giovedì 9 marzo 2017

Dal 5 al 10 marzo ad Ariccia gli esercizi spirituali per Papa Francesco e la Curia Romana /3

08/03/2017 Ariccia.

La figura di Giuda, il rischio di perdere la fede, la missione della Chiesa in cerca dei peccatori: sono i temi forti sui quali si è soffermato padre Giulio Michelini nella quinta meditazione degli Esercizi spirituali, che sta predicando al Papa e alla Curia Romana, riuniti in questi giorni ad Ariccia. E stamattina durante gli Esercizi spirituali è arrivata una mail da Aleppo, che racconta il calvario della popolazione. 

Ruota attorno al dramma del suicidio di Giuda, uno dei Dodici, la meditazione mattutina di padre Michelini. Un evento scandaloso e imbarazzante, che però non viene nascosto dal Vangelo. Un dramma reso evidente anche dal pentimento di Giuda che nel Vangelo di Matteo riconosce di aver peccato perché ha tradito sangue innocente.

Giuda e noi: il rischio della perdita della fede
Il francescano cerca quindi di ricostruire i motivi che possono aver spinto Giuda a tradire Gesù che lo aveva scelto e chiamato. E Lui, Giuda lo aveva seguito. Per capire il suo dramma, padre Michelini rilegge testi di studiosi e scrittori.
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Andare per le strade a cercare i pagani e i pubblicani
La seconda riflessione che la meditazione odierna vuole provocare è quella su cosa si possa fare per chi è lontano dalla fede. Bisogna andare in cerca dei peccatori, ricorda il francescano che racconta la sua esperienza
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I suicidi del nostro tempo. Aiutare i cristiani a non perdere la fede
E parlando del suicidio di Giuda, padre Michelini non dimentica l’attualità con i suicidi assistiti e i suicidi di giovani. Da qui lo spunto per una domanda di riflessione rivolta ai pastori:
“Come possiamo aiutare i cristiani del nostro tempo a non perdere la fede, a riprendere coscienza della propria fede, quella di cui si parla nel Nuovo testamento, la fede gioiosa, totalizzante, l’adesione alla persona di Gesù, come possiamo fare perché non avvengano più questi suicidi?”.

Una meditazione dunque dai tratti fortemente esistenziali sulla fede, sulle nostre domande e sulla missione della Chiesa nel mondo.


Nel pomeriggio, padre Michelini ha tenuto la sua sesta meditazione sul processo subito da Gesù e la moglie di Pilato (Mt 27,11-26). Una meditazione scritta a più mani, con una coppia di sposi, i coniugi Mariateresa Zattoni e Gilberto Gillini, coi quali il religioso collabora da diversi anni predicando esercizi spirituali alle famiglie e per altri incontri di formazione, e coi quali ha scritto diversi libri che presentano una doppia forma di lettura del testo biblico, esegetica e contestuale familiare. Padre Michelini ha detto che la lettura e l’esegesi della Scrittura non sono prerogativa dei consacrati o degli addetti ai lavori, e che le coppie e le famiglie devono essere aiutate a praticarla, cosa – ha detto - che finora non sembra essere stata fatta in modo convinto nella Chiesa.

In un primo punto il predicatore si è soffermato sulla scelta fatta da Ponzio Pilato, tra Gesù e Barabba, e ha ricordato l’interpretazione riportata da Benedetto XVI riguardante una variante testuale registrata da Origene, sul nome di Barabba, lo stesso di “Gesù”. Ha poi spiegato come questo sia importante per capire il complesso sistema con il quale l’evangelista Matteo vede l’efficacia del sangue di Gesù per il perdono dei peccati. Questo sistema teologico messo in atto da Matteo però non ci deve far perdere di vista la dimensione umana di un fatto apparentemente scontato e che è di una gravità inaudita: due uomini – e non semplicemente due capri (come quelli che Matteo avrebbe immaginato, ricostruendo la scena dello Yom Kippur per illustrare la morte del Messia) – sono l’uno di fronte all’altro, e solo uno sopravvivrà.

È stato così evocato il romanzo di William Styron, Sophie’s Choice, nel quale si racconta di una giovane madre costretta da un ufficiale nazista a scegliere tra quale dei due suoi figli mettere a morte. Padre Michelini ha concluso che purtroppo il popolo ebraico è stato, per secoli, accusato di deicidio dai cristiani. Finalmente, questa assurda accusa è stata smontata a tutti i livelli. Ma non dobbiamo dimenticare – ha aggiunto - che secondo la passione di Matteo questa accusa non avrebbe mai dovuto aver presa, nemmeno da un punto di vista semplicemente logico: perché, come nel caso di Sophie, che è costretta a mandare a morte la propria bambina, la responsabilità di questa terribile decisione viene da chi ha messo in condizione la folla di scegliere, ovvero il prefetto romano.

Nel secondo punto Michelini ha letto il contributo dei due coniugi Gillini-Zattoni. Questi notano come nel gioco di potere maschile, la complicità tra un sommo sacerdote e Pilato, irrompa la voce tenue di una donna, ma solo attraverso un messaggero, perché «mentre gli uomini giocano la loro partita non le è permesso accostarsi». La moglie di Pilato può però legittimarsi di fronte a questi uomini perché, dice, «ha sofferto molto» (Mt 27,19) a causa di quel “giusto”, Gesù.

Infine, sono stati presi in esame i cinque sogni del Vangelo dell’infanzia secondo Matteo, e il sogno della moglie di Pilato. Questi sogni vanno visti nel loro insieme, perché rappresentano quello che potremmo chiamare il “sogno di Dio”: la salvezza del figlio (che tramite i sogni dell’inizio del Vangelo sfugge a chi lo vuole uccidere). Ma se Giuseppe e i Magi capiscono quello che devono fare, e nonostante la debolezza di quanto ricevuto lo mettono in pratica (il sogno è solo “un sessantesimo” della profezia, secondo il midrash); Pilato, invece, non ascolta la voce della moglie, non ascolta i sogni, è solo interessato – come già Erode – a conservare il potere.
(fonte: Radio Vatticana)