lunedì 4 giugno 2018

Il Corpus Domini di Papa Francesco a Ostia «Chiediamo la grazia di essere affamati di Dio, mai sazi di ricevere ciò che Egli prepara per noi.» Omelia 03/06/2018 (foto, testo e video)

SANTA MESSA E PROCESSIONE EUCARISTICA
NELLA SOLENNITÀ DEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO
Chiesa di Santa Monica (Ostia)
Domenica, 3 giugno 2018

Alle ore 17.15  Papa Francesco ha lasciato in auto il Vaticano per recarsi ad Ostia ove ha presieduto i riti del Corpus Domini, Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, secondo il calendario liturgico della Chiesa italiana.
Al Suo arrivo, alle ore 18, ha inizio la Celebrazione Eucaristica nella piazza antistante la parrocchia di Santa Monica. Concelebrano con il Santo Padre l’Arcivescovo Angelo De Donatis, Vicario di Sua Santità per la Diocesi di Roma, i Vescovi Ausiliari e i sacerdoti delle parrocchie di Ostia. 
Al termine della Santa Messa ha luogo la Processione con il Santissimo Sacramento attraverso alcune strade del quartiere sul litorale romano, che si conclude nei pressi della parrocchia di Nostra Signora di Bonaria dove il Santo Padre imparte la benedizione eucaristica. 
Al termine Papa Francesco rientra in Vaticano.







Le vie di Ostia, attraversate dalla processione del Corpus Domini, tornano per una sera in mano ai cittadini. Papa Francesco, che ha voluto qui la celebrazione proprio per dare la sua vicinanza al quartiere ostaggio della malavita, passa l’ostensorio a monsignor Angelo De Donatis, vicario di Roma che riceverà la porpora nel concistoro di fine mese, e che lo porta in processione tra la gente. Un chilometro e trecento metri in tutto, partendo dalla parrocchia di Santa Monica e arrivando a quella di Nostra Signora di Bellaria dove Francesco dà la benedizione. Il cammino, animato dalle otto parrocchie del X Municipio di Roma (con le due già citate anche San Nicola di Bari, Santa Maria Regina Pacis, Sant'Agostino Vescovo, San Vincenzo de' Paoli, Santa Maria Stella Maris e Sant'Aurea) è stato seguito da una folla numerosa. Insieme con i canti anche alcune brevi meditazioni preparate dalle stesse parrocchie.

«La Chiesa non è un’associazione assistenziale, culturale o politica, ma è un corpo vivente, che cammina e agisce nella storia», ricorda un lettore citando un’omelia di papa Francesco, «costruire», aggiunge un altro, «significa “mettere insieme”, “fabbricare qualcosa unendo diversi elementi”. Questo termine, pertanto, è legato alla materia: si costruisce una casa, qualcosa di solido e concreto. Come si può “costruire il bene”? Lo possiamo fare attraverso gesti di amore, di carità, di misericordia; gesti quotidiani, semplici e concreti che edificano la casa della nostra umanità secondo la volontà di Dio».

E ancora, si cita la preghiera per la pace di Paolo VI: «Noi ti rendiamo grazie per i desideri, gli sforzi, le realizzazioni che il tuo Spirito di pace ha suscitato nel nostro tempo, per sostituire l'odio con l'amore, la diffidenza con la comprensione, l'indifferenza con la solidarietà. Apri ancor più i nostri spiriti ed i nostri cuori alla esigenza concreta dell'amore di tutti i nostri fratelli; affinché possiamo essere sempre più dei costruttori di pace. Ricordati, Padre di misericordia, di tutti quelli che sono in pena, soffrono e muoiono, nel generare un mondo più fraterno».

Un’ora e mezzo di cammino per ripopolare di bene la città. Con i fedeli che, uniti, pregano il «Signore Gesù, Salvatore del genere umano, che sei passato fra di noi facendo del bene a tutti. Ancora oggi passi in mezzo a noi, nel Santo Sacramento, umile, nascosto ma realmente presente, per benedirci, per accompagnarci nella nostra sofferenza, per accendere in noi la fiamma della speranza. Aiutaci con la tua grazia a fare sempre del bene: nella nostra famiglia, ai nostri figli, ai nostri vicini, ai bambini, agli anziani, ai bisognosi, all'emigrante, al rifugiato, a ogni razza, perfino ai nostri nemici, a tutti e dappertutto».

«Aiutaci», dicono gli abitanti di Ostia, «a cercare il bene e a rifiutare il male. Dacci la forza e il coraggio per dire no alla malavita, alla droga, all'alcool, al gioco d’ azzardo, alla disonestà, allo sfruttamento dell'altro, ai soldi sporchi, a ogni sorta di corruzione».

E ancora: «Aiutaci a costruire bene il bene: con impegno, con responsabilità, con onestà, con perseveranza, con gioia, con voglia di fare, con spirito di collaborazione, con un'azione politica giusta, costruendo insieme una civiltà dell'amore alla luce del Vangelo e la grazia dello Spirito Santo».

Infine l’adorazione eucaristica di papa Francesco, che si è fatto trovare nel parcheggio davanti alla parrocchia dove è stato allestito l’altare. E la benedizione circodato dai bambini della comunione e della cresima e da cartelli e striscioni. Uno per tutti: «Papa Francesco, per essere venuto tra noi, grazie di cuore».
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SANTA MESSA
OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO


Nel Vangelo che abbiamo ascoltato è narrata l’Ultima Cena, ma sorprendentemente l’attenzione è posta più sui preparativi che sulla cena stessa. Ritorna più volte il verbo “preparare”. I discepoli domandano, ad esempio: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?» (Mc 14,12). Gesù li invia a preparare con precise indicazioni ed essi trovano «una grande sala, arredata e già pronta» (v. 15). I discepoli vanno a preparare, ma il Signore aveva già preparato.

Qualcosa di simile avviene dopo la risurrezione, quando Gesù appare ai discepoli per la terza volta: mentre pescano, Egli li attende a riva, dove già prepara del pane e del pesce per loro. Ma al tempo stesso chiede ai suoi di portare un po’ del pesce che hanno appena preso e che Lui aveva indicato come pescare (cfr Gv 21,6.9-10). Anche qui, Gesù prepara in anticipo e chiede ai suoi di collaborare. Ancora, poco prima della Pasqua, Gesù aveva detto ai discepoli: «Vado a prepararvi un posto […] perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,2.3). È Gesù che prepara, lo stesso Gesù che però con forti richiami e parabole, prima della sua Pasqua, chiede a noi di prepararci, di tenerci pronti (cfr Mt 24,44; Lc 12,40).

Gesù, insomma, prepara per noi e chiede anche a noi di preparare. Che cosa prepara Gesù per noi? Prepara un posto e un cibo. Un posto, molto più degno della «grande sala arredata» del Vangelo. È la nostra casa spaziosa e vasta quaggiù, la Chiesa, dove c’è e ci dev’essere posto per tutti. Ma ci ha riservato anche un posto lassù, in paradiso, per stare insieme con Lui e tra di noi per sempre. Oltre al posto ci prepara un cibo, un Pane che è Lui stesso: «Prendete, questo è il mio corpo» (Mc 14,22). Questi due doni, il posto e il cibo, sono ciò che ci serve per vivere. Sono il vitto e l’alloggio definitivi. Entrambi ci vengono dati nell’Eucaristia. Cibo e posto.

Qui Gesù ci prepara un posto quaggiù, perché l’Eucaristia è il cuore pulsante della Chiesa, la genera e la rigenera, la raduna e le dà forza. Ma l’Eucaristia ci prepara anche un posto lassù, nell’eternità, perché è il Pane del cielo. Viene da là, è l’unica materia su questa terra che sa davvero di eternità. È il pane del futuro, che già ora ci fa pregustare un avvenire infinitamente più grande di ogni migliore aspettativa. È il pane che sfama le nostre attese più grandi e alimenta i nostri sogni più belli. È, in una parola, il pegno della vita eterna: non solo una promessa, ma un pegno, cioè un anticipo, un anticipo concreto di quello che sarà donato. L’Eucaristia è la “prenotazione” del paradiso; è Gesù, viatico del nostro cammino verso quella vita beata che non finirà mai.

Nell’Ostia consacrata, oltre al posto, Gesù ci prepara il cibo, il nutrimento. Nella vita abbiamo continuamente bisogno di nutrirci, e non solo di alimenti, ma anche di progetti e affetti, di desideri e speranze. Abbiamo fame di essere amati. Ma i complimenti più graditi, i regali più belli e le tecnologie più avanzate non bastano, non ci saziano mai del tutto. L’Eucaristia è un alimento semplice, come il pane, ma è l’unico che sazia, perché non c’è amore più grande. Lì incontriamo Gesù realmente, condividiamo la sua vita, sentiamo il suo amore; lì puoi sperimentare che la sua morte e risurrezione sono per te. E quando adori Gesù nell’Eucaristia ricevi da Lui lo Spirito Santo e trovi pace e gioia. Cari fratelli e sorelle, scegliamo questo cibo di vita: mettiamo al primo posto la Messa, riscopriamo l’adorazione nelle nostre comunità! Chiediamo la grazia di essere affamati di Dio, mai sazi di ricevere ciò che Egli prepara per noi.

Ma, come ai discepoli allora, anche a noi oggi Gesù chiede di preparare. Come i discepoli domandiamogli: “Signore, dove vuoi che andiamo a preparare?”. Dove: Gesù non predilige luoghi esclusivi ed escludenti. Egli ricerca posti non raggiunti dall’amore, non toccati dalla speranza. In quei luoghi scomodi desidera andare e chiede a noi di fargli i preparativi. Quante persone sono prive di un posto dignitoso per vivere e del cibo da mangiare! Ma tutti conosciamo delle persone sole, sofferenti, bisognose: sono tabernacoli abbandonati. Noi, che riceviamo da Gesù vitto e alloggio, siamo qui per preparare un posto e un cibo a questi fratelli più deboli. Egli si è fatto pane spezzato per noi; chiede a noi di donarci agli altri, di non vivere più per noi stessi, ma l’uno per l’altro. Così si vive eucaristicamente: riversando nel mondo l’amore che attingiamo dalla carne del Signore. L’Eucaristia nella vita si traduce passando dall’io al tu.

I discepoli, dice ancora il Vangelo, prepararono la Cena dopo essere «entrati in città» (v. 16). Il Signore ci chiama anche oggi a preparare il suo arrivo non rimanendo fuori, distanti, ma entrando nelle nostre città. Anche in questa città, il cui nome – “Ostia” – richiama proprio l’ingresso, la porta. Signore, quali porte vuoi che ti apriamo qui? Quali cancelli ci chiami a spalancare, quali chiusure dobbiamo superare? Gesù desidera che siano abbattuti i muri dell’indifferenza e dell’omertà, divelte le inferriate dei soprusi e delle prepotenze, aperte le vie della giustizia, del decoro e della legalità. L’ampio lido di questa città richiama alla bellezza di aprirsi e prendere il largo nella vita. Ma per far questo occorre sciogliere quei nodi che ci legano agli ormeggi della paura e dell’oppressione. L’Eucaristia invita a lasciarsi trasportare dall’onda di Gesù, a non rimanere zavorrati sulla spiaggia in attesa che qualcosa arrivi, ma a salpare liberi, coraggiosi, uniti.

I discepoli, conclude il Vangelo, «dopo aver cantato l’inno, uscirono» (v. 26). Al termine della Messa, saremo anche noi in uscita. Cammineremo con Gesù, che percorrerà le strade di questa città. Egli desidera abitare in mezzo a voi. Vuole visitare le situazioni, entrare nelle case, offrire la sua misericordia liberatrice, benedire, consolare. Avete provato situazioni dolorose; il Signore vuole esservi vicino. Apriamogli le porte e diciamogli:

Vieni, Signore, a visitarci. 
Ti accogliamo nei nostri cuori, 
nelle nostre famiglie, nella nostra città. 
Grazie perché ci prepari il cibo della vita 
e un posto nel tuo Regno. 
Rendici preparatori attivi, 
portatori gioiosi di Te che sei la vita, 
per portare fraternità, giustizia e pace 
nelle nostre strade. Amen.


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