venerdì 5 gennaio 2018

Riflessioni su “Don Lorenzo Milani, Esperienze pastorali” a cura di Egidio Palumbo, carmelitano (VIDEO INTEGRALE)

Riflessioni su “Don Lorenzo Milani, 
Esperienze pastorali”
a cura di Egidio Palumbo,
carmelitano 
(VIDEO INTEGRALE)


Relazione tenuta il 15 novembre 2017
nell'ambito dei
Mercoledì dell Spiritualità 2017
DON LORENZO MILANI
CAPACITÀ DI PAROLA
COME CAMMINO DI UMANIZZAZIONE
promossi dalla
Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto (ME)



1. La vicenda editoriale
Esperienze pastorali è il primo e unico libro firmato da Don Milani. La redazione, iniziata probabilmente intorno al 1948, durò sette anni di lavoro, scanditi da fasi alterne di scrittura e di riscrittura, di rifiuto e di abbandono della scrittura, di studio, di ricerca e di confronto con gli amici. Certamente intenso fu il lavoro di collaborazione con gli allievi della Scuola popolare di S. Donato, con quelli della scuola serale di Barbiana e con persone esterne alla scuola, perlopiù casalinghe e lavoratori. Altrettanto intenso e proficuo fu il confronto con gli amici per la revisione del dattiloscritto, soprattutto con don Raffaele Bensi, p. Davide Turoldo, il magistrato Giampaolo Meucci, Giorgio La Pira. Questa lunga fase editoriale è motivata dal fatto che per Don Milani scrivere è come “partorire”: «non uso mandare in giro i miei feti prima del 9° mese» (lettera del 3/2/1954 a G. Meucci). 

Finalmente arrivò il tempo della consegna definitiva del dattiloscritto a Vittorio Zani, direttore della Libreria Editrice Fiorentina, il quale si era offerto di pubblicarlo. La pubblicazione avvenne nel maggio del 1958: un volume di 477 pagine al prezzo di 1.500 lire, nonostante Don Milani avesse imposto all’editore un prezzo basso e accessibile.

Il libro suscitò grande interesse e nel contempo reazioni di condanna. Infatti, moltissime furono le copie vendute, molte le recensioni a favore e non poche quelle a sfavore, pareri sfavorevoli nella curia vescovile di Firenze, fino ad arrivare alla condanna da parte del S. Uffizio in Vaticano che il 10 dicembre ne ordinò il ritiro dal commercio, la proibizione di ogni ristampa e traduzione. È la sconfessione dell’azione pastorale di Don Milani. Tuttavia, il provvedimento del S. Uffizio, come spesso accade, suscitò un’attenzione ancora più grande e una pubblicità ancora più vasta, portando a ulteriori recensioni, dibattiti, difese, polemiche e attacchi; e nonostante il divieto, il libro continuò a circolare e ad essere letto con maggiore interesse.

... lo scritto Esperienze pastorali può essere recepito come una testimonianza profetica esemplare di come è possibile ascoltare il grido di salvezza che sale dal mondo dei poveri, discernere le attese di redenzione presenti nella complessità della storia alla luce del Vangelo e dell’intelligenza umana informata e formata, e poi, a motivo del Vangelo e per amore dei poveri e stando dalla loro parte, lasciarsi coinvolgere per umanizzare un po’ questo mondo, per dare parola e dignità a coloro a cui viene tolta la voce, calpestata la dignità, rubato il futuro. Leggere Esperienze pastorali, a mio avviso, è come ascoltare un profeta ed apprendere da lui “l’arte di cambiare il mondo”, non per fare un monumento a se stessi, ma per amore di Dio e dei poveri, per amore di quel Dio che parla attraverso il gemito della storia e il grido dei poveri (Rm 8,22-24). Che la sua sia «opera d’arte e di amore», Don Milani né è consapevole (cf. Lettera a don Piero): è il suo modo di analizzare la realtà e di favorirne il cambiamento. 
... appare evidente che per Don Milani l’azione pastorale deve tener conto della conoscenza approfondita del territorio dove è inserita la parrocchia e ogni comunità cristiana, una conoscenza che sovente gli veniva dall’incontro personale, dal contatto diretto con la realtà. E la riflessione che ne seguiva, va detto con chiarezza, per Don Milani non aveva valenza sociologica o pedagogica, bensì profetica e di adesione incondizionata alla radicalità del vangelo. Per questo non temeva di assumere il linguaggio spesso duro e tagliente, e volte anche ironico, dei profeti (Is 50,7), dell’apostolo Paolo (2Cor 10,10; Gal 5,12) e dello stesso Gesù (Gv 6,90), anche a costo di sembrare scontroso e graffiante, poiché quel linguaggio scaturiva in lui dalla passione per Dio, per il povero e per una Chiesa povera e non servile ai poteri di questo mondo, scaturiva dalla assidua ricerca di voler dare un Senso vero e autentico alla vita cristiana in questo mondo, dal voler comunicare ai suoi giovani quei valori veri ed essenziali che educano “all’arte sapienziale del vivere bene”, cioè ad avere capacità di parola, di pensiero e di riflessione, e quindi ad essere sempre consapevoli e responsabili della propria vita e della vita degli altri. In una parola: ad essere umani e cristiani.
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