lunedì 22 aprile 2019

"Giustificare il dolore del prossimo è l’origine di ogni immoralità" di Martin M. Lintner

"Giustificare il dolore del prossimo
è l’origine di ogni immoralità" 
di Martin M. Lintner






Nel 1982 il filosofo ebreo francese di origine lituane Emmanuel Lévinas pubblicò un breve ma significativo saggio intitolato La sofferenza inutile.

In questo testo, che Lévinas stesso ha definito uno dei suoi saggi più insistenti, egli offre niente di meno che una fenomenologia del male. Le sue riflessioni sul male sono impregnate fortemente dalla disperazione di non trovare nessuna giustificazione e nessun senso per le sofferenze che le vittime hanno dovuto subire ad Auschwitz, luogo divenuto sinonimo della massima crudeltà umana.

Non c’è né giustificazione né possibilità di attribuire posteriormente un senso al male e all’assoluta negatività iscritta nella sofferenza delle vittime. Secondo Lévinas posso tentare di trovare un senso alla mia propria sofferenza – per esempio interpretandolo come espiazione per i miei peccati o per quelli altrui –, ma mai a quella dell’altro. Io non ho nessun diritto di giustificare la sofferenza dell’altro o di attribuirle un senso.

In questo contesto egli esprime la frase che funge come titolo di questo post: «Giustificare il dolore del prossimo è l’origine di ogni immoralità».

Una responsablità senza limiti
Lévinas comunque non vuole offrire solo una fenomenologia del male. Egli cerca piuttosto di capire in che cosa fondamentalmente consista l’esperienza etica. Non potendo in nessun modo giustificare la sofferenza dell’altro, io mi scopro inevitabilmente responsabile per esso.

Invertendo la frase appena citata si potrebbe dire: «Assumersi la responsabilità per il dolore del prossimo è l’origine di ogni moralità». Lévinas parla di una responsabilità illimitata, perché non viene limitata né da reciprocità, né da presunte giustificazioni o spiegazioni.

Per dirlo in altre parole: la sofferenza dell’altro mi riguarda e m’interpella; essa non mi lascia una via di fuga trovando delle spiegazioni o – ancor peggio – delle scuse.

Citando I fratelli Karamazov di Dostoevskij, Lévinas insiste che «davvero ognuno è colpevole dinanzi a tutti, per tutti e di tutto», e che «vi è un unico mezzo per salvarsi: assumere su di sé tutti i peccati umani e rendersene responsabili».

Rendersi responsabili per l’altro senza ritirarsi diviene per Lévinas non solo l’origine di moralità, ma anche luogo della scoperta dell’identità autentica del soggetto e della sua umanità come pure un varco aperto alla relazione etica interumana.

In un altro testo Lévinas interpreta il comandamento dell’amore per il prossimo nel modo seguente: «Ama il tuo prossimo: questo sei tu». «Questo» comunque non si riferisce al prossimo, ma a tutta la frase: «Ama il tuo prossimo». Il soggetto trova quindi la sua identità più profonda e autentica nella misura in cui ama il prossimo. La responsabilità assunta per amore è origine di moralità e diviene sorgente di umanità.

L’umanità o la disumanità del soggetto si decidono nel modo in cui esso si rapporta nei confronti della sofferenza dell’altro. Si è ricordato sopra che Lévinas riflette sul male alla fine di un secolo che ha visto due guerre mondiali, campi di sterminio di intere popolazioni e la Shoah.

Conoscendo i meccanismi e le cause che hanno reso possibile tali espressioni di crudeltà umana, non dovremmo essere oggi molto più vigili e allarmati massimamente di fronte a certi sviluppi socio-politici odierni, ricordando questo monito lévinasiano: la negazione della propria responsabilità nei confronti della sofferenza dell’altro è sorgente di crudeltà, ovvero: «Giustificare il dolore del prossimo è l’origine di ogni immoralità»?

(Fonte: Il Regno)


Martin M. Lintner, dell’Ordine dei servi di Maria, è professore ordinario di Teologia morale presso lo Studio teologico accademico di Bressanone e presidente dell’Associazione internazionale per la teologia morale e l’etica sociale (area di lingua tedesca).