martedì 3 ottobre 2017

Papa Francesco a Bologna: il primo incontro è con i migranti "Molti non vi conoscono e hanno paura. In voi vedo, come in ogni forestiero che bussa alla nostra porta, Gesù Cristo" (cronaca, foto, testo e video)


VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE FRANCESCO
BOLOGNA PER LA CONCLUSIONE DEL CONGRESSO EUCARISTICO DIOCESANO
VISITA ALL’HUB REGIONALE DI VIA ENRICO MATTEI:
INCONTRO CON I MIGRANTI OSPITI E CON IL PERSONALE CHE SVOLGE SERVIZIO DI ASSISTENZA
Bologna
Domenica, 1° ottobre 2017

Dopo la visita a Cesena il Papa si è spostato a Bologna. 
Alle ore 10.20, l’elicottero con a bordo il Papa atterra a Bologna nel parcheggio della Cassa di Risparmio di Chieti. Al suo arrivo, il Santo Padre è accolto da S.E. Mons. Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna, dall’On. Stefano Bonaccini, Presidente della Regione Emilia-Romagna, dal Dott. Matteo Piantedosi, Prefetto di Bologna, e dal Dott. Virginio Merola, Sindaco di Bologna. Alle ore 10.30, il Papa arriva all’Hub Regionale per l’Incontro con i Migranti ospiti e con il Personale che svolge servizio di assistenza. Ad accogliere il Santo Padre i circa 1.000 migranti ospiti del Centro, che il Papa saluta percorrendo a piedi il piazzale fino a raggiungere la pedana predisposta per l’Incontro.
Anche qui molto calorosa l’accoglienza.
Al suo arrivo, il Papa è accolto da una operatrice musulmana con il velo che lavora nel centro e che gli mette al polso un braccialetto giallo con un numero identificativo, identico a quello indossato da tutti gli ospiti dell’Hub. 
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Bergoglio si ferma lungamente, sotto la pioggia e senza ombrello, per salutare uno ad uno gli immigrati disposti lungo due file di transenne, andando avanti e indietro da lato all’altro, perché nessuno rimanga escluso. Ci sono numerosi africani e un gruppo del Bangladesh. Moltissimi chiedono di poter fare un selfie. «I like Papa, I am from Senegal» gli dice uno degli ospiti abbracciandolo. Un altro gli regala un ritratto dipinto da lui. Un cartello recita: «Ho già visto troppa guerra». In un altro, scritto su un cartone, alcuni ragazzi africani scrivono: «Abbiamo bisogno dei documenti». Migliaia di mani che portano sul polso il braccialetto giallo stringono quella affaticata ma resistente del Papa, accolto da canti, cori da stadio e dalla gioia esuberante di gruppi di ragazze.
La parte più lunga e significativa dell’incontro non è quella dedicata al discorso, ma quella del saluto personale con gli ospiti.







Il testo integrale del discorso di Papa Francesco

Cari fratelli e sorelle,

vi saluto tutti cordialmente e voglio assicurarvi la mia vicinanza. Ho voluto che fosse proprio qui il mio primo incontro con Bologna. Questo è il “porto” di approdo di coloro che vengono da più lontano e con sacrifici che a volte non riuscite nemmeno a raccontare.

Molti non vi conoscono e hanno paura. Questa li fa sentire in diritto di giudicare e di poterlo fare con durezza e freddezza credendo anche di vedere bene. Ma non è così. Si vede bene solo con la vicinanza che dà la misericordia. Senza questa, l’altro resta un estraneo, addirittura un nemico, e non può diventare il mio prossimo. Da lontano possiamo dire e pensare qualsiasi cosa, come facilmente accade quando si scrivono frasi terribili e insulti via internet. Se guardiamo il prossimo senza misericordia, non ci rendiamo conto della sua sofferenza, dei suoi problemi. E se guardiamo il prossimo senza misericordia, rischiamo che anche Dio ci guardi senza misericordia. Oggi vedo solo tanta voglia di amicizia e di aiuto. Vorrei ringraziare le istituzioni e tutti i volontari per l’attenzione e l’impegno nel prendersi cura di quanti siete qui ospitati. In voi vedo, come in ogni forestiero che bussa alla nostra porta, Gesù Cristo, che si identifica con lo straniero, di ogni epoca e condizione, accolto o rifiutato (cfr Mt 25,35.43).

Il fenomeno richiede visione e grande determinazione nella gestione, intelligenza e strutture, meccanismi chiari che non permettano distorsioni o sfruttamenti, ancora più inaccettabili perché fatti sui poveri. Credo davvero necessario che un numero maggiore di Paesi adottino programmi di sostegno privato e comunitario all’accoglienza e aprano corridoi umanitari per i rifugiati in situazioni più difficili, per evitare attese insopportabili e tempi persi che possono illudere. L’integrazione inizia con la conoscenza. Il contatto con l’altro porta a scoprire il “segreto” che ognuno porta con sé e anche il dono che rappresenta, ad aprirsi a lui per accoglierne gli aspetti validi, imparando così a volergli bene e vincendo la paura, aiutandolo ad inserirsi nella nuova comunità che lo accoglie. Ognuno di voi ha la propria storia, mi diceva la signora che mi accompagnava. E questa storia è qualcosa di sacro, dobbiamo rispettarla, accettarla, accoglierla e aiutare ad andare avanti. Alcuni di voi sono minorenni: questi ragazzi e ragazze hanno un particolare bisogno di tenerezza e hanno diritto alla protezione, che preveda programmi di custodia temporanea o di affidamento.

Vengo in mezzo a voi perché voglio portare nei miei i vostri occhi – io ho guardato i vostri occhi –, nel mio il vostro cuore. Voglio portare con me i vostri volti che chiedono di essere ricordati, aiutati, direi “adottati”, perché in fondo cercate qualcuno che scommetta su di voi, che vi dia fiducia, che vi aiuti a trovare quel futuro la cui speranza vi ha fatto arrivare fino a qui.

Sapete cosa siete voi? Siete dei “lottatori di speranza”! Qualcuno non è arrivato perché è stato inghiottito dal deserto o dal mare. Gli uomini non li ricordano, ma Dio conosce i loro nomi e li accoglie accanto a sé. Facciamo tutti un istante di silenzio, ricordandoli e pregando per loro. [silenzio] A voi, lottatori di speranza, auguro che la speranza non diventi delusione o, peggio, disperazione, grazie a tanti che vi aiutano a non perderla. Nel mio cuore voglio portare la vostra paura, le difficoltà, i rischi, l’incertezza…, anche tante scritte: “Aiutaci ad avere dei documenti”; le persone che amate, che vi sono care e per le quali vi siete messi a cercare un futuro. Portarvi negli occhi e nel cuore ci aiuterà a lavorare di più per una città accogliente e capace di generare opportunità per tutti. Per questo vi esorto ad essere aperti alla cultura di questa città, pronti a camminare sulla strada indicata dalle leggi di questo Paese.

La Chiesa è una madre che non fa distinzione e che ama ogni uomo come figlio di Dio, sua immagine. Bologna è una città da sempre nota per l’accoglienza. Questa si è rinnovata con tante esperienze di solidarietà, di ospitalità in parrocchie e realtà religiose, ma anche in molte famiglie e nelle varie compagini sociali. Qualcuno ha trovato un nuovo fratello da aiutare o un figlio da far crescere. E qualcuno ha trovato dei nuovi genitori che desiderano assieme a lui un futuro migliore. Come vorrei che queste esperienze, possibili per tutti, si moltiplicassero! La città non abbia paura di donare i cinque pani e i due pesci: la Provvidenza interverrà e tutti saranno saziati.

Bologna è stata la prima città in Europa, 760 anni or sono, a liberare i servi dalla schiavitù. Erano esattamente 5855. Tantissimi. Eppure Bologna non ebbe paura. Vennero riscattati dal Comune, cioè dalla città. Forse lo fecero anche per ragioni economiche, perché la libertà aiuta tutti e a tutti conviene. Non ebbero timore di accogliere quelle che allora erano considerate “non persone” e riconoscerle come esseri umani. Scrissero in un libro i nomi di ognuno di loro! Come vorrei che anche i vostri nomi fossero scritti e ricordati per trovare assieme, come avvenne allora, un futuro comune.

Vi ringrazio e di cuore vi benedico. E per favore pregate per me.


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