lunedì 5 novembre 2018

«La pace deve farsi nella famiglia, nella parrocchia, nelle istituzioni, nel posto di lavoro, cercando sempre la unanimità e la concordia e non il proprio interesse» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
5 novembre 2018
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 

Papa Francesco:
I bambini affamati dello Yemen


La violenta tragedia nello Yemen, dove un intero popolo è sull’orlo del baratro, e le tante piccole «guerre» in famiglia, in parrocchia o sul posto di lavoro hanno le stesse radici e divampano se l’egoismo e il tornaconto selettivo della «rivalità e della «vanagloria» prevalgono su «unanimità e concordia». È un forte appello per la pace, nelle piccole e grandi questioni della vita, quello che Francesco ha rilanciato durante la messa celebrata lunedì 5 novembre a Santa Marta.

«Gesù consiglia di non essere selettivi nella nostra vita, di non farci un’atmosfera di amici e dimenticare tutti gli altri» ha fatto subito presente il Papa, riferendosi al passo liturgico di Luca (14, 12-14) ed evidenziando che «il senso di questo brano del Vangelo è chiaro: non fare le cose per interesse».

«C’è gente — ha affermato il Pontefice — che è selettiva e soltanto ha dei rapporti sociali con coloro che possono servirli, ricambiare loro i favori: agiscono pensando al loro tornaconto e gli altri sono esclusi». Ma questa, ha avvertito, «è una forma di egoismo, di segregazione e di interesse». Invece, ha spiegato Francesco, «il messaggio di Gesù, di Gesù stesso, è il contrario: è quello della gratuità». Infatti «Gesù è venuto da noi non per raccogliere cose o fare un esercito: no, no. È venuto per servirci, per darci tutto gratuitamente».

Ecco che, ha rilanciato il Papa, «il messaggio di Gesù è: “tu agisci gratuitamente con gli altri, senza pensare al ricambio, al tornaconto, al tuo interesse”». E questo stile «allarga: allarga la vita, allarga il cammino della vita, allunga l’orizzonte, perché è universale». Dunque «la gratuità che Gesù ci porta è per tutti: non è selettiva».

Il Pontefice ha proseguito facendo notare che «Gesù su questo, ai dottori della legge che si credevano i giusti del tempo e che erano selettivi nelle amicizie», dice «una cosa molto forte: “Voi che pensate sempre al vostro interesse, voi che vi credete perfetti, aspettate: nel regno dei cieli saranno i pubblicani — cioè i traditori della patria — e le prostitute a entrare prima di voi”». E «contro questo egoismo dell’interesse Gesù è forte e propone questo modo di agire della gratuità, che è propriamente quello che ha portato lui».

«Con lo stesso spirito, con la stessa ispirazione — ha affermato il Papa — Paolo parla ai Filippesi nella prima lettura, e dà loro un consiglio: avete un medesimo sentire, “rimanendo unanimi e concordi” (2, 1-4). Perché, ha detto Francesco, «il selettivo, quello che sceglie secondo il proprio interesse le amicizie o la gente con la quale va avanti nella vita, non è “unanime”, fa divisione sempre: “questi sono i miei, gli altri no”». Sempre «i selettivi sono fattori di divisione». Per questa ragione «Paolo ci consiglia di diventare “unanimi”, anzi “concordi”, cioè con un cuore, tutti: lo stesso cuore».

«Ci sono due cose che vanno contro l’unità, contro questo essere “unanimi” e “concordi”: la rivalità e la vanagloria» ha affermato il Pontefice. E così «se io voglio esaminarmi e vedere se io sono selettivo, devo interrogarmi sulla mia rivalità e sulla mia vanagloria».

Per affrontare la questione della «rivalità», Francesco ha voluto far riferimento, come «esempio», alle esperienze in parrocchia. In proposito ha ricordato che alla messa era presente una comunità parrocchiale romana, quella di Nostra Signora di Bonaria, con una rappresentanza soprattutto di giovani. La rivalità, ha spiegato allora il Papa, può subentrare quando «il parroco deve fare qualche cosa, cambiare gente e la rivalità nasce: “ha scelto questo e non quell’altro”, “ha fatto questo e non quell’altro”». Ecco come nascono «le lotte di rivalità».

Spesso è inutile rammentare a queste persone che sono tutte lì «per servire il Signore», perché la risposta è: «sì, sì, ma io sono primo!». Proprio questa «è la rivalità e anche il chiacchiericcio nasce dalla rivalità, perché tanta gente si sente che non può crescere, ma per diventare più alto dell’altro diminuisce l’altro con il chiacchiericcio». La rivalità diventa così anche «un modo di distruggere le persone».

A questo proposito Paolo dice: «No, nella comunità non ci siano rivalità». Perché «la rivalità è una lotta per schiacciare l’altro. È brutta la rivalità: si può fare in modo aperto, diretto, o si può fare con i guanti bianchi; ma sempre per distruggere l’altro e innalzare se stessi». Il ragionamento è questo: «Siccome io non posso essere così virtuoso, così buono, diminuisco l’altro, così io rimango sempre alto». Dunque «la rivalità è una via a questo agire per interesse».

Poi, ha aggiunto Francesco, c’è anche «la vanagloria: io mi vanto di» qualcosa. Come a dire: «Sono stato eletto io, non l’altro, io che sono più importante, io mi credo migliore degli altri». Ma «questo distrugge una comunità, distrugge una famiglia pure: pensate alla rivalità tra i fratelli per l’eredità del padre, per esempio, questa è cosa di tutti i giorni». E ancora: «Pensate alla vanagloria, a coloro che si vantano di essere migliori degli altri: come Gesù li redarguiva questi, perché distruggono la unanimità, distruggono la concordia e fanno le cose per interesse pensando al tornaconto, alla propria utilità».

«La vita cristiana nasce dalla gratuità di Gesù e deve andare avanti sempre su questa regola di gratuità» ha insistito il Papa, specificando: «Io faccio il bene e non mi preoccupo se gli altri lo fanno o no; io non sono migliore degli altri, no: io faccio quello che devo fare, e non mi preoccupo di andare più alto per rivalità o vanagloria». Ecco «l’unanimità e la concordia, quello che chiede Paolo».

Francesco, a questo punto, ha voluto far riferimento all’attualità, ricordano una grave crisi umanitaria in corso: «Quando noi leggiamo le notizie delle guerre, pensiamo alle notizie della fame dei bambini nello Yemen, frutto della guerra: è lontano, poveri bambini, ma perché non hanno da mangiare?». Però, ha detto il Papa, «la stessa guerra si fa a casa nostra, nelle nostre istituzioni con questa rivalità: incomincia lì, la guerra». E anche «la pace deve farsi lì: nella famiglia, nella parrocchia, nelle istituzioni, nel posto di lavoro, cercando sempre la unanimità e la concordia e non il proprio interesse».

«Chiediamo questa grazia per la nostra comunità parrocchiale, per la nostra famiglia — ha suggerito il Pontefice — e quando mi viene in mente di distruggere in qualsiasi modo o ferire questa unanimità e concordia, fermarmi in tempo e dire: no, questo no». E, ha concluso, «questa è una cosa bella, questa è una cosa grande, questa è la pace e facendo nel nostro piccolo questo, aiuteremo la pace del mondo, di tutta la gente».
(fonte: L'Osservatore Romano)

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