UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 23 agosto 2017
Mercoledì, 23 agosto 2017
Il Papa è arrivato alle 9.30 in Aula Paolo VI, per l’udienza generale di oggi. Prima di iniziare a percorrere il corridoio centrale, è stato affettuosamente assalito dai fedeli che si sbracciavano dalle transenne, poste anche nella zona antistante all’aula, per poter dare la possibilità di seguire l’udienza – a cui partecipano 7mila fedeli – anche a coloro che non hanno trovato posto all’interno. Bagno di folla, quindi, con gli immancabili “selfie”, a cui Francesco si è sottoposto, come sempre, di buon grado. Il Papa è apparso molto sorridente e si è intrattenuto a più riprese a conversare con i fedeli, alcuni dei quali gli hanno avvolto intorno al collo una lunga sciarpa bianca e gialla. Poi l’incontro con una donna bionda, in lacrime, che ha dialogato con il Papa indicandogli la figlia adolescente. Appena i drappi rossi si sono aperti per lasciare entrare Francesco all’interno dell’Aula Paolo VI, la prima sosta è stata per bere il “mate” offertogli dai suoi connazionali argentini muniti di bandiere biancocelesti. Protagonisti, come d’abitudine, i bambini, alcuni ancora in fasce, che Francesco ha baciato e accarezzato. Uno di loro, vestito tutto in bianco quasi “da papa” si è fatto largo tra la folla ed è stato sollevato in aria dai solerti uomini della sicurezza vaticana, prima di poter scavalcare le transenne e abbracciare il Papa. Non è mancato neppure lo scambio dello zucchetto, ripetuto più volte.
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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Abbiamo ascoltato la Parola di Dio nel libro dell’Apocalisse, e dice così: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (21,5). La speranza cristiana si basa sulla fede in Dio che sempre crea novità nella vita dell’uomo, crea novità nella storia, crea novità nel cosmo. Il nostro Dio è il Dio che crea novità, perché è il Dio delle sorprese.
Non è cristiano camminare con lo sguardo rivolto verso il basso – come fanno i maiali: sempre vanno così – senza alzare gli occhi all’orizzonte. Come se tutto il nostro cammino si spegnesse qui, nel palmo di pochi metri di viaggio; come se nella nostra vita non ci fosse nessuna meta e nessun approdo, e noi fossimo costretti ad un eterno girovagare, senza alcuna ragione per tante nostre fatiche. Questo non è cristiano.
Le pagine finali della Bibbia ci mostrano l’orizzonte ultimo del cammino del credente: la Gerusalemme del Cielo, la Gerusalemme celeste. Essa è immaginata anzitutto come una immensa tenda, dove Dio accoglierà tutti gli uomini per abitare definitivamente con loro (Ap 21,3). E questa è la nostra speranza. E cosa farà Dio, quando finalmente saremo con Lui? Userà una tenerezza infinita nei nostri confronti, come un padre che accoglie i suoi figli che hanno a lungo faticato e sofferto. Giovanni, nell’Apocalisse, profetizza: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! [… Egli] asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate […] Ecco io faccio nuove tutte le cose!» (21,3-5). Il Dio della novità!
Provate a meditare questo brano della Sacra Scrittura non in maniera astratta, ma dopo aver letto una cronaca dei nostri giorni, dopo aver visto il telegiornale o la copertina dei giornali, dove ci sono tante tragedie, dove si riportano notizie tristi a cui tutti quanti rischiamo di assuefarci. E ho salutato alcuni da Barcellona: quante notizie tristi da lì! Ho salutato alcuni del Congo, e quante notizie tristi da lì! E quante altre! Per nominare soltanto due Paesi di voi che siete qui … Provate a pensare ai volti dei bambini impauriti dalla guerra, al pianto delle madri, ai sogni infranti di tanti giovani, ai profughi che affrontano viaggi terribili, e sono sfruttati tante volte … La vita purtroppo è anche questo. Qualche volta verrebbe da dire che è soprattutto questo.
Può darsi. Ma c’è un Padre che piange con noi; c’è un Padre che piange lacrime di infinita pietà nei confronti dei suoi figli. Noi abbiamo un Padre che sa piangere, che piange con noi. Un Padre che ci aspetta per consolarci, perché conosce le nostre sofferenze e ha preparato per noi un futuro diverso. Questa è la grande visione della speranza cristiana, che si dilata su tutti i giorni della nostra esistenza, e ci vuole risollevare.
Dio non ha voluto le nostre vite per sbaglio, costringendo Se stesso e noi a dure notti di angoscia. Ci ha invece creati perché ci vuole felici. È il nostro Padre, e se noi qui, ora, sperimentiamo una vita che non è quella che Egli ha voluto per noi, Gesù ci garantisce che Dio stesso sta operando il suo riscatto. Lui lavora per riscattarci.
Noi crediamo e sappiamo che la morte e l’odio non sono le ultime parole pronunciate sulla parabola dell’esistenza umana. Essere cristiani implica una nuova prospettiva: uno sguardo pieno di speranza. Qualcuno crede che la vita trattenga tutte le sue felicità nella giovinezza e nel passato, e che il vivere sia un lento decadimento. Altri ancora ritengono che le nostre gioie siano solo episodiche e passeggere, e nella vita degli uomini sia iscritto il non senso. Quelli che davanti a tante calamità dicono: “Ma, la vita non ha senso. La nostra strada è il non-senso”. Ma noi cristiani non crediamo questo. Crediamo invece che nell’orizzonte dell’uomo c’è un sole che illumina per sempre. Crediamo che i nostri giorni più belli devono ancora venire. Siamo gente più di primavera che d’autunno. A me piacerebbe domandare, adesso – ognuno risponda nel suo cuore, in silenzio, ma risponda –: “Io sono un uomo, una donna, un ragazzo, una ragazza di primavera o di autunno? La mia anima è in primavera o è in autunno?”. Ognuno si risponda. Scorgiamo i germogli di un mondo nuovo piuttosto che le foglie ingiallite sui rami. Non ci culliamo in nostalgie, rimpianti e lamenti: sappiamo che Dio ci vuole eredi di una promessa e instancabili coltivatori di sogni. Non dimenticate quella domanda: “Io sono una persona di primavera o di autunno?”. Di primavera, che aspetta il fiore, che aspetta il frutto, che aspetta il sole che è Gesù, o di autunno, che è sempre con la faccia guardando in basso, amareggiato e, come a volte ho detto, con la faccia dei peperoncini all’aceto.
Il cristiano sa che il Regno di Dio, la sua Signoria d’amore sta crescendo come un grande campo di grano, anche se in mezzo c’è la zizzania. Sempre ci sono problemi, ci sono le chiacchiere, ci sono le guerre, ci sono le malattie … ci sono dei problemi. Ma il grano cresce, e alla fine il male sarà eliminato. Il futuro non ci appartiene, ma sappiamo che Gesù Cristo è la più grande grazia della vita: è l’abbraccio di Dio che ci attende alla fine, ma che già ora ci accompagna e ci consola nel cammino. Lui ci conduce alla grande “tenda” di Dio con gli uomini (cfr Ap 21,3), con tanti altri fratelli e sorelle, e porteremo a Dio il ricordo dei giorni vissuti quaggiù. E sarà bello scoprire in quell’istante che niente è andato perduto, nessun sorriso e nessuna lacrima. Per quanto la nostra vita sia stata lunga, ci sembrerà di aver vissuto in un soffio. E che la creazione non si è arrestata al sesto giorno della Genesi, ma ha proseguito instancabile, perché Dio si è sempre preoccupato di noi. Fino al giorno in cui tutto si compirà, nel mattino in cui si estingueranno le lacrime, nell’istante stesso in cui Dio pronuncerà la sua ultima parola di benedizione: «Ecco - dice il Signore – io faccio nuove tutte le cose!» (v. 5). Sì, il nostro Padre è il Dio delle novità e delle sorprese. E quel giorno noi saremo davvero felici, e piangeremo. Sì: ma piangeremo di gioia.
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Saluti:
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Saluto ora i pellegrini italiani. In particolare, le Suore Francescane di Santa Chiara, che prendono parte al Capitolo Generale della loro Congregazione, e le esorto a testimoniare in maniera concreta il Vangelo della speranza e dell’amore. Sono presenti numerosi Seminaristi: quelli partecipanti al 25° corso estivo, quelli dell’Oratorio di San Filippo Neri e quelli di Verona: cari ragazzi e giovani che vi preparate al sacerdozio, allenatevi fin da ora a vivere il Vangelo con ardente spirito missionario e con una speciale attenzione nel servire i poveri e i bisognosi. E non lasciate di pregare ogni giorno il Rosario. Saluto, inoltre, i membri dell’Associazione “Ali estese” di Vittorio Veneto e gli altri gruppi presenti, specialmente le parrocchie. Auguro a ciascuno che questa sosta presso le Tombe degli Apostoli sia occasione propizia per un proficuo rinnovamento spirituale.
Porgo un cordiale saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Carissimi, eleviamo lo sguardo verso il Cielo per contemplare lo splendore della Santa Madre di Dio, che la settimana scorsa abbiamo ricordato nella sua Assunzione, e ieri abbiamo invocato come nostra Regina. Coltivate verso di Lei una devozione sincera, perché vi sia accanto nella vostra quotidiana esistenza.
Rivolgo, infine, il mio pensiero ed esprimo affettuosa vicinanza a quanti soffrono a causa del terremoto che lunedì sera ha colpito l’Isola di Ischia. Preghiamo per i morti, per i feriti, per i rispettivi familiari e per le persone che hanno perso la casa.