domenica 11 novembre 2018

Gara di solidarietà per Alex: la fila dell'altra Italia in coda per dare e non per ricevere!

Gara di solidarietà per Alex:
la fila dell'altra Italia in coda per dare e non per ricevere!


Per Alessandro Maria, ormai per tutti Alex, il bambino affetto da una rara malattia genetica e ricoverato a Londra, è sfumata la speranza di un trapianto da cordone dal Sant’Orsola di Bologna ma continua la grande gara di solidarietà alla ricerca di un midollo compatibile, da donatore adulto oppure da uno dei cordoni ombelicali conservati nelle banche dei tessuti di tutto il mondo.


Locatelli (Bambino Gesù):
«Portateci Alex, siamo pronti a curarlo»

L'onco-ematologo apre le braccia al bimbo italiano ricoverato a Londra che ha mobilitato migliaia di persone disponibili a donare il midollo

Franco Locatelli (al centro) e la sua équipe

A migliaia nei giorni scorsi, da Nord a Sud, si sono messi in fila per donare il proprio midollo per Alex, il bimbo italiano di 18 mesi affetto da una rarissima patologia e ora ricoverato in un ospedale di Londra, dove si trovano i genitori, anche loro italiani. Una mobilitazione straordinaria, e una gioia per Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco- ematologia pediatrica, terapia cellulare e genica dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Che annuncia: «Se i genitori lo vorranno siamo pronti a curare Alex».

Quale lezione possiamo trarre dalla gara di solidarietà per il piccolo Alex?

I messaggi che arrivano da questa storia dimostrano chiaramente che gli italiani sono molto sensibili alla cultura della donazione. Tuttavia, occorre sottolineare anche che questo tipo di straordinaria e meritoria generosità deve essere poi razionalizzata e canalizzata rispetto a una disponibilità a donare il midollo – o meglio, le cellule staminali – per chiunque ne abbia bisogno. La donazione, insomma, non deve essere una scelta emozionale, condizionata dal singolo caso. La storia di questo bimbo deve piuttosto rappresentare un seme che genera una più larga consapevolezza di un gesto necessario per salvare la vita di tanti pazienti, adulti o bambini che siano. Va, inoltre, rimarcato con un certo orgoglio che il sistema italiano di selezione, reclutamento e gestione dei donatori è straordinariamente performante: il lavoro svolto dal Registro italiano donatori midollo osseo e dal Centro nazionale trapianti è in assoluto tra i migliori al mondo.

In Italia dunque il senso della donazione è molto forte?

Numericamente possiamo contare sul quarto registro al mondo per numero di donatori disponibili, ma soprattutto i nostri donatori sono i più affidabili: quando vengono richiamati, nel momento in cui si comincia a configurare un’eventuale compatibilità con un potenziale ricevente, il tasso di indisponibilità è straordinariamente basso. Un aspetto molto importante da sottolineare, perché è giusto essere orgogliosi del nostro sistema di gestione dei trapianti di cellule e tessuti.

Che significato ha questo dato?

Coloro che in questo momento, motivati dall’appello dei genitori del bambino, vogliono diventare donatori non devono e non possono condizionare la loro disponibilità limitatamente al singolo caso, perché non sarebbe accettabile. Bisogna informare le persone del fatto che le donazioni non possono essere destinate solo per una singola persona ma sono a disposizione di tutti. Questa vicenda può diventare comunque un’occasione per far crescere ulteriormente il livello del registro italiano, uno stimolo emozionale che genera una disponibilità più larga alla donazione e quindi non condizionata dal singolo caso specifico. Quando si saranno spenti i riflettori sulla storia di Alex auspico che permanga e si rafforzi la cultura della donazione.

Cosa sa la scienza della malattia di cui soffre Alex?

La patologia di cui soffre questo bambino è una rara forma di difetto di funzione del sistema immunitario che si chiama linfoistiocitosi emofagocitica familiare (Hlh, dall’inglese Hemophagocytic Lymphohistiocy-tosis), una patologia in cui c’è un difetto nella capacità di rispondere a determinati patogeni, soprattutto a certi virus. In sostanza, si va incontro a un’iperattivazione di altre componenti del sistema immunitario che provocano un danno tessutale importante, espresso da sintomi e da segni bioumorali rilevanti che, se non adeguatamente riconosciuti, possono addirittura portare a morte i soggetti che ne sono affetti. Esiste una cura? Questa patologia oggi beneficia di trattamenti contenitivi davvero innovativi, in particolare di un anticorpo monoclonale contro una molecola chiamata 'interferon gamma' che è la principale responsabile della fisiopatologia di questa condizione. Si tratta di un anticorpo eccezionalmente utile per controllare l’attivazione della risposta immunitaria immunodeficiente e autoaggressiva. Poi però questo risultato deve essere consolidato con l’unico trattamento oggi radicalmente curativo disponibile, cioè il trapianto di midollo osseo.

Chi può donare il midollo?

Nella gerarchia dei donatori impiegabili si parte da un fratello o da una sorella che sia immunegeneticamente identico, ossia Hla compatibile. In assenza della compatibilità con uno di essi, si cerca un donatore nei registri dei donatori di midollo osseo che possa essere compatibile con il ricevente. Va considerato però che esiste un 30 per cento di pazienti che non troverà mai un donatore che sia compatibile, a dispetto dei più di 32 milioni di donatori disponibili nel mondo.

In questi casi esistono altre cure possibili?

Per questa quota di pazienti soprattutto in età pediatrica c’è l’opzione – anch’essa assolutamente valida ed efficace – del trapianto da mamma o da papà. Si tratta di un intervento più complesso da realizzare perché bisogna manipolare le cellule che si vanno a infondere in maniera tale da eliminare selettivamente gli elementi che potrebbero aggredire l’organismo del ricevente.

Ne potrebbe beneficiare anche il piccolo Alex?

Assolutamente sì, i genitori ne sono stati informati, sono assolutamente consapevoli dei potenziali vantaggi che derivano da questo tipo di soluzione. Se vorranno considerare questa opzione, l’Ospedale Bambino Gesù ha già dato la disponibilità a trapiantare Alex con questo approccio. Bisogna sottolineare che, per una sorta di rispetto etico, di fronte a diagnosi di questo tipo prima si parte dal consolidato, quindi dal trapianto da sorella o fratello, dal donatore non consanguineo e poi si offre il trattamento più nuovo, ossia il trapianto dai genitori. Noi abbiamo trapiantato ormai 50 bambini affetti da immunodeficienze primitive con questo approccio innovativo, con una guarigione nell’ordine dell’85 per cento dei casi. Potrebbe essere una soluzione più che valida per Alex. Dunque, se i genitori lo vorranno, noi ci siamo.

(fonte: Avvenire, articolo di Graziella Melina - 8 novembre 2018)

Continua e «deve continuare» la gara di solidarietà per aiutare il piccolo Alex, un bambino in cura a Londra per una grave malattia genetica rara. Per lui occorre trovare delle cellule staminali, provenienti da un cordone ombelicale, che siano compatibili. Ma in questo caso non è impresa facile. Una sacca di queste cellule, forse compatibili, è stata reperita in Italia, ma ancora si devono fare tutte le verifiche.
Per questo il papà, Paolo Montresor, chiede che si continui a cercare e lancia un appello affinché sempre più persone diventino donatori di midollo.

Leggi tutto: Gara di solidarietà per il piccolo Alex, affetto da una malattia rara


In tantissimi hanno risposto all'appello dei genitori di Alessandro Maria, il bambino affetto da una malattia genetica rarissima che a un anno e mezzo ha fatto commuovere il web e smuovere le coscienze. Con un post su Facebook la mamma e il papà del piccolo hanno rivolto un appello al mondo per trovare un donatore che potrebbe avere il midollo compatibile con quello del figlio, che rischia la vita.
La gara di solidarietà è scattata in tutta Italia e a Milano i gazebo organizzati dall'associazione Admo in piazza Sraffa sono stati presi d'assalto con lunghe code.



Napoli-Milano spettacolo di solidarietà.
In coda per Alex: la fila dell'altra Italia

Mettersi in fila a Napoli, e poi rispettarla, è un 'miracolo' al quadrato, di quelli che neppure san Gennaro, forse, contempla. Non è roba da napoletani aspettare il proprio turno, perché si pensa non possa venire mai; e allora meglio giocare d’anticipo, lavorare di gomiti, sorvolare e far finta di non sentire i commenti che il fantasioso vocabolario locale pone largamente a disposizione delle parti in causa. 

È vita quotidiana: negli uffici, come alla fermata dei bus, nei negozi come davanti agli affollatissimi botteghini del 'San Paolo', lo stadio del Napoli di Ancelotti che è tornato a inseguire lo scudetto dopo gli anni di Maradona. Ma davanti a una fila come quella che trapassava da una parte all’altra piazza del Plebiscito, il salotto della città, non c’era più solo da sgranare gli occhi. Si trattava, tra quei giovani accorsi al richiamo di un appello, di tutt’altra questione e tutt’altra Napoli: non quella fracassona e invadente, patria sempre attiva di piccole e grandi furbizie, luogo di scorribande di una violenza organizzata tra le più feroci e sanguinarie. Quel lungo serpentone di persone, soprattutto giovani, era lì per donare, per dare una parte di sé al piccolo Alex, un anno compiuto da poco, ricoverato a Londra e bisognoso di un trapianto di midollo per poter vincere la sua lotta per la vita, insidiata da una rarissima malattia genetica. La fila non si è formata soltanto a Napoli; di fatto ha attraversato il Paese, a cominciare da Milano, dove ha preso avvio, per espandersi a macchia d’olio e di coinvolgente solidarietà.

La pietà è arrivata così non solo a manifestarsi ma a 'dare spettacolo', lasciandosi vedere in volto; il volto di giovani scesi in piazza a sfidare l’impossibile, ovvero la quasi irraggiungibile soglia di una compatibilità dell’uno su un milione. Arrivata, dopo un lungo giro, all’epicentro di piazza del Plebiscito, quella fila tutt’a un tratto ha rovesciato il campo, mettendo in riga e tenendola a distanza, proprio la Napoli corrente, quella che fa parlare di sé soprattutto in cronaca nera. Come un nastro di umanità posto ad avvolgere da un capo all’altro la piazza, quell’interminabile teoria di aspiranti donatori, ha manifestato che, come un altro Paese, anche un’altra Napoli esiste ed è anzi quella vera.

La Napoli pronta a mettersi in fila quando, con la sua voce inconfondibile, a chiamare è la speranza. Non può trattarsi d’altro se, dalle sette del mattino fino a sera, in tremila fanno i turni, per un casting che mette in palio la vita di un bambino. La mobilitazione è scattata coi mezzi d’oggi, un post lanciato dai genitori di Alex sui social; stavolta però non bastava un 'like'. Occorreva scendere realmente in campo, anzi in piazza; cosi davanti ai social si è spianata la strada giusta, e con essa il riscatto da una lunga sequela di usi impropri, quelli che hanno portato a riempire ugualmente le piazze.

Ma di odio, di risentimento, non di rado di violenza. Anche nella fila di piazza Plebiscito, s’è scoperto, c’è stato chi ha tentato di fare il 'furbo', spingendosi avanti, sicuro di avere i requisiti giusti per essere il donatore di Alex. E intorno alla stessa fila si aggirava anche il rammarico di chi, per limiti di età, (fissato non oltre i 35 anni) ne restava escluso in partenza. Farsi avanti per dare e non per avere: quasi un mondo al contrario, o un errore di segno blu nella grammatica della vita corrente. Di errori così, la storia di Napoli è piena più di quanto possa sembrare. Ma quella fila, intanto, è il segno di una città che rialza la testa e, una volta tanto, non parla e non spera soltanto per sé.

Lunga e interminabile essa è apparsa come un grande punto esclamativo che, da piazza Plebiscito, si spingeva oltre, reclamando un’attenzione ampia, a cielo aperto, come un grido capace di diffondersi per le mille piazze di un Paese che proprio in esse conserva e ritrova la propria storia. Le piazze parlano. E il il messaggio giusto stavolta, seppure scritto a più mani, rimane scritto sulla lavagna di Napoli. Un motivo in più per segnalare che la speranza sa scegliere i luoghi dove manifestarsi e rendersi viva con più forza per sbarrare la strada al cinismo e alla rassegnazione. La corsa alla mobilitazione per il piccolo Alex prosegue e ha riempito ieri le piazze di altre città d’Italia. Ma il fatto che sia partita da Milano è un altro segno certo che di speranza si tratta, e non di un 'arcobaleno' spuntato a caso, tra tante tempeste, destinato perciò a dissolversi presto.
(fonte: Avvenire, articolo di Angelo Scelzo 30/10/2018)