lunedì 5 giugno 2017

ABITARE LE PAROLE / INQUIETUDINE La tensione verso l’Eterno di mons. Nunzio Galantino

ABITARE LE PAROLE  / INQUIETUDINE

La tensione verso l’Eterno
di mons. Nunzio Galantino,
segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana



pubblicato su 
"Il Sole 24 Ore"
il 28 maggio 2017





«L’uomo è nato per vivere nelle convulsioni dell’inquietudine o nel letargo della noia», avverte Voltaire. Per sé, il “patriarca dell’illuminismo” scelse le convulsioni dell’inquietudine fino a percorre, nel suo Candido, la via di una visione disincantata del mondo. Visione che può rendere feconda la vita. L’inquieto (sine quiete) è chi non si sente mai completamente appagato,per questo vive in una tensione che lospinge a una ricerca continua. Come stato interiore, l’inquietudine è sorgente di sempre nuovi desideri e sogni che in noi si agitano, prendono forma, vengono custoditi e poi, in uno
slancio, ci fannouscire dai soliti orizzonti noti per scommettere su nuovi progetti.
L’inquietudine si manifesta come pensiero, che avverte un bisogno (Ortega y Gasset) e si traduce in una «ricerca persistente e inquieta della verità» (Karl Popper). Una mente inquieta avverte l’incompletezza del proprio pensiero e, proprio per questo, è portata ad aprirsi con avidità a tutto ciò che accade. Si lascia sorprendere ed interrogare dal significato degli eventi, dal bene e dal male, dalla natura delle cose e da lle leggi che la governavano, dalla bellezza della natura, dalle montagne, dall’amore, dalla musica e dalla poesia (Primo Levi). 
“Inquieto” è chi sa di non bastare a se stesso e ha bisogno dell’altro. Chi, dall'incontro con l’altro, riceve una ricchezza che da solo non potrà mai darsi; con un rimando che può arrivare fino all’Altro -Infinito, all’Eterno. C’è anche chi è reso inquieto dalle acque dei sentimenti e delle emozioni che loconducono a cercare la propria felicità insieme a quella degli altri, soprattutto dei più deboli. Nell’inquietudine vi è il germe di una pienezza anelata. Ma proprio perché germe, è fragile. Non ha forza, non si connota per la robustezza; al contrario, è delicata, ha bisogno del tempo, della curaamorevole, dell’ascolto, dell'attenzione, del silenzio, dell'accoglienza (E. Brogna).
Nella scultura di Ornella Bernazzani, (L’Inquietudine, 2000), l’inquietudine prende il volto di una donna il cui corpo, voluminoso, giace disteso su un fianco, sopra una base costituita da fasci e strati che ne accentuano la dinamicità. Un braccio si distende su una gamba e un altro sostiene il volto coperto, in una posizione che esprime l’atteggiamento del pensare inquieto.
L’agitazione del corpo riflette quella dell’animo: preziosa, ma fragile. Nel nostro tempo, l’inquietudine invece di essere spazio di esercizio per la libertà, può trasformarsi in un’irrequietezza “tragica” e alienante, piena di ansia e solitudine. Ciò accade quando il potere della tecnica prende il sopravvento sull’uomo, imprigionandolo in una totale inerzia e passività. E questa è«la cosa più umiliante per un essere umano (...) sentirsi portato, trascinato come se gli si concedesse a malapena un’opzione o fosse a stento possibile scegliere, senza poter prendere alcuna decisione» (M. Zambrano)