Far girare le cose
di mons. Nunzio Galantino,
segretario generale della
Conferenza Episcopale Italiana
All’etimologia della parola sviluppo concorrono diversi elementi. Intanto il lemma è composto da “s” e “viluppo” (intreccio confuso di fili), con l’avvertenza che la “s” sta per “dis” e conferisce un senso contrario alla parola cui sta unita. Nel nostro caso, sviluppo = disviluppo, indica l’azione del liberare dal “viluppo”, far qualcosa per mettere ordine in un intreccio confuso. Non è da escludere, nella ricerca dell’etimo della parola sviluppo, il riferimento al latino volvere che letteralmente significa “far girare”.
Quest’ultimo riferimento testimonia del dinamismo necessario perché possa esserci “sviluppo”, perché possa venir fuori qualcosa che, per un motivo o per un altro, è “avviluppato”. Ciò vale per la realtà materiale, per la dimensione fisica e per tutto ciò che interessa la persona nella sua dimensione esistenziale. In biologia, “sviluppo” è sinonimo di crescita di un organismo; nelle scienze sociali, indica il passaggio da una condizione a un’altra: ad esempio, da una società contadina a una industriale. Sul piano esistenziale, “sviluppo” è il percorso attraverso il quale si realizzano condizioni nuove e di crescita per sé e per l’ambiente nel quale si è inseriti. Ne parlava in questi termini Nelson Mandela, aggiungendo che «l’educazione è il grande motore dello sviluppo personale.
È grazie all’educazione che la figlia di un contadino può diventare medico, il figlio di un minatore il capo miniera o un bambino nato in una famiglia povera il presidente di una grande nazione». Una considerazione dell’ economista, premio Nobel, Amartya Sen spinge ad allargare gli orizzonti e aiuta a vedere nello sviluppo un processo di espansione delle libertà reali di cui godono gli esseri umani, nella sfera privata come in quella sociale e politica. Da questo punto di vista, la sfida dello sviluppo sta nello sciogliere ed eliminare i vari tipi di “illibertà” e di “inequità”, come continua a chiamarle papa Francesco. Quasi a dire che dobbiamo abituarci a misurare lo sviluppo andando oltre i parametri del Pil, criterio di valutazione che mostra sempre di più i suoi limiti, soprattutto quando esclude dalla misura dello sviluppo il superamento di fame e miseria, tirannia, intolleranza e repressione, analfabetismo, mancanza di assistenza sanitaria e di tutela ambientale, libertà di espressione. Tutte condizioni che limitano nell’individuo l’opportunità e la capacità di agire secondo ragione e di costruire la vita che egli preferisce. Perché possa realizzarsi questo tipo di sviluppo c’è bisogno di «personalità creative, che pensano e giudicano indipendentemente; il progresso della società è impensabile quanto lo sviluppo della personalità individuale senza il terreno fertile della comunità» (A. Einstein)