martedì 4 dicembre 2018

Crocifisso e presepio nelle scuole?


Crocifisso e presepio nelle scuole
la crociata del Nordest leghista 


Crocifisso e presepio obbligatori all’asilo, nelle scuole e negli uffici. Polizia mobilitata per presidiare sagrati delle chiese e piazze in cui sorgono basiliche. Si profila un Natale lacerato dalle polemiche nel Nordest governato dalla Lega e dalla destra: e l’imbarazzo cresce dentro la stessa Chiesa, scavalcata da obblighi di fede imposti da chi, contemporaneamente, nega l’accoglienza agli immigrati. 

A Trieste il consiglio comunale, su proposta dell’assessore leghista Angela Brandi, ha approvato ieri notte un regolamento che impone negli asili cittadini l’esposizione del crocifisso e un tetto massimo del 30% per gli iscritti stranieri in ogni classe. 
A Trento il neo governatore leghista Maurizio Fugatti, nel suo primo discorso programmatico, ha «invitato caldamente» i responsabili scolastici a fare il presepio e a esporre il crocifisso in classe. La stessa sollecitazione, martedì, è stata rivolta ai dirigenti degli uffici pubblici, proprio mentre il governatore imponeva lo stop al progetto di ospitalità per 40 migranti pachistani. Nei giorni scorsi Fugatti aveva annunciato invece un finanziamento provinciale di 50 mila euro per pagare la scorta della polizia privata ai fedeli che frequentano la basilica di Santa Maria Maggiore, che a metà del Cinquecento ospitò il Concilio di Trento. 
In Veneto la giunta regionale del governatore leghista Luca Zaia è già oltre: le scuole che si apprestano a fare il presepio riceveranno un contributo pubblico di 250 euro. 

L’offensiva prenatalizia, che nel Nordest "autonomista" accomuna le amministrazioni espresse dal leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini, fa insorgere centrosinistra, intellettuali e giuristi fedeli al principio costituzionale di laicità dello Stato. Imbarazza però anche parroci e vescovi, irritati da «iniziative pre-concordatarie» che «imponendo la fede cattolica come un obbligo di Stato rischiano di allontanare le persone da Gesù e dal Vangelo». 

A Trieste l’ordine di esporre il crocifisso negli asili risparmia solo i bagni. La maggioranza Lega-Fi, per evitare che i disobbedienti possano confinare il simbolo della cristianità in spazi secondari, ha previsto l’esposizione in «tutti gli spazi didattici». La croce dovrà così essere appesa anche in sale professori, biblioteche e palestre. In rivolta non solo le famiglie laiche, che rivendicano il diritto di educare liberamente i propri figli: contro l’obbligo comunale, in una città storicamente multietnica e multireligiosa, pure i rappresentanti delle altre fedi, dagli ebrei agli ortodossi. A favore, la curia locale. «Lo Stato è laico — scrive il vicario episcopale Ettore Mainati — non laicista. Se il crocifisso non è brandito come segno di discriminazione, non offende nessuno». Ad accrescere la rivolta, il tetto alla presenza in classe di bambini privi di cittadinanza italiana. In alcuni quartieri le famiglie straniere sfiorano il 50% dei residenti, gli alunni sono nati in Italia e parlano l’italiano. La nuova norma li costringerà a lunghi spostamenti per raggiungere le scuole in cui la concentrazione di «non italiani» è sotto la soglia del 30%. «Non solo viene negato il principio della separazione tra Stato e Chiesa — dice la capogruppo del Pd, Fabiana Martini — ma si discriminano i bambini in base alla razza, precostituendo le condizioni di nuovi ghetti». 
Scosso dal fervore religioso di Lega e destra anche il Trentino, da sempre a maggioranza cattolica. Nel suo discorso d’insediamento il governatore Fugatti si è appellato «ai principi e ai valori cristiani della nazionalità trentina» e a «una tradizione millenaria che prevede il riferimento a simboli come il crocifisso e il presepio, che non devono mancare in scuole e uffici pubblici». «In Trentino — dice Paolo Ghezzi, leader del centrosinistra di "Futura" — l’autonomia assegna alla Provincia la competenza primaria su scuola ed enti pubblici. Chi ci lavora è di fatto un dipendente del governatore: per questo il suo invito assume il valore, se non di un ricatto, di una pressione personale. Cosa succederà a chi non ubbidisce?». 
L’arcivescovo Lauro Tisi è dovuto intervenire anche per frenare le scorte private ai fedeli che frequentano la basilica conciliare di Trento. «Simboli della fede e luoghi di culto — ha detto — non possono essere strumentalizzati dalla politica». «L’obbligo di fede e le messe sotto scorta imposte nel Nordest — dice don Marcello Farina, teologo e presbitero diocesano — fanno parte di una campagna politica orrenda di forze che vorrebbero rifondare la democrazia sulla cristianità. È un disegno europeo, che tenta di imporre un ordine illiberale appellandosi alla paura e a un proprio dio di partito. I primi a doversi opporre sono i cattolici». 
Appello non raccolto dalla destra nemmeno in Veneto. L’assessore regionale all’Istruzione, Elena Donazzan, ha messo in palio 250 euro per ogni scuola che quest’anno tornerà a fare il presepio. Disponibili nel bilancio 46 mila euro, fondi per non più di 184 istituti. «Sono arrivate oltre 500 domande — dice — dal 2019 lancerò un concorso per premiare il presepio più bello». 
Nelle scuole possono mancare docenti, aule e riscaldamento. Non crocifissi e presepi: ora il problema è trovare i soldi per pagare chi controlla che siano esposti e chi decide quali premiare.

(fonte:  “la Repubblica” articolo di Giampaolo Visetti del 29 novembre 2018)

Vedi anche i post precedenti: