Scrivo a voi padri, scrivo a voi giovani (1Gv 2,13)
La parola di Dio genera gioia piena e vita in abbondanza
Corrado Lorefice, Arcivescovo Metropolita di Palermo
Lettera pastorale 2017
(Testo integrale)
Corrado Lorefice, Arcivescovo Metropolita di Palermo, firma con questa Lettera pastorale, un documento di grande profondità che spiega chiaramente la via che egli ha intrapreso nel suo cammino di pastore. L’essenza della pastorale è prendersi cura del proprio gregge così come Dio che ci ha salvati e raccolti in Cristo, tutti, e tutti insieme noi «camminiamo con le donne e con gli uomini
del nostro tempo per creare una civiltà della giustizia e della misericordia. Inoltriamoci insieme su questa via dietro a Gesù, al suo Evangelo, alle Scritture»
TUTTI NOI STIAMO A CUORE A DIO
Care Sorelle, Cari Fratelli, mi rivolgo a voi con il cuore pieno di gioia.
Un uomo o una donna, quando si sentono amati, anche in mezzo alle difficoltà e alle prove della vita, sono come abitati da un sentimento profondo di serenità e di pace, che viene da una certezza: c’è qualcuno per me, c’è qualcuno a cui sto a cuore. Ecco, sono pieno di gioia, salutandovi, per questo, perché tutti noi stiamo a cuore a Dio, perché il suo amore ci precede, ci sostiene e ci attende: amore di Padre che crea e mantiene in vita; amore di Figlio, che nella sua croce perdona le nostre fragilità e trasfigura le nostre disperazioni; amore di Spirito, energia di comunione che ci unisce e ci dona di creare legami autentici con tutti gli uomini posti in cammino con noi, sulla polvere delle nostre strade. La bellezza di questo amore noi ce la diciamo gli uni gli altri: grazia di una esperienza che ogni giorno siamo chiamati a riscoprire, a ritrovare se la perdiamo, a portare a pienezza se torniamo alla nostra dimora interiore, se viviamo fino in fondo le relazioni con gli altri e guardiamo la natura con occhi limpidi e stupiti. Qui scopriamo, nella concretezza della vita, che l’amore è il fondamento ultimo, è il segreto del mondo, e che esso ha il volto del nostro Dio, amico di ogni vivente, viandante invisibile e premuroso. «Nella Croce si manifesta l’eros di Dio per noi. Eros è infatti ‒ come si esprime lo Pseudo Dionigi – quella forza “che non permette all’amante di rimanere in se stesso, ma lo spinge a unirsi all’amato”» (Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2007).
Il nostro Dio è questo Dio amante, che “sopporta” la
storia degli uomini e in Gesù di Nazareth se ne
fa carico, mai separando il grano dalla zizzania,
ma aspettando, con il suo «cuore grande», che
ogni cosa giunga a compimento e ogni creatura
si volga a Lui (cfr. 2Pt 3,9).
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PRENDERSI CURA
Prendersi cura vuol dire per i cristiani donare una relazione, perché da una relazione siamo stati generati; abbracciare e custodire un corpo, perché nella carne di Gesù siamo stati salvati; essere aperti alla parola di tutti, alle idee e alle culture di ognuno, perché di dialogo e di ascolto siamo nutriti giorno per giorno. Alla sequela di Gesù di Nazareth, il Re Messia, il Figlio dell’Uomo salito sul trono glorioso della croce per riportare all’abbraccio benedicente di Dio ogni creatura, e in primo luogo tutti noi che conosciamo nella diaspora della vita la dispersione del peccato. Lui dobbiamo annunziare: l’inviato del Padre, il compagno di viaggio invisibile ma immancabile, la parola che illumina il nostro amore, consola il nostro dolore, ci apre alla speranza e riscalda il nostro cuore.
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