lunedì 12 febbraio 2018

Bambini soldato: il mondo sta a guardare?

Bambini soldato: il mondo sta a guardare?

Oggi è la giornata contro l’uso dei bambini soldato: nel mondo 56 gruppi armati e 7 eserciti regolari utilizzano minori, a dispetto di tutti gli accordi internazionali

È cambiata la geografia mondiale del fenomeno, ma non la sua entità. I bambini soldato continuano ad essere utilizzati nei conflitti armati, nonostante gli accordi internazionali, fra cui quello fondamentale entrato in vigore il 12 febbraio 2002, all’origine della Giornata internazionale contro l’uso dei bambini soldato che ricorre oggi (qui il testo).

Eppure l’emergenza bambini soldato sembra finita in fondo alla lista dall’agenda internazionale. Dei fondi per l’aiuto allo sviluppo solo lo 0.6% viene utilizzato per smobilitare e reintegrare i bambini rapiti dalle milizie e costretti a commettere atrocità e a combattere, accusa l’organizzazione Child Soldiers International. E non viene fatto abbastanza per impedire che in alcuni Paesi i bambini vengano arruolati, a volte anche negli eserciti regolari.

L’ultimo rapporto delle Nazioni Unite sui bambini nei conflitti armati stila un elenco di 56 gruppi armati e di sette eserciti regolari che reclutano e utilizzano bambini. Durante il 2017, più di 3000 casi sono stati registrati solo nella Repubblica democratica del Congo e almeno 19.000 nel Sud Sudan. L’impiego di bambini soldato è inoltre raddoppiato nel Medio Oriente.

È cresciuto anche lo sfruttamento delle bambine, sia nei conflitti che come schiave sessuali. La milizia terrorista Boko Haram in Nigeria ha usato 83 bambini come bombe umane solo nei primi otto mesi del 2017, e il 66% erano bambine.

«I bambini soldato sono ideali perché non si lamentano, non si aspettano di essere pagati e se dici loro di uccidere, loro uccidono» ha detto un ufficiale dell’esercito nazionale del Chad in una testimonianza riportata dalla Coalizione Stop all’uso dei bambini soldato!, una rete di organizzazioni italiane impegnate sia con progetti sul campo che nella sensibilizzazione a livello internazionale. Vale la pena leggere le loro testimonianze: «Io sono stata rapita in un campo in pieno giorno», dice Ester, 14 anni, rapita da un gruppo armato in Uganda e costretta a lavorare per i ribelli. «Dovevamo camminare tutto il tempo e procurare cibo per i ribelli. Dopo due mesi ho avuto la possibilità di scappare. Adesso vivo a Gusco ma torno spesso a casa. Ciò che desidero è tornare a scuola». Zachariah, ora ha 15 anni e ne aveva 12 quando soldati di un gruppo armato hanno circondato la sua scuola situata in una zona rurale del Nord-Kivu e lo hanno condotto assieme a molti altri compagni nella foresta. Per 3 anni è stato esposto a pericoli, sofferenze, percosse, malnutrizione e malattia, prima di essere finalmente rilasciato. Dei suoi compagni di scuola dice: “la maggior parte sono morti”.

Fra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio di questo anno la missione Minuss delle Nazioni Unite ha liberato in Sud Sudan 311 bambini soldato, tra cui 87 bambine. Si tratta della prima fase di un programma che ha l’obiettivo di smobilitare 700 bambini soldato nella regione di Yambio. Tra questi 563 combattono con le forze dell’ex presidente Salva Kiir e 137 in quelle dell’ex vicepresidente Riek Machar.

La missione ha visto la collaborazione di Unicef, capi religiosi e autorità locali per negoziare la liberazione, ma è solo un piccolo passo. Sono infatti 19.000 i bambini soldato in Sud Sudan. Che continuano a subire violenze e sono costretti a loro volta a commetterne.