Il documento che accusa il Papa di eresia è
«un grave attacco,
una forzatura strumentale,
un pregiudizio,
un pregiudizio,
una operazione contro il Papa e la Chiesa»
Il documento che accusa il Papa di eresia è «un grave attacco, una forzatura strumentale, un pregiudizio, una operazione contro il Papa e la Chiesa». È il parere di Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, che è stato segretario speciale del Sinodo dei vescovi sulla famiglia. «È l’espressione di un gruppo assolutamente minoritario – ha osservato ancora il teologo – che non ha colto in profondità il messaggio di Amoris Laetitia ma lo ha equivocato». Forte ha fatto anche osservare che nell’Esortazione postsinodale un punto è fuori discussione: «Si tratta di un documento non ha cambiato la dottrina della Chiesa ma ha semplicemente risposto a una domanda pastorale, in particolare ai divorziati risposati, certi che l’amore di Dio non abbandona queste persone, come può esprimere la Chiesa concretamente l’amore divino per queste situazioni di famiglie ferite?
Una domanda pastorale assolutamente legittima – ha spiegato ancora – che risponde anche a un’esigenza profondamente evangelica, fondata sulla carità.
Ignorare questo spirito, e al contrario voler cogliere a tutti i costi posizioni di abbandono della fede cattolica, è una forzatura strumentale, un atteggiamento pregiudizialmente chiuso verso lo spirito del Concilio Vaticano II che papa Francesco così profondamente sta incarnando».
Come valutare allora un documento che addirittura accusa il Papa di eresia? «È una operazione che non può essere propria di chi ama la Chiesa, di chi è fedele al successore di Pietro nel quale riconosce il pastore che il Signore ha dato alla Chiesa come guida della comunione universale. La fedeltà va sempre rivolta al Dio vivente, che oggi parla nella Chiesa attraverso il Papa». Estrema chiarezza anche a proposito dei sette presunti capi di imputazione. «Fraintendono la necessità di verità e di misericordia da parte della Chiesa, che non chiude le porte in faccia a nessuno perché Dio non lo fa, nella costante ricerca di forme sincere, oneste e leali di accoglienza, discernimento e integrazione di tutte le persone nella vita della Chiesa».
(Fonte: Avvenire del 26.09.2017)
Amoris Laetitia chiede che lo spirito di misericordia
si eserciti verso tutti.
di Bruno Forte
Amoris Laetitia chiede che lo spirito di misericordia si eserciti verso tutti. Aver frainteso lo spirito profondo delle intenzioni di Papa Francesco è molto grave, perchè e’ evidente che c’e’ una intenzione strumentale di attacco al Pontificato di Bergoglio usando Amoris Laetitia come pretesto forzoso per cercare errori dottrinali che non ci sono, allo scopo di voler screditare tutto il magistero di Papa Francesco. E’ una operazione che non puo’ essere propria di chi ama la Chiesa, di chi e’ fedele al successore di Pietro nel quale riconosce il pastore che il Signore ha dato alla Chiesa come guida della comunione universale. La fedelta’ va sempre rivolta al Dio vivente, che oggi parla nella Chiesa attraverso il Papa, segno dello spirito dei tempi. Chi invece si pone in una posizione di conservatorismo pregiudiziale, si chiude ai segni dei tempi per definizione.Tutti i sette presunti capi d’imputazione fraintendono la necessita’ di verita’ e di misericordia da parte della Chiesa, che non chiude le porte in faccia a nessuno, perche’ Dio non lo fa, nella costante ricerca di forme sincere, oneste e leali di accoglienza, discernimento e integrazione di tutte le persone nella vita della Chiesa.
(Bruno Forte, Arcivescovo metropolita di Chieti- Vasto - fonte: Ceam)
«LA VERA ERESIA È ACCUSARE DI ERESIA IL PAPA
SU AMORIS LAETITIA. ECCO PERCHÉ»
don Maurizio Gronchi
28/09/2017 - Il teologo don Maurizio Gronchi, consultore del Sinodo sulla famiglia e docente alla Pontificia Università Urbaniana, interviene sulla “correzione filiale” a Francesco: «Iniziativa singolare e senza fondamento. Il buon cristiano non ha bisogno di correttori di bozze quando legge il Magistero della Chiesa»
Dalle parole che i vangeli ci riferiscono, Gesù ha indicato nella correzione fraterna (Mt 18,15-17) la via per la realizzazione di quell’amore vicendevole che San Paolo predicava alla comunità dei cristiani di Roma (cfr. Rm 13,8). «Se tuo fratello commette una colpa» dice Gesù, non se tuo padre ha scritto e detto delle eresie vai, scrivi e fai firmare a chi trovi per strada una correzione filiale al Papa. Dal 1542, nella Chiesa cattolica esiste un organismo deputato a difendere e promuovere l’ortodossia, che oggi si chiama Congregazione per la dottrina della fede. E al momento presente, dopo oltre un anno dalla pubblicazione della Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia, non risulta che sia stata emanata alcuna condanna, correzione o interpretazione autentica di tale documento. Risulta perciò singolare che, prima alcuni cardinali, poi diversi personaggi della più diversa estrazione culturale abbiano pensato di dover insegnare al Papa e a tutta la Chiesa la retta dottrina in materia di matrimonio e famiglia, specialmente nei riguardi di un testo pontificio come quello in questione. Merita qui ricordare che Amoris laetitia è un documento unico nel suo genere, ad alta densità magisteriale. Al segmento sinodale, dell’ascolto del popolo di Dio con due questionari, è seguita la consultazione collegiale di due diverse rappresentanze dell’episcopato mondiale, ed infine l’apporto specifico dell’autorità primaziale del successore di Pietro.
Il problema dell’interpretazione dei testi magisteriali è sempre esistito nella storia della Chiesa. Basti ricordare che tra le prime reazioni al concilio di Calcedonia (451) vi fu chi osservò, come il vescovo Euippo, che la definizione cristologica poteva essere interpretata in modo kerygmatico, alla maniera dei pescatori (piscatorie), oppure secondo la forma speculativa della filosofia, al modo di Aristotele (aristotelice). Oggi, come ieri, siamo sollecitati dalla medesima questione: il concilio Vaticano II va inteso in modo pastorale o dottrinale? Lo stile e l’insegnamento pastorale di papa Francesco costituisce un vero apporto dottrinale? La risposta che proviene dalla tradizione cristiana non conosce l’alternativa, ma soltanto l’armonica integrazione tra le due dimensioni costitutive della trasmissione della fede: la novità nella continuità, tra distinzione senza separazione e unione senza confusione. Tenendo conto di questo criterio fondamentale, un buon cristiano non ha bisogno di correttori di bozze quando ascolta o legge il magistero della Chiesa. Semplicemente può fidarsi, e soprattutto è chiamato, insieme ai suoi pastori – che per fortuna non figurano tra i firmatari della correzione filiale – a mettere in pratica l’insegnamento, invece di discuterlo con dubbie competenze
(Fonte: Famigliacristiana.it - del 28.09.2017)
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