lunedì 20 novembre 2017

“Ecologia della parola” di Massimo Angelini - Recensione di Aldo Pintor

“Ecologia della parola”
di Massimo Angelini
recensione di Aldo Pintor

Leggendo il libro di Massimo Angelini “Ecologia della parola” mi torna in mente una vecchia storia cinese che ha come protagonista Confucio: “A Confucio venne chiesto che cosa avrebbe fatto per primo qualora il principe Wei gli avesse dato un incarico di governo”. La risposta del grande filosofo fu: “E' assolutamente necessario ridare ai nomi il vero significato”. E che questa necessità sia urgente sono convinto anche io. 

Il genovese Massimo Angelini si definisce “un coltivatore di idee nell'orto dove la vita e la metafisica si incontrano”, è un uomo con poliedrici interessi e di profonda cultura che nella nostra società post industriale e nihilista, tenta di far riscoprire la passione per la nostra madre terra raccontandocene le storie insieme alle esperienze dei tanti che con amore la coltivano e la custodiscono facendone anche uno strumento per intrecciare relazioni umane. In questo importante scritto di non molte parole ma di grandi significati si cerca di risalire al verso senso delle parole che usiamo quotidianamente e il nostro autore si impegna per indicarci uno sguardo “altro, verso la realtà” che potrebbe assumere il nostro comunicare tenendo presenti anche altre prospettive del linguaggio rispetto a quelle più frequenti. Prospettive che leggendo questo libro impariamo a scorgere. 

Questo piccolo ma molto intenso libretto ci fa scoprire quanti significati che ignoriamo si celano dietro le nostre parole solite e di quanto noi impoveriamo la nostra conversazione limitando questi significati a uno solo, quello più semplice. Così riduciamo la profondità del nostro parlare, che invece acquisterebbe ricchezza e profondità molto maggiore se ci sforzassimo di capire tutto quello che potremo comunicare col nostro linguaggio. 

Di tante delle parole che usiamo scopriremo, che possiedono sia un senso luminoso e positivo che uno oscuro e negativo. Angelini differenzia il sostantivo parola da termine attribuendogli al primo un significato più vivo rispetto al secondo che invece indica nel suo stesso nome qualcosa di concluso che quindi non è adeguato per indicare qualcosa di vitale come il linguaggio. Di ogni parola esistono significati che il materialismo e l'individualismo di cui è intrisa la nostra società non ci fanno cogliere e questo impoverisce molto i contenuti umani delle nostre conversazioni. Per esempio il concetto di gioia per forza deve coinvolgere tutti, pertanto una gioia non può che essere collettiva, altrimenti non è gioia, è qualcosa altro. Invece noi, soprattutto in occidente non conosciamo più questa sensazione gioiosa, riusciamo a concepire principalmente una felicità individuale o al massimo di coppia. Massimo Angelini inoltre conia nuove parole partendo da una parola precedente, per esempio sguardare nasce da sguardo e indica l'azione che va oltre la visione comune, invece il negativo agriusura indica lo sfruttamento feroce della terra opposto a agricoltura che indica il prendersi cura della terra. 

Il libro ha numerose di queste variazioni verbali che sono tutt'altro che giochi eruditi. Anzi ci permette di scoprire significati reconditi alle parole che crediamo di conoscere dilatando grandemente la conoscenza e la capacità di amare la terra. Questo libro, bellissimo, si conclude parlando di una delle parole più importanti che conosciamo. Sono due sillabe che oggi non è neppure scontato sentir pronunciare. Stiamo parlando della parola “grazie”. Con quella bellissima parola riconosciamo di aver ricevuto qualcosa in dono. Qualcosa che non era scontato avere e quindi comunichiamo a chi ce l'ha data tutta la nostra gioia, che con questa semplicissima parola diventa una gioia condivisa. Certo un uso appropriato delle parole toglie banalità al linguaggio e arricchisce di molto la nostra vita. 

Un grazie a Massimo Angelini che ce l'ha ricordato.

Vedi la scheda del libro “Ecologia della parola”