mercoledì 23 gennaio 2019

RITROVIAMO la nostra UMANITÀ!!! Continua lo sgombero del Cara di Castelnuovo di Porto - Migranti trattati come pacchi!

RITROVIAMO la nostra UMANITÀ!!! 
Continua lo sgombero del Cara di Castelnuovo di Porto - Migranti trattati come pacchi!

Verrà chiuso, a causa del decreto sicurezza, il Cara di Castelnuovo di Porto, in provincia di Roma. Il ricollocamento dei 300 ospiti è già iniziato, ma nessuno di loro sa dove andrà. Nel Cara, lo ricorderete, Papa Francesco celebrò la Messa in Coena Domini del 2016 con la lavanda dei piedi ad alcuni migranti ospiti. Il servizio di Tv2000 del 22/01/2019


Ha ospitato 8mila richiedenti asilo (fra cui un migliaio di bambini) fuggiti dagli orrori, ma il Viminale chiude il Cara a Castelnuovo di Porto. Saltano anche 107 posti di lavoro della cooperativa Auxilium, che gestisce la struttura

CASTELNUOVO DI PORTO, LO SGOMBERO DELLA VERGOGNA

Chiude il Centro per richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto, alle porte di Roma, il centro in cui papa Francesco venne il 24 marzo 2016 per celebrare la Messa in Coena Domini e lavare i piedi a una volontaria cattolica e a 11 rifugiati, fra i quali 3 musulmani e un indù.


La mattina di martedì 22 gennaio sono cominciati i primi trasferimenti dei residenti nel centro, che oggi ospita 550 migranti, fra i quali una dozzina di bambini. I primi 30 sono stati trasferiti fuori dal Lazio, verso la Basilicata e la Campania. “Li hanno caricati come pacchi sugli autobus, senza precisare la destinazione. Ad alcuni di loro abbiamo mostrato sulle mappe satellitari dove si trova la Basilicata. Altri hanno preferito prendere le loro cose e allontanarsi nella campagna”, racconta Roberto Rotondo, portavoce della cooperativa sociale Auxilium, che negli ultimi anni ha gestito il centro (ma la convenzione, non rinnovata scadrà a fine mese).

Il motivo della chiusura, anticipato due giorni fa dalla Prefettura di Roma a Repubblica, è il mancato adeguamento del Cara, di proprietà dell’Inail e dato in concessione alla Prefettura, alle nuove norme per la gestione della struttura, che necessita di lavori di ristrutturazione.

Inaugurato nel 2008, situato fra la Flaminia e la Tiberina, il Cara di Castelnuovo di Porto in passato ha ospitato fino a un migliaio di persone. “In questo momento non c’era una situazione di sovraffollamento o di illegalità, anzi il nostro è sempre stato considerato un centro di eccellenza”, dice a Famiglia Cristiana Riccardo Travaglini, sindaco di Castelnuovo di Porto. “La nostra comunità”, aggiunge il sindaco, “in questi anni è stata capace di accogliere e integrare gli ospiti del centro, perciò è incomprensibile che si chiuda una realtà che ha dimostrato di funzionare. Tra l’altro si è deciso tutto in fretta, senza alcuna concertazione. Che ne sarà delle decine di dipendenti della cooperativa Auxilium?”.

Monsignor Gino Reali, vescovo di Porto-Santa Rufina, dice all’agenzia Sir: “Dopo tanti anni d’impegno della comunità locale mi pare assurdo interrompere progetti di integrazione ben avviati, con la partecipazione di tanti cittadini volontari della diocesi”. Monsignor Reali contesta anche il metodo del trasferimento “che non mi pare dignitoso per donne, uomini e bambini che hanno alle spalle storie drammatiche. Quale futuro offriamo a queste persone? Quale immagine di civiltà stiamo dando?”. “Chiediamo che non vengano trattati come bestiame”, implora padre José Manuel Torres, messicano, parroco della chiesa di Santa Lucia a Castelnuovo di Porto.

Preoccupa la situazione di coloro che hanno i permessi umanitari in scadenza. Il sindaco assicura di aver attivato i servizi sociali per venire incontro alle situazioni più delicate.

Due giovani migranti musulmani ospiti del centro , Yallow Buba, 20 anni, gabbiano, e Anszou Cissé, 19 anni, senegalese, sono membri onorari della società sportiva Athletica Vaticana, la prima associazione sportiva con sede nella Città del Vaticano. Ora anche loro aspettano di sapere se e dove saranno trasferiti.
(fonte: Famiglia Cristiana, articolo di Roberto Zichittella 22/01/2019)


Sale la protesta contro lo smantellamento del Cara di Castelnuovo. Il vescovo e il parroco: “Assurdo interrompere percorsi d’integrazione”


A Castelnuovo di Porto, comune sulla via Tiberina, è scattata la protesta della società civile per esprimere solidarietà a centinaia di bambini, donne e uomini che saranno trasferiti in altre regioni italiane a seguito della chiusura del Cara da parte del Viminale. Anche stavolta, come accaduto a Riace, viene smantellato un sistema di inserimento e inclusione sociale dei migranti che funzionava bene. Si tratta del secondo centro per rifugiati più grande d’Italia, lo stesso visitato da Papa Francesco il giovedì santo del 2016. Una protesta che serve anche a testimoniare vicinanza agli oltre cento lavoratori italiani (medici, psicologi, mediatori culturali e insegnanti) del Cara a rischio licenziamento. Stasera (ndr martedì 22/01/2019) alle 17 si svolgerà una marcia silenziosa dalla parrocchia di Santa Lucia in Pontestorto fino al centro per rifugiati. Ci saranno anche parroci, gruppi parrocchiali, ragazzi delle scuole dove studiavano i bambini del Cara, volontari, associazioni del territorio, sindacalisti. Lo smantellamento del Cara, ufficialmente chiuso per lo scadere al 31 gennaio dell’appalto gestito dalla cooperativa Auxilium, risentirà degli effetti del decreto sicurezza: su 535 ospiti (401 uomini, 120 donne e 14 bambini) i titolari di protezione internazionale saranno trasferiti in altre strutture ma non si sa in quali città, solo le regioni: Toscana, Umbria e Lombardia. Ma molti rischiano di finire in strada perché hanno i permessi scaduti e non potranno accedere alla seconda accoglienza. Il sindaco di Castelnuovo di Porto, Riccardo Travaglini, la Chiesa locale e gran parte della cittadinanza non ci stanno a veder trattare le persone come pacchi o come “bestiame”, interrompendo percorsi di integrazione efficaci. “Dopo tanti anni d’impegno della comunità locale – commenta al Sir monsignor Gino Reali, vescovo di Porto-Santa Rufina – mi pare assurdo interrompere progetti di integrazione ben avviati, con la partecipazione di tanti cittadini e volontari della diocesi”. Il vescovo contesta anche “il metodo di trasferimento, che non mi pare dignitoso per donne, uomini e bambini che hanno alle spalle storie drammatiche. Quale futuro offriamo a queste persone?”

“Quale immagine di civiltà stiamo dando?”

Mons. Reali conclude con una preghiera “perché questa gente non perda la speranza e trovi la giusta accoglienza”.

Il parroco di Santa Lucia, dove partirà la marcia silenziosa. “Siamo dispiaciuti e preoccupati”.

“Chiediamo che non vengano trattati come bestiame”,

afferma al Sir il parroco di Santa Lucia padre José Manuel Torres, messicano, dei Servi di Gesù, che ospiterà l’inizio della marcia sul piazzale antistante l’antica sede parrocchiale, a pochi passi dalla scuola elementare dove studiavano alcuni bambini del Cara, “strappati all’improvviso dal percorso che avevano iniziato”. “Con la marcia pacifica vogliamo esprimere solidarietà a questi poveri ragazzi. Non sappiamo dove andranno a finire almeno 200 persone. Hanno voluto sgomberare il centro velocemente in modo un po’ misterioso: basti pensare che l’autista del pullman nemmeno sapeva dove doveva andare, forse in Basilicata”.


Un percorso di integrazione esemplare. Padre Torres conferma quanto il sindaco di Castelnuovo di Porto si sia impegnato nel cammino di promozione umana ed integrazione di molti giovani del Cara, coinvolgendoli in lavori socialmente utili, ad esempio nel Museo di arti e mestieri. “Il Comune stava dando un segnale forte di accoglienza e integrazione che contrasta con l’idea generale di cacciare i migranti”, afferma.

“Ci preoccupano molto gli effetti del decreto sicurezza su coloro che non hanno ottenuto lo status di rifugiati e hanno i permessi umanitari in scadenza. Dove andranno?”,

si chiede. Uno di loro, Anthony, nigeriano, faceva perfino il sagrestano in parrocchia. “Era bravissimo. È un dono che ci è stato tolto”. La parrocchia seguiva anche due donne, una del Kenya e l’altra nigeriana, che si stavano preparando al battesimo. “Ora dovranno andare via”, dice il parroco, ricordando anche i tanti bambini del Cara coinvolti nei centri estivi all’oratorio di san Gabriele, “anche musulmani”. “Per noi è stata una grande occasione di scambio tra culture – osserva – ma tra noi c’è anche gente un po’ chiusa che non vedeva di buon occhio questa situazione. La comunità è divisa: c’è chi è disposto all’accoglienza, chi è indifferente e chi invece rifiuta questa presenza”.

Ora alcuni parroci si stanno interrogando: 
“Almeno due si dicono disponibili ad accoglierli se c’è bisogno”.

C’è poi il grande problema degli operatori del centro che perderanno il posto di lavoro. “Si parla di 107/120 lavoratori di cui 40 della zona”, ricorda il parroco di Santa Lucia. La cooperativa Auxilium si sta chiedendo come ricollocare queste persone. Intanto i sindacati hanno deciso di dare battaglia e appresteranno un presidio sotto il Ministero del lavoro e dello sviluppo economico dal 24 gennaio.

(fonte: Sir, articolo di Patrizia Caiffa del 22/01/2019)


Oggi è il secondo giorno di trasferimenti dal centro, che entro la settimana dovrebbe essere svuotato. Davanti alla struttura c'è un sit-in dei lavoratori e degli abitanti di Castelnuovo di Porto.

Dopo le prime 30 persone trasferite ieri in centri di Campania e Basilicata, oggi dal Cara di Castelnuovo partiranno 75 ospiti suddivisi in tre pullman.
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Anche Castelnuovo di Porto si è schierata dalla parte dei rifugiati. Ieri pomeriggio si è svolta una "passeggiata pacifica di solidarietà" con partenza dalla chiesa di Santa Lucia per "essere vicini agli ospiti del Cara in via di trasferimento e ai lavoratori che rischiano di perdere il lavoro".

"Dopo tanti anni d'impegno della comunità locale - ha detto il vescovo della Diocesi di Porto e Santa Rufina, Gino Reali che ha preso parte all'iniziativa - mi pare assurdo interrompere progetti di integrazione bene avviati con la partecipazione di tanti cittadini e volontari delle diocesi".

Il parroco
"È un dramma vero. Il nostro grande disagio è non avere soluzioni" ha detto il parroco della Chiesa di Santa Lucia, Josè Manuel Torres. "Come gestire questi fratelli allo sbaraglio, senza lavoro - spiega - fratelli che hanno cominciato un percorso di integrazione che ora viene interrotto. Chi pagherà per tutto
questo?".

Il "dramma vero" è per i rifugiati ai quali scade il permesso di soggiorno umanitario. "È tutto tremendo e
drammatico anche per i lavoratori della cooperativa che hanno perso il lavoro", continua padre Torres che ha riferito che alcuni parroci si sono detti disponibili ad accogliere alcuni migranti. "Occorre però trovare strutture adeguate...", conclude.