mercoledì 5 dicembre 2018

L'Italia che dice no alla legge di Salvini.


L'Italia che dice no alla legge di Salvini.


Tre storie di disobbedienza civile. Dalle famiglie che hanno accolto i minori e li hanno adottati al sacerdote che propone un digiuno di giustizia.

I disobbedienti della legge di Salvini “ Non manderemo i migranti in strada” 

La legge Salvini su sicurezza e immigrazione è stata promulgata dal presidente della Repubblica ma c’è un’Italia che dice no, che si ribella, che si ritrova attorno agli ideali della solidarietà, che invita alla disobbedienza civile. Un’Italia fatta di famiglie, associazioni, sacerdoti, professionisti che ha deciso di contarsi e di scendere in campo con iniziative e comportamenti di fatto che vanno esattamente in direzione contraria a quella indicata dal governo Conte. È una chiamata che corre sui social, sulle mail, che scende in piazza ma sfida anche il ministro dell’Interno sul piano giuridico. Un pezzo di società che si rifiuta di rassegnarsi all’idea che decine di migliaia di persone, tutti al momento in Italia con regolare permesso di soggiorno che ha il solo vizio d’origine di essere ascrivibile a quella protezione umanitaria che la legge Salvini ha di fatto abolito, possano finire per strada da un giorno all’altro. Immigrati che in nessun modo possono essere espulsi e rimpatriati (almeno fino alla scadenza del permesso) ma ai quali adesso vengono negate integrazione e accoglienza. Per questo, associazioni e gestori dei Cas e dei Cara che in questi giorni si sono visti recapitare dai prefetti le lettere di invito ad estromettere dai centri i titolari di protezione umanitaria dicono che non metteranno in strada nessuno. Le famiglie che hanno aperto le loro case a ragazzi minorenni che ora, a 18 anni fatti, rischiano di diventare irregolari, sono pronte alle barricate e sacerdoti come don Biancalani a Pistoia o don Santoro a Firenze chiamano a raccolta l’Italia disponibile a fare qualcosa. Tra chi è preoccupato per gli effetti della legge Salvini c’è anche la comunità Papa Giovanni XXIII che, con don Aldo Buonaiuto (il sacerdote nel cuore del ministro), ha fatto da ponte per il primo corridoio umanitario dalla Libia. A parlare è il presidente Giovanni Paolo Ramonda: «Il rischio già tangibile è far piombare i migranti nell’irregolarità recidendo i tanti percorsi di integrazione e rinascita cui stiamo assistendo nelle nostre case. Proponiamo che sia ripristinato il decreto flussi che rappresenta i canale di ingresso regolare per il lavoro in Italia”. 

"I nostri ragazzi non si toccano dovrete espellere anche noi"

Intervista a Fabrizio Tonello

I “loro” ragazzi sono decisi a difenderli ad ogni costo. «Dovrete espellere anche noi», dicono le Famiglie accoglienti di Bologna, quelle che da due o tre anni, aderendo ad un progetto del Comune, hanno accolto a casa loro un minore migrante e poi, al compimento del diciottesimo anno e dunque alla conclusione del progetto, hanno deciso di tenerlo con loro
Fabrizio Tonello, professore di Scienze politiche all’Università di Padova, da tre anni ha in casa Moussa, 20 anni, arrivato dal Benin. Ha la protezione umanitaria, parla perfettamente italiano e lavora come mediatore culturale presso una cooperativa. «Come famiglie che hanno un ragazzo africano o asiatico siamo indignate e offese — dice il professor Tonello — Vogliamo dire solo questo: la nostra battaglia non finisce qui. Non metterete in pericolo la vita e la felicità di ragazzi che parlano italiano, lavorano, studiano, vogliono vivere e amare nel nostro Paese. Questo decreto è ignobile e noi lo combatteremo in tutte le sedi, dalla Corte costituzionale, fino alla Corte europea di Strasburgo. Se vorrete cacciare questi preziosi giovani dovrete farlo espellendo anche noi»
La lettera aperta delle famiglie di Bologna, indirizzata anche a tutti i deputati del M5S, da giorni sta girando da un capo all’altro dell’Italia e la mail sta ricevendo centinaia di adesioni. «Siamo inondati, ci scrivono in tantissimi da Palermo a Torino, ci chiedono cosa si può fare. Noi intanto ci costituiamo in associazione e continueremo a sostenere questi ragazzi con la protezione umanitaria che rischiano di perdere la loro condizione. Sappiamo che le questure non li rinnoveranno alla scadenza e anche chi dovesse ottenere la protezione speciale non potrà poi convertire in permesso di lavoro. Una cosa indegna e anticostituzionale. Deve essere la società civile a disobbedire, a ribellarsi e a fare quello che partiti e sindacati non sono riusciti o non hanno voluto fare». — a.z.

“È il momento di schierarsi Noi continuiamo ad accogliere” 

intervista a Alessandro Santoro

«L’appuntamento è per giovedì dalle 13 alle 15 davanti alla prefettura di Firenze. «Digiuno di giustizia in solidarietà con i migranti» lo ha battezzato l’instancabile animatore della comunità delle Piagge, don Alessandro Santoro. Sarà il giorno e il luogo in cui chi vorrà dare la propria disponibilità a fare qualcosa potrà farsi avanti. «È venuto il momento di contarsi e di fare delle scelte. Di dire da che parte si sta e di fare qualcosa — spiega il sacerdote — Bisogna esprimere con forza il dissenso verso questo provvedimento. La legge sull’immigrazione ormai è legge, è vero, ma si deve trovare il coraggio di fare un atto di disobbedienza civile che poi equivale ad un atto di obbedienza alla nostra Costituzione». Alla comunità Le Piagge si continua ad accogliere chi è rimasto senza un tetto. «Pian piano è in arrivo una nuova ondata», dice ancora don Santoro che rivolge un appello a chi ha voglia di scendere in campo. «Stiamo cercando di capire come fare per mettere insieme in maniera produttiva le tante realtà che vogliono contrastare questo delirio. Noi continuiamo a fare il nostro lavoro di sempre ma non basta più. C’è bisogno di gente che sia disponibile ad ospitare o ad intervenire in qualsiasi modo». Don Santoro invita a «maggiore coraggio» anche i gestori di Cas e Sprar che, nelle ultime settimane, si sono dovuti trasformare in una sorta di carcerieri per far rispettare ai migranti l’ordinanza con la quale la prefettura ha disposto un coprifuoco notturno: gli ospiti devono rientrare non dopo le 20 e non uscire prima delle 8, oltre a dover subire l’apertura controllata dei pacchi che dovessero ricevere dall’esterno. «Purtroppo i gestori sono succubi di questo provvedimento che, loro malgrado, finiscono con l’applicare».

(fonte: “la Repubblica” articoli di Alessandra Ziniti 3 dicembre 2018)