venerdì 9 marzo 2018

Lutti e lutti di Tonio Dell'Olio - Davide Astori capitano della Fiorentina e Idy Diene ambulante senegalese

Mosaico dei giorni
9 marzo 2018
Lutti e lutti
Tonio Dell'Olio

La marea viola che ha accompagnato l'ultimo addio a Davide Astori, il pianto commosso di tantissimi, l'abbraccio tra tifoserie avversarie, il silenzio osservato scrupolosamente e sinceramente da tutta Firenze, sono un segnale importante che ci fanno disotterrare la nostra umanità, una sensibilità che temevamo ormai lontana. 
Allo stesso modo dicono anche della qualità umana di un uomo giovane che si è speso lealmente nel campo di gioco dello sport e della vita. 

Così è successo che da una scuola elementare di Firenze il maestro ci racconta: 
“Oggi a scuola abbiamo osservato il lutto di un minuto: quando ho invitato la classe a fare silenzio per ricordare 'una persona morta di recente in città', una bambina ha domandato: 'Maestro, ma è per l'uomo di colore ucciso sul ponte?' 
Ecco, spiegateglielo voi ai bambini che Firenze è a lutto 'solo' per il suo capitano viola e non per un immigrato ucciso brutalmente per strada. 
Spiegateglielo voi, io non ci sono riuscito e mi dispiace, grande Davide, ma il minuto di silenzio oggi l'hai smezzato con un poveraccio 'qualsiasi'”... 

E da quello che abbiamo capito di Davide Astori, non deve essergli spiaciuto affatto di accomunare dolore e sorte con un cittadino nigeriano che solo qualche giorno prima aveva macchiato l'asfalto col proprio sangue.

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Piange, Firenze. C’è la famiglia con i bambini che è arrivata alle otto di mattina per prendere posizione in Piazza Santa Croce. C’è il barista che si stropiccia gli occhi. Davide Astori, stroncato da una bradiartimia il 4 marzo in un hotel Udine, ha commosso tutti e oggi per i suoi funerali sono arrivate oltre diecimila persone. Striscioni, bandiere, sciarpe, immagini col volto del capitano che resterà per sempre nella storia della città. C’è stata grande compostezza nella mattinata fiorentina, un silenzio di rispetto verso Astori rotto solo dagli applausi per i tanti personaggi del mondo del calcio che via via entravano in chiesa. 
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L’arcivescovo Betori: 
“In lui le virtù più alte del nostro popolo” 
«Siamo qui a pregare per Davide, in questa basilica che l’Italia ha voluto fosse il sacrario degli uomini più illustri che l’hanno onorata, e che custodisce le virtù più alte del nostro popolo» ha detto il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze: «Queste virtù noi riconosciamo in Davide - ha aggiunto - e per questo lo salutiamo in questo luogo». 
“Ci richiama a prenderci cura degli altri” 
La vita «spezzata da un male misterioso» di Davide Astori «richiami tutti noi a prenderci cura della vita degli altri, soprattutto dei più deboli e dei più miseri» ha proseguito Betori. «Abbiamo scoperto in questi giorni, con ammirazione - ha detto Betori - l’impegno del capitano per i bambini malati nel nostro ospedale Meyer e in Paesi lontani. Ma non meno significativa è stata la testimonianza di suoi compagni più giovani, che nella squadra si sono sentiti da lui accolti, indirizzati, sorretti». 
“In un momento difficile lo sport incarnava valori” 
«Non è un momento semplice, questo, per la pratica sportiva, tra chi la vuole illusoria fabbrica di idoli e chi ne vede solo le potenzialità economiche», ma la morte di Davide Astori «ha raccolto tante attestazioni da parte di chi gli era vicino proprio a riguardo della ricchezza di valori che egli incarnava con spontaneità e verità» ha aggiunto Betori. «Riportare lo sport alla sua vocazione di luogo di crescita della persona e di promozione della vita sociale dipende essenzialmente dalla circolazione di valori autentici che solo persone autentiche possono assicurare», ha detto Betori, ricordando che «Davide Astori è stato un importante uomo di sport», ed «essergli grati significa esserne eredi, con consapevolezza e semplicità». 
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Città in lutto 
Il sindaco di Firenze Dario Nardella ha proclamato il lutto cittadino: sugli edifici pubblici la bandiera è a mezz’asta e anche i mezzi di trasporto pubblico ricordano il capitano della Viola. Nell’ordinanza Nardella invita ad osservare nei luoghi di lavoro un minuto di silenzio e raccoglimento alle ore 13 (numero della maglia indossata da Astori) e a osservare nelle scuole un minuto di silenzio e raccoglimento, dove possibile, sempre alle ore 13 e comunque nella mattina di oggi. Inoltre, Nardella invita gli esercizi commerciali ad abbassare le saracinesche per 10 minuti dalle 13 alle 13.10 e le scuole a promuovere, in accordo con le autorità scolastiche competenti, autonomi momenti di riflessione e di approfondimento sul tema del valore dello sport e del calcio in particolare. 
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C’è una ragazza appena 18enne a Mont Rolland, un villaggio contadino nel Senegal, che per la seconda volta piange il padre. Nel 2011 ha perso il padre naturale, ieri mattina il padre adottivo. Tutti e due li hanno ammazzati a pistolettate, a Firenze. Sempre da un italiano. “Ci eravamo andati nel 2011 a Mont Rolland, portammo al centro del villaggio i corpi di Samb e Diop – racconta Mamadou Sall, portavoce dei senegalesi di Firenze –. Spiegammo ai vecchi e ai bambini che gli italiani, i fiorentini, non sono tutti fascisti e razzisti. Ora chi ci andrà? Cosa diremo?”. Nel 2011 un fascista, Gianluca Casseri, sparò a Samb Modou e Diop Mor e poi si suicidò. Ieri a quanto pare è stato un uomo di 65 anni che ha perso il lume della ragione.

Stavolta il razzismo non c’entra, così dicono la polizia e il procuratore della Repubblica. Però non basta a rassicurare i senegalesi di Firenze, comunità storica e strutturata che ieri mattina, poco prima di mezzogiorno, ha visto un altro dei suoi cadere sotto una serie di colpi di pistola, sparati da un fiorentino 65enne sul centrale ponte Vespucci. Come il 13 dicembre 2011 in piazza Dalmazia: due morti ammazzati e il suicidio dell’aggressore, un estremista di destra vicino a CasaPound che, naturalmente, prese subito le distanze.

Ieri la stessa sorte è toccata a Idy Diene, 54 anni, ambulante senegalese che viveva da anni in Italia con regolare permesso di soggiorno. Era un cugino di Samb, ucciso a 40 anni nel 2011. Veniva come lui da Mont Rolland, il villaggio che porta lo stesso nome del Santuario del Jura da cui erano partiti i monaci francesi che lo fondarono nell’800. Dopo la morte di Samb si era preso cura di sua figlia, l’ha adottata e con i soldi guadagnati in Italia l’ha fatta studiare. Qualche mese fa ha sposato sua madre, la vedova di Samb, che dopo anni ha ottenuto la cittadinanza e vive a Firenze. La ragazza li avrebbe raggiunti presto, raccontano gli amici. E invece anche Idy è stato ucciso: almeno due proiettili, uno alla testa e uno al torace, mentre altri non sarebbero andati a segno. I testimoni raccontano un’esecuzione: i primi colpi, una pausa e poi gli altri.

L’omicida, Roberto Pirrone, è stato fermato poco dopo da militari della Folgore dell’operazione Strade sicure e consegnato alla polizia, che peraltro lo stava già cercando perché sua figlia aveva dato l’allarme: “Mio padre è uscito con la pistola, dice che vuole uccidersi”. Una lettera lo conferma: quest’uomo, un ex tipografo incensurato, era in gravi difficoltà economiche e non sapeva come uscirne. Pirrone avrebbe spiegato alla polizia proprio questo: “Volevo suicidarmi ma poi non ho avuto il coraggio e ho sparato al primo adulto che ho incontrato”.
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... Idy Diene viveva a Firenze da 10 anni ed era molto ben voluto da tutti. Vendeva gli ombrelli nei giorni di pioggia per mantenere la famiglia in Senegal. “Non aveva mai fatto del male a nessuno ed era gentile con tutti”, si legge in uno dei tanti cartelli appesi sul luogo dell'omicidio. Era sempre sorridente, anche se la vita amara dei migranti e, ancor di più, degli africani presenti a Firenze, non è certo facile.
In quello stesso momento, a pochi metri dal luogo dell’omicidio, molte persone manifestano la propria disperazione, l’insicurezza di vivere in una città dove il giorno prima un uomo, armato di pistola, ha deciso di uccidere un altro uomo, in pieno centro, sotto la luce del sole, come se niente fosse.

Conosco molti dei volti che erano presenti, a centinaia, in questo luogo tanto bello e che oggi appare particolarmente triste, sotto la luce soffusa del sole di fine inverno. Sono volti della città, gente che incontriamo la mattina davanti a un bar, a un negozio, con la sua bancarella di fortuna, ma anche tanti mediatori interculturali, ragazzi della scuola, volontari, operatori del sociale. Volti che poco si distinguono l’uno dall’altro perché l'espressione umana che prevale in ciascuno di essi è la tristezza, l’incredulità e la rabbia.

Perché Idy era come uno di noi, uno che ieri ha lasciato la propria casa per recarsi in un qualche altro luogo della città. Perché lui, come ciascuno di noi, ieri, su quel ponte, ha perso qualcosa di troppo prezioso. Quei colpi scaricati su di lui hanno colpito l’intera città. L'intera comunità di Firenze che ora sembra smarrita, disperata, indifesa. La comunità senegalese di Firenze è numerosa, ma anche molto silenziosa, pacifica, ma non oggi e grida ad alta voce che la politica dell’odio ha armato la mano che ha ucciso Idy ieri. La stessa rabbia già manifestata quando, poco dopo le ore 12:00 del 13 Dicembre del 2011, venivano uccisi in piazza Dalmazia, sempre a Firenze, altri due senegalesi, Samb Modou (cugino di Idy Diene) e Diop Mor, sotto i colpi di una Magnum 357 impugnata da un attivista di CasaPound, Gianluca Casseri, ferendo anche un terzo senegalese, Moustapha Dieng, che rimase gravemente ferito.

Ragazzi e ragazze del Senegal e di tanti altri Paesi africani hanno lanciato un grido di dolore e rabbia anche per una condizione che loro definiscono come “di soprusi e umiliazioni” sempre più crescenti in questi ultimi anni, a Firenze. ...

A poca distanza dal luogo dell’omicidio si riuniscono alcuni ragazzi di CasaPound. La loro presenza rischia di innescare uno scontro pericoloso e la polizia, in assetto anti Somoza blocca la via che dal Ponte Vespucci porta direttamente al Ponte Vecchio, a pochi passi dal Palazzo Comunale. I senegalesi più anziani e molti italiani presenti sul posto creano una sorta di barriera tra i giovani e la polizia e la situazione si calma soltanto con la presenza dell’Imam di Firenze, Ezzeddine Elzir, che chiede a tutti i presenti di inginocchiarsi per terra, sulla strada mentre inizia una preghiera in arabo e italiano in suffraggio di Idy. 
Ezzeddine ricorda alla folla che in quel luogo un uomo è stato ucciso e chiede pace e rispetto: “In questo luogo possiamo soltanto piangere senza far rumore la morte assurda di Idy. In questo luogo dobbiamo rispettare la dignità di una persona che non aveva mai fatto del male a nessuno, che era ben voluto da tutti. Questo è un luogo di preghiera e di dolore ma deve essere anche un luogo di pace.” Le persone pregano, ciascuno nella sua lingua, nella sua cultura religiosa e si placa la protesta. ...