata nel loro DNA emotivo. Rabbia e frustrazione costruiscono nel cervello emotivo maschile un corto circuito che spesso nella violenza agita ha il suo unico meccanismo di sfogo. 
Nel mio libro, da poco uscito: “Da uomo a padre. Il percorso emotivo della paternità” (Mondadori) propongo agli uomini che stanno pensando di diventare padri o che già lo sono di rivedere la propria storia di vita. Di ripensare al figlio che sono stati di fianco al padre che li ha cresciuti. Molte volte, le tracce della violenza si propagano in modo intergenerazionale proprio attraverso le mani di un padre che hanno saputo solo picchiare – giustificando questo gesto a scopo educativo e correttivo – ma che non hanno mai saputo prendersi cura e accudire il proprio figlio.
Nel libro chiedo ai nuovi padri di realizzare una rivoluzione che parta proprio dalle loro mani. Mani che devono costruire una relazione col proprio figlio attraverso il contatto fisico e che solo così possono imparare la tenerezza e la connessione emotiva che un figlio sempre sperimenta quando vive in modo positivo il tocco delle mani di chi si prende cura di lui. 
Le mani di un padre che sanno posarsi sul corpo di un figlio con i gesti della cura, con la tenerezza dell’accudimento saranno mani che in futuro sapranno sostenere la sua crescita, sapranno stringerlo e sospingerlo quando si incammina verso le nuove tappe di crescita.
La notizia di cronaca che oggi ci sconvolge ribadisce a tutti noi uomini che ancora non sappiamo essere i padri che i nostri figli hanno bisogno, perché troppo spesso nelle nostre mani c’è purtroppo solo potenza, ma non competenza. E come apprendiamo oggi con le lacrime agli occhi dai media, la potenza quando non ha competenza, è spesso abitata da una violenza che uccide. 
Chiedo davvero alle donne di far leggere questo articolo ai loro compagni, che al loro fianco crescono un figlio. Perché nessuno veda nella violenza delle mani uno strumento che educa. 
E chiedo agli uomini di riflettere profondamente: con la violenza nessun figlio può essere reso migliore e obbediente. E spesso quella violenza lascia sul cuore e nell’anima un dolore difficile da sanare in un’intera vita. 
Rendete questo articolo, se possibile, virale. Fatelo leggere a più uomini possibili. Credo profondamente che sia questo il tipo di messaggio che può davvero fare prevenzione affinché una notizia così orribile come quella che oggi ci agita il cuore non compaia più su nessun media del mondo.
(fonte: Famiglia Cristiana 23/05/2019)