domenica 30 aprile 2017

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO IN EGITTO 28-29 APRILE 2017 /1

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
IN EGITTO
28-29 APRILE 2017


Prima della partenza per l’Egitto, 28 aprile 2017, Papa Francesco ha avuto due appuntamenti: la consueta sosta mariana nella Basilica di Santa Maria Maggiore e l’incontro con i giovani immigrati egiziani la mattina della sua partenza.
Il gruppo di nove immigrati lo ha raggiunto nella sua residenza di Casa Santa Marta, accompagnato dal Cappellano pontificio, mons. Konrad Krajewski. Il Papa, con la sua valigia già in mano, ha salutato uno per uno i ragazzi ed ha ricevuto da loro un mazzo di fiori.
Si tratta di giovani accolti nel Centro Astalli di Roma, nel Jesuit Refugee Service (JRS).

Alle 10.42 il Papa è arrivato all'aeroporto di Fiumicino. Appena sceso dalla Ford Focus del Vaticano, a pochi metri dall'airbus A321 dell'Alitalia, è stato accolto, fra gli altri, dal consigliere e presidente esecutivo di Alitalia, Luigi Gubitosi, e dall'amministratore delegato di Aeroporti di Roma, Ugo De Carolis, oltre ad altre autorità civili e militari. Subito dopo Francesco, sorridente, con la consueta borsa nera nella mano sinistra e appoggiandosi con la destra al corrimano, è salito sulle scalette dell'aereo. In cima ha salutato cordialmente le due hostess e il comandante del volo che lo attendevano al portellone, e voltandosi, con un cenno della mano, tutti i presenti, prima di entrare nell'airbus.

Mezz’ora dopo il decollo da Fiumicino Francesco si è recato come ogni volta in coda all’Airbus 321 dell’Alitalia diretto in Egitto per salutare uno ad uno tutti i giornalisti al seguito. 

GREG BURKE:
Santo Padre, vogliamo dire grazie, soprattutto grazie per questo privilegio di viaggiare con Lei. A Lei che dice di dire “grazie”, “scusa”, “permesso”, chiediamo perdono per il tempo che Le rubiamo; però Mons. Maurizio Rueda mi dice che sarà poco tempo, e questo dico anche ai giornalisti: che è solo un saluto, non è il momento di fare interviste, però il Papa andrà a salutare tutti. Grazie di questo viaggio così importante.

SANTO PADRE:
Grazie a voi. Vi ringrazio della compagnia e del vostro lavoro, che sarà un lavoro per aiutare tanta gente a capire il viaggio, a conoscere cosa è stato fatto, di cosa si è parlato, tante cose… la gente ci segue.
Questo viaggio ha un’aspettativa speciale perché è un viaggio fatto per l’invito del Presidente della Repubblica, del Papa Tawadros II Patriarca di Alessandria dei Copti, dal Patriarca Copti cattolici e del Grande Imam di Al-Azhar. Tutti e quattro mi hanno invitato a fare questo viaggio. E’ un viaggio di unità, di fratellanza. Vi ringrazio per il vostro lavoro che in questi meno di due giorni sarà abbastanza, abbastanza intenso! Grazie.
Guarda il video

Consueti i telegrammi inviati ai presidenti dei Paesi sorvolati. Al capo di Stato italiano Sergio Mattarella, Bergoglio ha scritto che si reca in Egitto come “pellegrino di pace, per incontrare la comunità cattolica e i credenti di diverse fedi”.

È atterrato al Cairo poco dopo le 14 ora italiana. 
Clima mite e cielo sereno nella capitale egiziana. Ad accogliere il Santo Padre sotto la scaletta del velivolo, oltre al Patriarca della Chiesa cattolica copta, Abramo Isacco Sidrak, c’era il premier egiziano Sherif Ismail.

Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha ricevuto il Papa nel Palazzo Presidenziale di Heliopolis. Si è trattato del primo incontro ufficiale di Francesco nel corso della sua visita. Ad al-Sisi il Papa ha donato una medaglia con incisa la rappresentazione della fuga in Egitto della Sacra Famiglia. L’opera dell’artista Daniela Longo si ispira ad una icona copta realizzata da suor Maria Carla, delle Piccole Suore di Gesù.

Guarda il video della cerimonia di benvenuto in aeroporto di Papa Francesco

Papa Francesco è stato accolto dal Presidente della Repubblica d'Egitto nel Palazzo Presidenziale di Heliopolis al Cairo dal presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi.

Dopo aver concluso il colloquio privato con al-Sisi, papa Francesco si era spostato nella università di al-Azhar, la prestigiosa università sunnita. Va ricordato che papa aveva già salutato in udienza privata in Vaticano il grande imam Ahmed Al Tayyib lo scorso 23 maggio.

Nella sala conferenze dell’ateneo dove si svolge la Conferenza internazionale per la Pace, alla quale prendono parte anche il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e il Papa copto ortodosso Tawadros II, scampato ad uno dei due attentati della Domenica delle Palme, Francesco tiene il suo primo discorso ufficiale in terra egiziana.


Al Salamò Alaikum!

È un grande dono essere qui e iniziare in questo luogo la mia visita in Egitto, rivolgendomi a voi nell’ambito di questa Conferenza Internazionale per la Pace. Ringrazio il mio fratello, il Grande Imam per averla ideata e organizzata e per avermi cortesemente invitato. Vorrei offrirvi alcuni pensieri, traendoli dalla gloriosa storia di questa terra, che nei secoli è apparsa al mondo come terra di civiltà e terra di alleanze.

Terra di civiltà. 
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Educare all’apertura rispettosa e al dialogo sincero con l’altro, riconoscendone i diritti e le libertà fondamentali, specialmente quella religiosa, costituisce la via migliore per edificare insieme il futuro, per essere costruttori di civiltà. Perché l’unica alternativa alla civiltà dell’incontro è la inciviltà dello scontro, non ce n'è un'altra. E per contrastare veramente la barbarie di chi soffia sull’odio e incita alla violenza, occorre accompagnare e far maturare generazioni che rispondano alla logica incendiaria del male con la paziente crescita del bene: giovani che, come alberi ben piantati, siano radicati nel terreno della storia e, crescendo verso l’Alto e accanto agli altri, trasformino ogni giorno l’aria inquinata dell’odio nell’ossigeno della fraternità.

In questa sfida di civiltà tanto urgente e appassionante siamo chiamati, cristiani e musulmani, e tutti i credenti, a dare il nostro contributo: «viviamo sotto il sole di un unico Dio misericordioso. [...] In questo senso possiamo dunque ‎chiamarci gli uni gli ‎altri fratelli e sorelle [...], perché senza Dio la vita dell’uomo ‎sarebbe come il cielo senza il sole».‎ Si levi il sole di una rinnovata fraternità in nome di Dio e sorga da questa terra, baciata dal sole, l’alba di una civiltà della pace e dell’incontro. Interceda per questo san Francesco di Assisi, che otto secoli fa venne in Egitto e incontrò il Sultano Malik al Kamil.

Terra di alleanze. 
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Al centro delle “dieci parole” risuona, rivolto agli uomini e ai popoli di ogni tempo, il comando «non uccidere» (Es 20,13). Dio, amante della vita, non cessa di amare l’uomo e per questo lo esorta a contrastare la via della violenza, quale presupposto fondamentale di ogni alleanza sulla terra. Ad attuare questo imperativo sono chiamate, anzitutto e oggi in particolare, le religioni perché, mentre ci troviamo nell’urgente bisogno dell’Assoluto, è imprescindibile escludere qualsiasi assolutizzazione che giustifichi forme di violenza. La violenza, infatti, è la negazione di ogni autentica religiosità.

In quanto responsabili religiosi, siamo dunque chiamati a smascherare la violenza che si traveste di presunta sacralità, facendo leva sull’assolutizzazione degli egoismi anziché sull’autentica apertura all’Assoluto. Siamo tenuti a denunciare le violazioni contro la dignità umana e contro i diritti umani, a portare alla luce i tentativi di giustificare ogni forma di odio in nome della religione e a condannarli come falsificazione idolatrica di Dio: il suo nome è Santo, Egli è Dio di pace, Dio salam. Perciò solo la pace è santa e nessuna violenza può essere perpetrata in nome di Dio, perché profanerebbe il suo Nome.

Insieme, da questa terra d’incontro tra Cielo e terra, di alleanze tra le genti e tra i credenti, ripetiamo un “no” forte e chiaro ad ogni forma di violenza, vendetta e odio commessi in nome della religione o in nome di Dio. Insieme affermiamo l’incompatibilità tra violenza e fede, tra credere e odiare. Insieme dichiariamo la sacralità di ogni vita umana contro qualsiasi forma di violenza fisica, sociale, educativa o psicologica. La fede che non nasce da un cuore sincero e da un amore autentico verso Dio Misericordioso è una forma di adesione convenzionale o sociale che non libera l’uomo ma lo schiaccia. Diciamo insieme: più si cresce nella fede in Dio più si cresce nell’amore al prossimo.

Ma la religione non è certo solo chiamata a smascherare il male; ha in sé la vocazione a promuovere la pace, oggi come probabilmente mai prima. Senza cedere a sincretismi concilianti, il nostro compito è quello di pregare gli uni per gli altri domandando a Dio il dono della pace, incontrarci, dialogare e promuovere la concordia in spirito di collaborazione e amicizia. Noi, come cristiani - e io sono cristiano - «non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati ad immagine di Dio» Fratelli di tutti.
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Per prevenire i conflitti ed edificare la pace è fondamentale adoperarsi per rimuovere le situazioni di povertà e di sfruttamento, dove gli estremismi più facilmente attecchiscono, e bloccare i flussi di denaro e di armi verso chi fomenta la violenza. Ancora più alla radice, è necessario arrestare la proliferazione di armi che, se vengono prodotte e commerciate, prima o poi verranno pure utilizzate. Solo rendendo trasparenti le torbide manovre che alimentano il cancro della guerra se ne possono prevenire le cause reali. A questo impegno urgente e gravoso sono tenuti i responsabili delle nazioni, delle istituzioni e dell’informazione, come noi responsabili di civiltà, convocati da Dio, dalla storia e dall’avvenire ad avviare, ciascuno nel proprio campo, processi di pace, non sottraendosi dal gettare solide basi di alleanza tra i popoli e gli Stati. Auspico che questa nobile e cara terra d’Egitto, con l’aiuto di Dio, possa rispondere ancora alla sua vocazione di civiltà e di alleanza, contribuendo a sviluppare processi di pace per questo amato popolo e per l’intera regione mediorientale.

Al Salamò Alaikum!


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