domenica 26 maggio 2019

LA VIOLENZA DEI PADRI DI OGGI di Massimo Recalcati

LA VIOLENZA DEI PADRI DI OGGI
di Massimo Recalcati






Abbiamo conosciuto tutti, nel tempo dove ancora dominava l’ideologia patriarcale, la violenza disciplinare del padre-padrone. Il suo mezzo era sadico, il suo fine pedagogico: moralizzare la vita del figlio. I terribili delitti di cui si sono recentemente macchiati diversi padri nei confronti dei loro piccoli figli inermi non appartengono però più a questo paradigma. 
Un padre è tenuto a sopportare l’angoscia dei figli o di quella che la vita dei figli può suscitare.
In generale il compito dei genitori è quello di sopravvivere all’angoscia “dei” figli o “per” i figli.
In questi passaggi all’atto atroci incontriamo invece la totale incapacità dei padri di sopportare questa angoscia, di sopportare il grido “naturalmente” inquieto della vita del figlio.
I protagonisti di questi crimini efferati non sono, dunque, padri anche se sono i genitori naturali della vita dei loro figli. Essi non sono padri perché non hanno assunto la responsabilità illimitata che comporta ogni paternità: accogliere e sostenere la vita del figlio, sopportarne l’angoscia. Ma, ancora più precisamente, questi padri non sono padri perché sono ancora figli; figli incapaci di sopportare la minima frustrazione. Non sono padri perché sono solo genitori biologici, cosiddetti eterosessuali, ovvero naturali, che non hanno però mai fatto davvero il passo simbolico della paternità e della responsabilità che questo passo comporta. Per questo possono, anziché proteggerne la vita, trasmettere la morte ai loro figli. Non più però come accadeva nel tempo del padre-padrone folle che nel Novecento spingeva i suoi figli alla morte gloriosa nel nome della Causa.
Questi nuovi padri insofferenti, o, meglio, questi nuovi figli-padri, annientano la vita del figlio più semplicemente, come fosse il fastidio di una mosca o di un rumore molesto che disturba impunemente il loro sonno pacifico. La loro violenza sconcertante è sorella della loro più inaudita fragilità. Nessuna epoca come la nostra ha mai dedicato così tanta cura e attenzione al bambino, ai suoi bisogni e ai suoi desideri. L’antropologia parla addirittura di una “mutazione” fondamentale intervenuta negli ultimi decenni: mentre nel tempo del patriarcato era il bambino che doveva adattarsi alle leggi simboliche della famiglia, oggi pare che siano le leggi simboliche della famiglia a doversi piegare di fronte ai capricci anarchici del bambino. Tuttavia, la serie recente di questi delitti ci confronta con un’altra faccia della stessa verità: i padri contemporanei sono figli fragili, egoisti, spaventati, concentrati solo su se stessi, incapaci di un’autentica donazione.
L’esito di questa fragilità — come insegna la clinica della famiglia contemporanea — è, innanzitutto, l’abdicazione a sostenere il peso dell’educazione dei propri figli. Questa abdicazione è la matrice comune del fenomeno del “bambino re” che piega le leggi della sua famiglia alle leggi del suo capriccio e di quei genitori che, calpestando la loro funzione simbolica, aggrediscono i loro figli anziché tutelarne la vita. Ecco apparire in tutta evidenza un paradosso del nostro tempo: da una parte i figli comandano sui genitori, dall’altra i genitori possono mostrare una radicale insofferenza alla loro esistenza, all’irregolarità naturale della loro vita. Lo vediamo, pur senza i toni traumaticamente brutali di questi crimini efferati, ovunque: smarriti nella loro funzione educativa, l’esigenza impellente che i genitori rivolgono agli educatori (insegnanti, psicologi, pedagogisti) è quella di rendere il proprio figlio normale, di sedare, in altre parole, l’irrequietezza “naturale”, della sua vita, di calmare il suo pianto, di dormire in pace.

(Fonte: La Repubblica - 26.05.2019)

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