sabato 7 ottobre 2017

Il papa: mai più guerre di Massimo Toschi

Il papa: mai più guerre 

di Massimo Toschi 


L'intervento che Bergoglio ha tenuto dinanzi al mondo accademico dell'Alma Mater a Bologna rende evidente l'approccio del suo pontificato rispetto alla visione di "guerra giusta"



La Chiesa di Bologna, nel Concilio, impara il Vangelo e la pace. E fa della pace e del Vangelo il cuore del suo discepolo del Signore. Tutti discepoli e figli della Pacem in terris e di Papa Giovanni.

Egli scrive nell’enciclica: «Alienum est a ratione» (è irrazionale pensare) che nell’era atomica la guerra sia strumento di reintegrazione dei diritti violati. Giovanni XXIII, con queste parole, cancella l’antica teologia della guerra.

Giovanni conosce la tragedia della Prima e della Seconda guerra mondiale, i milioni di morti militari e civili, con le vittime civili progressivamente superiori a quelle militari.

Il grido di Benedetto XV, già cardinale di Bologna, afferma nel 1917 che la guerra è una “inutile strage”. Esce in questo modo dalla valutazione dei torti subiti dagli uni e dagli altri, sovente cristiani sulle opposte frontiere, che ponevano la Croce al servizio di opposti interessi nazionali.

Quel grido di cento anni fa ha guardato la guerra con lo sguardo delle vittime, non con quello dei generali e dei politici.

Papa Benedetto XV comincia a comprendere che la guerra è sempre più progressivamente una inutile strage. Non si può più guardare la guerra secondo principi che sono contraddetti da un crescente potenziale distruttivo, che cancella per sempre le ragioni della guerra. Questa non ha più ragioni e contiene solo una inutile follia.

La guerra moderna ha il segno indelebile della morte. L’antica teologia della guerra apparteneva al passato. Purtroppo ancora oggi si cerca di attualizzare la teologia della guerra attraverso la teoria del primo colpo, di giustificare la guerra, di assimilarla con l’astuzia degli aggettivi: una guerra giusta, una guerra umanitaria, una guerra di difesa. Addirittura siamo arrivati a giustificare con le armi nucleari il primo colpo. Solo sparando per primi il primo colpo ha successo.

Il Concilio è stata la risposta del Vangelo alla tragedia della Seconda guerra mondiale.

La parola di Benedetto XV sulla inutile strage pone i cristiani alla ricerca del giudizio evangelico, non politico, non diplomatico.

Ecco, il cardinal Lercaro assume questo orizzonte. Interviene in Concilio con un testo scritto, per non accentuare dissensi con Paolo VI. Nella sua meditazione, fa della pace non un capitolo della dottrina sociale, ma un giudizio profetico sulla storia e i suoi conflitti. Pone la pace al cuore della cristologia. Secondo la parola dell’apostolo Paolo, Gesù è la nostra pace e si fa la pace per mezzo del sangue della Croce.

Papa Francesco ha ripreso domenica scorsa a Bologna in modo esplicito questa ispirazione, quando ha detto: «La Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte provenga. La sua via non è la neutralità, ma la profezia», citando l’omelia di Lercaro del primo gennaio 1968. Una omelia drammatica, che aveva portato alla destituzione dell’arcivescovo di Bologna.

Al tempo stesso papa Francesco fa riferimento all’articolo 11 della Costituzione, là dove si dice che l’Italia ripudia la guerra. Uno dei punti più alti della nostra Costituzione, voluto da Giuseppe Dossetti, poi divenuto collaboratore strettissimo del cardinal Lercaro al tempo del Concilio e del postconcilio.

Papa Francesco ha guarito una ferita. Questo permette oggi alla Chiesa e al vescovo di Roma di prendere il sentiero di Isaia, il sentiero della profezia, il sentiero del Vangelo e nient’altro al cuore dei conflitti. Allora la forza della profezia sta nella parola inerme del perdono, che il Signore dona dalla croce. Il perdono delle vittime e dei carnefici, il perdono dei popoli e degli Stati, il perdono delle persone.

È venuto il tempo – e le parole di papa Francesco sulla guerra lo confermano – di cancellare l’antica teologia, e Bergoglio ha cominciato questo percorso di purificazione con una intervista a un giornalista francese sulla teologia della guerra giusta.

Va cancellato il Catechismo della Chiesa universale nella parte in cui si giustifica la guerra e il documento, alla metà degli anni ’90, sul commercio delle armi, prodotto dal Consiglio Justitia et Pax. Va costruita una nuova, esigente cultura del perdono, a partire dalle vittime, che sono le vere voci della pace.

Solo così saremo capaci di contrastare l’industria potentissima delle armi, che detta i modi e i tempi della politica e sposta i grandi e piccoli interessi.

I discepoli del Signore sono chiamati a preparare e programmare la profezia del perdono.

Essi devono assumere le vittime come i veri maestri della pace.

Ecco la sfida di questo tempo, ecco la profezia del perdono, per combattere la cultura dell’odio che divide il mondo e alimenta la guerra

Per leggere l'intervento integrale del papa guarda il post già pubblicato:
- Papa Francesco a Bologna: con gli studenti e con il mondo accademico "Sognate in grande!" (cronaca, foto, testo e video)