giovedì 10 maggio 2018

Chiara Lubich e la profezia della povertà

Chiara Lubich e la profezia della povertà

Cosa ha da dire ancora oggi l’Economia di Comunione, nata 27 anni fa? Se n’è discusso a Roma in un convegno organizzato in occasione del decennale della scomparsa della fondatrice del Movimento dei Focolari, promosso dall’ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Pietro Sebastiani.


«L’Economia di Comunione è un progetto nato 27 anni fa, che ha elementi profetici. Profezia è una parola che viene dal greco e vuol dire dono, gratuità, ma tutto ciò che non va sempre insieme all’economia». E invece, afferma l’economista Luigino Bruni, la fondatrice dei Focolari Chiara Lubich, con una sua intuizione del 1991, avuta mentre sorvolava le favelas brasiliane, è riuscita a coniugare economia e comunione (EdC), «dandoci questo dono con cui si guarda il mondo, la vita, con occhi diversi». Di “Chiara Lubich e l’Economia di Comunione: il percorso di una profezia” si è parlato giovedì a Roma, nell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. Padrone di casa, l’ambasciatore Pietro Sebastiani, che ha aperto l’incontro moderato dalla giornalista Paola Severini, a cui sono intervenuti monsignor Giovanni Angelo Becciu, sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato del papa, Maria Voce, presidente dei Focolari, gli economisti Bruni e Leonardo Becchetti e Simona Rizzi, presidente del consorzio Tassano Servizi territoriali, con più di 130 soci, di cui l’85% donne.


Economia e comunione, ha dichiarato monsignor Becciu, si devono incontrare. «Il mio auspicio è che i progetti di economia di comunione possano continuare a favorire nel mondo l’incontro tra il Cielo e la terra». L’EdC ha elementi profetici perché mette al centro i poveri e dalla loro prospettiva guarda il mondo, ed ha prodotto dei segni, come cittadelle, imprese, poli industriali. «Chiara, anche perché donna, ha sempre visto la povertà come rapporti, non come una questione di reddito individuale. E noi sappiamo, grazie agli studi – aggiunge Bruni – che la povertà non è un problema di reddito. Le persone sono povere perché non hanno capitali: sanitari, educativi, sociali, spirituali, familiari, che poi diventano mancanza di reddito. Ma se non si curano i capitali, il reddito sprofonda nel nulla». Per la Lubich l’imprenditore, il profitto, sono una cosa seria. Ha una stima infinita dell’imprenditore, che vede come un fratello che crea per condividere. «Chiara – sottolinea ancora Bruni – non vede il profitto come un male, perché è il frutto del lavoro, ma chiede all’imprenditore di condividerlo con i giovani e con le persone in povertà, che è una condizione dalla quale si può uscire grazie alla comunione».


E dei valori dell’EdC ha molto bisogno il mondo come prova, afferma Becchetti, l’appello del presidente francese Emmanuele Macron ai credenti, ai quali ha detto: abbiamo bisogno di voi. «Questo perché il mercato – ha spiegato l’economista – ha bisogno di un sistema solidissimo di valori, di fiducia, di rispetto dei contratti, di capitale sociale, di reciprocità, ma questi valori non sono prodotti dal mercato stesso, se non in piccola parte. Il sistema economico è programmato per il benessere dei consumatori e per i profitti delle imprese. Peccato che il terzo obiettivo, cioè la felicità delle persone che si realizzano nel lavoro, è in secondo piano». Per Becchetti «bisogna partire da un’intuizione profetica, da una discesa in campo, da un impegno in prima persona. Quella di Chiara è un’intuizione eccezionale, di incarnazione. Il progresso dell’umanità avviene sempre per incarnazione, cioè quando l’ideale non resta disancorato dalla realtà». Ma cosa ha mosso la giovanissima maestra di Trento, durante la seconda guerra mondiale, a dar vita, quasi senza rendersene conto, ad un Movimento che conta oltre 2 milioni di aderenti di diversi credi e religioni in 200 nazioni? «L’amore. L’amore – sottolinea Maria Voce – verso Dio e verso l’uomo, ogni uomo». Credendo che tutti gli uomini sono figli di Dio e fratelli fra di loro, «con un lavoro incessante e una convinzione profonda, Chiara ha formato migliaia e migliaia di persone, che oggi costituiscono il Movimento dei Focolari nel mondo, ed ha permesso di innestare nella società quella linfa nuova che, magari pian piano, senza strepito, la cambia alla radice». Un percorso dunque, che – afferma l’ambasciatore Sebastiani – «può offrire una prospettiva percorribile per affrontare il futuro».

Ambasciatore, perché un convegno su Chiara Lubich e sull’Economia di Comunione?
Credo che le istituzioni abbiano il dovere di coltivare la memoria. Chiara Lubich è sicuramente una figura di riferimento per tutta una parte della società civile, cattolica e religiosa, ma non solo tale. L’Economia di Comunione, alla luce del decennio che abbiamo avuto, di durissima crisi economica, è molto attuale e si va a completare bene con quello che sta avanzando sul fronte dell’economia civile, dell’economia circolare: l’Agenda globale 2030 proposta dalle Nazioni Unite a livello internazionale e l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, che pongono al centro l’uomo e lo ricollegano in tutti i suoi aspetti. Ci sembrava poi che parlare di Economia di Comunione di fronte a decine di ambasciatori (al convegno ne erano presenti circa 40!) di Paesi in cui il Movimento dei Focolari è già presente fosse interessante: vogliamo contribuire anche noi alla riflessione e alla diffusione di queste che sono per noi buone pratiche.

Nel titolo del convegno si parla del “profezia”, una parola potente…
Profezia è un termine forte e lo abbiamo scelto per stimolare l’attenzione e dare una cornice a ciò di cui parlavamo. Profezia vuol dire saper guardare avanti. Se uno pensa alla vita di Chiara Lubich, ai suoi inizi, negli anni Quaranta, durante la guerra, al suo saper guardare oltre, diamo degli esempi di quel saper vedere la luce oltre le difficoltà, anche negli anni di disorientamento, di fatica, in cui sembra tutto buio, e questo è anche l’impegno di ciascuno di noi, ognuno nel proprio settore.

Come si può coniugare quell’arte del dialogo di Chiara Lubich e la volontà di mettere l’uomo al centro?
L’Agenda 2030 dell’Onu dimostra come non si possa parlare di ambiente senza parlare di salute, di come la salute sia legata all’alimentazione, che è a sua volta legata al tema della fame, dell’ambiente e dell’acqua e come questi temi siano legati a quelli dei diritti umani e della pace. Tutto questo è un nuovo umanesimo, in fondo, un rimettere l’uomo al centro impegnando non solo i Paesi, come fa l’Agenda 2030, ma ciascuno di noi, nel nostro piccolo, a perseguire questi obiettivi importantissimi.