lunedì 27 febbraio 2017

Caro Dj Fabo... c'è posta per te!



Caro Dj Fabo... 
c'è posta per te!


Fabiano Antoniani, 39 anni, meglio conosciuto come Dj Fabo, è cieco e tetraplegico in seguito a un incidente. Giorni fa si era rivolto a presidente Mattarella chiedendo di lasciarlo morire. Oggi è arrivato in una clinica svizzera dove si sta sottoponendo alle visite mediche previste dai protocolli per l'eutanasia. Tuttavia potrebbe ancora cambiare idea. Don Vinicio Albanesi, fondatore della Comunità di Capodarco, che ha accompagnato tanti ragazzi sino alla morte naturale, gli rivolge un messaggio dal sito di Famiglia Cristiana.

È notizia di queste ore: Fabiano Antoniani, più conosciuto come dj Fabo, ha chiesto a Marco Cappato dell’associazione Luca Coscioni di accompagnarlo in una clinica svizzera, in cui si sta sottoponendo a visite mediche e sta valutando di porre fine alla sua vita con l’eutanasia. Diventato tetraplegico e cieco in seguito a un incidente stradale successo nel 2014, il 39enne aveva lanciato un video sui social con la voce della sua fidanzata per chiedere di morire legalmente. Informato della notizia, don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco che da 50 anni accoglie persone disabili, rivolge a Fabo questo messaggio:

«Caro Fabo, non ti conosco personalmente ma ti sono vicino in questo momento. Da tanti anni vivo insieme a persone con disabilità gravi. Nella Comunità di Capodarco (Fermo) abbiamo avuto esperienza di ragazzi e ragazze, giovani come te o più di te, che andavano verso la morte e l’esperienza dice che la cosa più brutta in queste fasi è la solitudine.

Se la persona è circondata di affetti e presenza, chiede di essere accompagnata fino alla fine, con tutte le cure possibili, ma in modo naturale, perché comunque ama la vita. Quando questa spinta viene meno, è per il senso di solitudine, inutilità, vuoto che si sperimenta, anche se si ha vicino l’affetto di familiari e di persone care.

Se sei arrivato alla decisione di andare in Svizzera per mettere fine alla tua vita, ti senti solo. Sarebbe stato necessario un gruppo più consistente accanto a te, un’esperienza di vita intensa anche con la disabilità che hai acquisito a causa dell’incidente.

Se il calore della vita viene meno, la morte sta bussando alla tua porta, ma la morte ha comunque una sua dignità quando arriva naturalmente. Occorre un’infinità di compassione e comprensione in questi momenti.

Mi dispiace molto che tu abbia scelto di lasciarti andare, anche se ancora non lo hai deciso definitivamente, ma capisco che quando uno si sente inutile e allo stremo delle forze possa vedere la morte come una liberazione.

Ti posso raccontare l’esperienza di una ragazza della nostra Comunità che ci ha lasciato: ci ha messo otto giorni per morire, assistita con amore, con il coinvolgimento di un intero gruppo accanto a lei. Ed è spirata serenamente. Si va verso la morte serenamente se nella vita c’è un significato che possa dare non dico speranza, ma sicuramente pace. Il messaggio che do a chi ti sta vicino è di mettere sempre vita restando a fianco a chi sta soffrendo come te.

Se ti avessi conosciuto prima di questi momenti, io e la mia Comunità, probabilmente non avresti invocato la morte.

Ti abbraccio, don Vinicio».

(fonte: Famiglia Cristiana «CARO FABO, SE TI AVESSI CONOSCIUTO PRIMA, FORSE NON AVRESTI INVOCATO LA MORTE. TI ABBRACCIO» di Laura Badaracchi del 26/02/2017)

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Non parla, non cammina, non fa nulla da solo a causa di un'asfissia alla nascita. Ma all'uomo che chiede l'eutanasia dice (sfiorando una tastiera): "Noi possiamo pensare e il pensiero cambia il mondo"
Nel blog di Matteo c'è tanta luce


Tenere dietro alla velocità con cui la mano di Matteo vola da una lettera all’altra sulla tavoletta di legno è impossibile per chi non sia allenato come sua madre: aveva 6 anni quando ha iniziato a comunicare in questo modo con il mondo, dimostrando che dietro il presunto vegetale (così lo definivano i neurologi) c’era un’acuta ironia, e da allora è diventato un razzo. Mamma Ivana gli regge il polso e legge ad alta voce i pensieri che lui "scrive". Ed è così che il ragazzo si presenta accogliendoci nella sua casa di Milano, zona San Siro: «Mi chiamo Matteo Nassigh, ho 19 anni e sono uno che pensa». Non c’è male.
Matteo e papà Aldo
"Anch'io ho voluto morire"

Come le antiche dattilografe, tutto guarda meno che la "tastiera", non ne ha bisogno. Evita i preamboli perché – dice – «ho troppe cose importanti da dirle e ho paura di non fare in tempo». È lui ad aver convocato la giornalista, «l’ho cercata quando ho letto l’appello di dj Fabo, l’uomo che chiede l’eutanasia dopo che un incidente lo ha reso tetraplegico e cieco. Voglio rispondergli perché io conosco bene la fatica di vivere in un corpo che non ti obbedisce in niente. Voglio dirgli che noi persone cosiddette disabili siamo portatori di messaggi molto importanti per gli altri, noi portiamo una luce. Anch’io a volte ho creduto di voler morire, perché spesso gli altri non ci trattano da persone pensanti ma da esseri inutili". 

Matteo con il fratello Iacopo e i genitori, Ivana e Aldo

Un'associazione "per curare chi cura noi"

"È vero - continua l'appello del ragazzo - noi due non possiamo fare niente da soli, ma possiamo pensare e il pensiero cambia il mondo. Fabo, noi siamo il cambiamento che il mondo chiede per evolvere! Tieni duro». 
Pesa 25 chili Matteo, è inchiodato alla carrozzella, non cammina, non parla, non fa niente da solo... o meglio, da solo pensa tantissimo, è una fucina di idee che si accavallano, anche quando non c’è nessuno lì con la tavoletta alfabetica a tradurle in voce... Giorni fa, tenendo il pennarello con la bocca, ha firmato il rogito della casa che ha acquistato con i soldi del risarcimento avuto dall'ospedale per quel parto sbagliato: sarà la sede della sua associazione "Per la cura di chi cura", nata per "cambiare lo sguardo verso noi disabili. Anche noi siamo perfetti, se ci lasciate liberi di essere come siamo, diversi, e di non dover diventare simili a voi".
In viaggio in Scozia l'estate scorsa

(fonte: Avvenire L'appello di Matteo, 19 anni, disabile gravissimo. "Dj Fabo, non andare a morire" di Lucia Bellaspiga del 25/02/2017)