Solenne funzione nella cattedrale di Messina presieduta dall'arcivescovo mons. Giovanni Accolla per
l'ordinazione episcopale di mons. Cesare Di Pietro
“Tra il Vangelo e te agisce lo Spirito Santo che colma la povertà dell’uomo e ti rende servitore obbediente. Nella misura in cui sei consapevole di essere sotto e non sopra il Vangelo, non rischierai mai di sentirti un arrivato, al contrario avvertirai l’esigenza di rimanere per tutta la vita un discepolo, bisognoso di farti penetrare dal Vangelo fin nelle profondità del cuore, per diventarne umile servo”. Così mons. Giovanni Accolla, arcivescovo di Messina–Lipari–Santa Lucia del Mela, ieri (2 luglio 2018), nel corso del solenne pontificale di ordinazione episcopale di mons. Cesare Di Pietro, chiamato lo scorso maggio da Papa Francesco ad affiancare il presule come ausiliare della Chiesa messinese.
È stato lo stesso arcivescovo a presiedere la celebrazione. Consacranti altri due presuli, entrambi di origine messinese: il card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, che in passato ha guidato la diocesi messinese, e mons. Vittorio Luigi Mondello, anche lui eletto ausiliare di Messina, poi vescovo di Caltagirone e, infine, di Reggio Calabria – Bova.
Partendo dall’invito a vigilare, scelto come motto da mons. Di Pietro, l’arcivescovo Accolla si è soffermato su cinque differenti aspetti del vegliare, “con la preghiera” e “con amore”. “Prima ancora di consigliare e correggere, incoraggia e valorizza i sacerdoti nei loro doni, assicura affetto, gratitudine e anche il perdono, perché di misericordia abbiamo tutti bisogno. E vigila e veglia – ha detto il presule – su tutti i credenti in Cristo, come fratelli da amare, ascoltare, accogliere”. Altri due aspetti del vigilare sui quali mons. Accolla si è soffermato durante l’omelia della celebrazione di ordinazione episcopale dell’ausiliare: vigilare e vegliare “come povero con i poveri” e a farlo con Maria. “In questa nostra Chiesa hai imparato a vivere in profonda unità la mensa della Parola di Dio, la mensa Eucaristica e l’incontro con i poveri. Sono la premura verso ogni sofferenza e verso quanti si trovano in situazioni di indigenza e di debolezza dell’anima e del corpo – ha detto – a rendere bello e credibile il volto della Chiesa e il vescovo è colui che mostra questo volto più di tutti e prima di tutti”. Infine, l’invito a “vigilare e vegliare come Maria sulla nostra Messina, sulla nostra Chiesa diocesana, sui nostri giovani, sui nostri poveri, per essere strumento della bontà e della misericordia di Dio”.
“Vigilate mecum”. Vigilate con me.
Il nuovo Vescovo ausiliare di Messina, mons. Cesare Di Pietro, ha fatto proprie le parole che esprimono l’invito rivolto da Gesù ai suoi discepoli nell’orto degli ulivi. Un invito alla preghiera per lottare e vincere contro la tentazione e trovare la forza di compiere fino in fondo la volontà di Dio. E’ il suo motto. Parte integrante dello stemma che accompagnerà il suo mandato episcopale, iniziato ufficialmente in un caldo pomeriggio di inizio luglio nella Cattedrale di Messina con il solenne rito di consacrazione.
La celebrazione eucaristica è stata presieduta dall’arcivescovo metropolita di Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela, mons. Giovanni Accolla. Consacranti: il cardinale Francesco Montenegro e l’arcivescovo metropolita emerito di Reggio Calabria, Vittorio Mondello. C’erano i Vescovi della Sicilia. C’erano gli amministratori apostolici che hanno preceduto l’arrivo di mons. Accolla alla guida dell’arcidiocesi di Messina: mons. Antonino Raspanti e mons. Luigi Benigno Papa. Mancavano i predecessori di Accolla, mons. Giovanni Marra (per motivi di salute) e Calogero La Piana.
Hanno concelebrato alcuni sacerdoti dell’Arcidiocesi, con la presenza della Comunità del Seminario arcivescovile S. Pio X, dei diaconi, dei religiosi e delle religiose, e dei fedeli laici di tante comunità ecclesiali. La liturgia è stata animata dal Coro diocesano, diretto da Nazareno Di Benedetto (all’organo il maestro don Giovanni Lombardo). In prima fila le autorità civili e militari. Tra essi il neo sindaco Cateno De Luca. E quello di Fondachelli Fantina, Marco Antonio Pettinato, paese d’origine della Famiglia di mons. Di Pietro. Dall’altra parte la prima fila era occupata dai genitori del nuovo vescovo e dalle sorelle.
Sono le 18 e 10 quando si ripete l’antico gesto dell’imposizione delle mani sul capo dell’eletto, espressione dell’azione dello Spirito Santo donato da Cristo agli apostoli. Un gesto accompagnato dall’antica preghiera di ordinazione. Sul capo dell’ordinando un libro del Vangelo aperto. Il capo del neo Vescovo è stato quindi unto con il sacro crisma. Gli è stato consegnato il libro dei Vangeli e contestualmente gli è stato messo l’anello al dito. Subito dopo gli è stata posta la mitria sul capo e gli è stato consegnato dall’arcivescovo il bastone pastorale.
Le immagini vengono proiettate su due schermi giganti per consentire di vedere anche ai fedeli delle navate laterali. In conclusione il Te Deum e la benedizione all’assemblea impartita da mons. Di Pietro. Nel suo sorriso è racchiusa l’essenza del nuovo vescovo, uomo di cultura e grande umanità. Vicino alla gente e alle comunità religiose prima (attraverso l’Azione cattolica) e dopo dell’ingresso in seminario e dell’ordinazione sacerdotale.
Nel suo discorso, di 12 minuti, mons. Di Pietro ha un pensiero per tutti senza dimenticare di volgere lo sguardo agli ultimi, ai poveri, agli emarginati. Si pone un interrogativo fatto suo dal cardinal Comastri: “Dove agonizza Gesù in questo tempo?”. Il porporato ha osservato: “La divisione in benessere e zone di miseria è l’Agonia di Cristo oggi. Il mondo infatti è composto di due stanze: in una si muore di abbondanza e nell’altra si muore di indigenza”. “Perché non apriamo una porta – si chiede mons. Di Pietro - perché non formiamo una sola mensa? Perché non capiamo che i poveri sono la terapia dei ricchi? Perché siamo così ciechi? In questa perdurante agonia di Gesù nei poveri, nei sofferenti, negli immigrati, nei disoccupati, anche della nostra città, risuona sempre attuale l’invito rivolto dal Signore agli apostoli che gli erano accanto nell’ora suprema del Getsemani: Vegliate con me. Quel Vegliate con me che ho scelto come motto episcopale. Allora rimase disatteso. Riuscirò a non assopirmi?”.
Un pensiero speciale va “ad un grande assente, mons. Marra. Devo molto – ha detto mons. Di Pietro – alla sua paternità e alla scuola del suo servizio pastorale”. Ed un “pensiero filiale all’arcivescovo La Piana, al quale auguro ogni desiderato bene”.
LE LINEE GUIDA DELLA SUA MISSIONE RACCHIUSE NELLO STEMMA
Lo stemma araldico, con le sue regole e i suoi simboli, è un modo per comunicare attraverso le immagini alcuni messaggi precisi: questo vale soprattutto per gli stemmi ecclesiastici, e in modo particolare per quelli scelti dai vescovi, spesso ricchi di simbologie che necessitano di essere interpretate secondo quella speciale scienza storica che si chiama per l’appunto araldica. Nel caso dello stemma di mons. Di Pietro, lo scudo è diviso in due campiture: la prima di colore rosso e la seconda d’azzurro. Il rosso è il colore della carità, dell’amore e del sangue: l’amore intenso e assoluto del Padre che invia il Figlio a versare il proprio sangue per noi tutti privilegiando i più bisognosi, i cosiddetti ultimi, i poveri e gli emarginati dalle realtà opulente che poco si curano di chi sta ai margini della società; il rosso fa anche riferimento allo stemma della città di Messina (croce d’oro in campo rosso), con la croce radiosa, a significare la centralità del sacrificio di Cristo nella storia della salvezza e, quindi, dell’annuncio del Vangelo, compito precipuo del vescovo ma anche come riferimento all’Azione Cattolica da cui mons. Di Pietro proviene. I rami d’ulivo riconducono al Getsemani e il rametto di nocciolo fa riferimento alle radici familiari del Vescovo a Fondachelli Fantina, nel cui territorio sono presenti noccioleti.
Nella parte destra dello stemma di colore azzurro c’è il richiamo alla città di Messina in cui mons. Di Pietro è nato ed ha esercitato il ministero sacerdotale e svolgerà il servizio episcopale come Vescovo ausiliare. Il richiamo è dato dalle onde del mare che abbraccia la città, al di sopra del mare, una composizione richiama la Madonna della Lettera, Patrona di Messina alla quale mons. Di Pietro è molto devoto come ogni suo concittadino. E’ Lei, la Madonna, che ha invocato il presule nel suo discorso: “Perché insieme a lei e a tutti voi – dice rivolgendosi ai fedeli – io possa essere un pastore attento e vigilante. Nella fiduciosa certezza che Cristo è il primo a vegliare su di me. Il custode della Chiesa che non si addormenta e non prende sonno”.
Infine il motto, “Vigilate Mecum, Vegliate con Me” riprodotto nel cartiglio, è tratto dal vangelo di Matteo, nell’episodio di Gesù con i discepoli nel Getsemani, alla vigilia della sua passione.
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