sabato 19 maggio 2018

Missione è dare voce all’amore fedele di Dio... ma solo una Chiesa svincolata da potere e denaro, libera da trionfalismi e clericalismi testimonia in modo credibile che Cristo libera l’uomo. Papa Francesco al Cammino Neocatecumenale


Missione è dare voce all’amore fedele di Dio, è annunciare che il Signore ci vuole bene 
e che non si stancherà mai di me, di te, di noi e di questo nostro mondo... 
ma solo una Chiesa svincolata da potere e denaro, libera da trionfalismi
 e clericalismi testimonia in modo credibile che Cristo libera l’uomo.
Papa Francesco 
incontro internazionale in occasione del 
50° anniversario dell'inizio 
del CAMMINO NEOCATECUMENALE
(Testo e video)




Il 5 maggio 2018 a Tor Vergata (Roma) si è celebrato giubileo del Cammino Neocatecumenale, iniziato già la sera del giorno precedente, quando circa 150 mila persone provenienti da 134 nazioni dei cinque continenti si sono riversati durante la notte nel campus dell’università per il grande evento con Papa Francesco. Kiko Argüello, l’iniziatore dell’itinerario neocatecumenale, ha fatto cenno alle origini (per conoscere la storia del Cammino vai: 
http://camminoneocatecumenale.it/it/homepage/)

e con una punta di commozione ricordando Carmen, per una vita sua compagna di missione, scomparsa nel luglio 2016 dopo una lunga malattia. Erano presenti anche  padre Mario Pezzi e Maria Ascensiòn Romero sul palco rosso dove campeggiava una copia gigante dell’icona del “Giudizio Universale” e dove erano seduti una novantina tra vescovi, cardinali e capi Dicastero: Ouellet, O’Malley, Schönborn, Toppo, Rylko, Filoni, Osoro, Fisichella, giusto per citarne alcuni
Papa Francesco è stato accolto da un canto alla Madonna e da uno scroscio di applausi proseguito lungo tutto il giro in papamobile, durante il quale si è fermato a salutare in particolare i bambini delle 34 famiglie che ha poi inviato per la missio ad gentes in zone di Europa, Africa e Medio Oriente dove, ha sottolineato Kiko, «non c’è alcuna presenza cristiana».



Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Sono felice di incontrarvi e dire con voi: grazie! Grazie a Dio, e anche a voi, soprattutto a quanti hanno fatto un lungo viaggio per essere qui. Grazie per il “sì” che avete detto, per aver accolto la chiamata del Signore a vivere il Vangelo e ad evangelizzare. E un grande grazie va anche a chi ha iniziato il Cammino neocatecumenale cinquant’anni fa.

Cinquanta è un numero importante nella Scrittura: al cinquantesimo giorno lo Spirito del Risorto discese sugli Apostoli e manifestò al mondo la Chiesa. Prima ancora, Dio aveva benedetto il cinquantesimo anno: «Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo» (Lv25,11). Un anno santo, nel quale il popolo eletto avrebbe toccato con mano realtà nuove, come la liberazione e il ritorno a casa degli oppressi: «Proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti – aveva detto il Signore –. […] Ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia» (v. 10). Ecco, dopo cinquant’anni di Cammino sarebbe bello che ciascuno di voi dicesse: “Grazie, Signore, perché mi hai davvero liberato; perché nella Chiesa ho trovato la mia famiglia; perché nel tuo Battesimo le cose vecchie sono passate e gusto una vita nuova (cfr 2 Cor 5,17); perché attraverso il Cammino mi hai indicato il sentiero per scoprire il tuo amore tenero di Padre”.
Cari fratelli e sorelle, alla fine canterete il “Te Deum di ringraziamento per l’amore e la fedeltà di Dio”. È molto bello questo: ringraziare Dio per il suo amore e per la sua fedeltà. Spesso lo ringraziamo per i suoi doni, per quello che ci dà, ed è bene farlo. Ma è ancora meglio ringraziarlo per quello che è, perché è il Dio fedele nell’amore. La sua bontà non dipende da noi. Qualsiasi cosa facciamo, Dio continua ad amarci fedelmente. Questa è la fonte della nostra fiducia, la grande consolazione della vita. Allora coraggio, non contristatevi mai! E quando le nubi dei problemi sembrano addensarsi pesantemente sulle vostre giornate, ricordatevi che l’amore fedele di Dio splende sempre, come sole che non tramonta. Fate memoria del suo bene, più forte di ogni male, e il dolce ricordo dell’amore di Dio vi aiuterà in ogni angustia.
Manca ancora un grazie importante: a quanti state per andare in missione. Sento di dirvi qualcosa dal cuore proprio sulla missione, sull’evangelizzazione, che è la priorità della Chiesa oggi. Perché missione è dare voce all’amore fedele di Dio, è annunciare che il Signore ci vuole bene e che non si stancherà mai di me, di te, di noi e di questo nostro mondo, del quale forse noi ci stanchiamo. Missione è donare ciò che abbiamo ricevuto. Missione è compiere il mandato di Gesù che abbiamo ascoltato e su cui vorrei soffermarmi con voi: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19).

Andate. La missione chiede di partire. Ma nella vita è forte la tentazione di restare, di non prendere rischi, di accontentarsi di avere la situazione sotto controllo. È più facile rimanere a casa, circondati da chi ci vuol bene, ma non è la via di Gesù. Egli invia: “Andate”. Non usa mezze misure. Non autorizza trasferte ridotte o viaggi rimborsati, ma dice ai suoi discepoli, a tutti i suoi discepoli una parola sola: “Andate!”. Andate: una chiamata forte che risuona in ogni anfratto della vita cristiana; un invito chiaro a essere sempre in uscita, pellegrini nel mondo alla ricerca del fratello che ancora non conosce la gioia dell’amore di Dio.

Ma come si fa per andare? Bisogna essere agili, non si possono portar dietro tutte le suppellettili di casa. La Bibbia lo insegna: quando Dio liberò il popolo eletto, lo fece andare nel deserto col solo bagaglio della fiducia in Lui. E fattosi uomo, camminò Egli stesso in povertà, senza avere dove posare il capo (cfr Lc 9,58). Lo stesso stile domanda ai suoi. Per andare bisogna essere leggeri. Per annunciare bisogna rinunciare. Solo una Chiesa che rinuncia al mondo annuncia bene il Signore. Solo una Chiesa svincolata da potere e denaro, libera da trionfalismi e clericalismi testimonia in modo credibile che Cristo libera l’uomo. E chi, per suo amore, impara a rinunciare alle cose che passano, abbraccia questo grande tesoro: la libertà. Non resta più imbrigliato nei propri attaccamenti, che sempre reclamano qualcosa di più ma non danno mai la pace, e sente che il cuore si dilata, senza inquietudini, disponibile per Dio e per i fratelli.
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IL DISCORSO DI PAPA FRANCESCO


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Servizio di TV2000



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